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"UNA VOLTA IL MIO NEMICO ERA MCDONALD’S. ORA COMBATTO AMAZON" - CARLO PETRINI IN VERSIONE "NO GLOBAL" INVITA I GIOVANI A COMBATTERE PER L'AMBIENTE SFIDANDO I COLOSSI DEL WEB: "VOI, RAGAZZI, CHE COMPRATE E ALIMENTATE AMAZON, CHE NON PAGA NEPPURE LE TASSE IN ITALIA, SIETE DIRETTAMENTE COINVOLTI" - "SIAMO STATI SPINTI VERSO IL CONSUMISMO: ABBIAMO ACQUISTATO, CONSUMATO E SPRECATO, SIAMO NOI I RESPONSABILI DI QUELLO CHE ACCADE, MA VOI POTETE SALVARE IL PIANETA"
Lorenzo Cresci per www.lastampa.it
Carlo Petrini tiene la cartuccia per il finale: «Se ripartissi da zero con Slow Food, ora combatterei Amazon. E voi, ragazzi, che comprate e alimentate Amazon, che non paga neppure le tasse in Italia, siete direttamente coinvolti, avete una grossa responsabilità».
Finisce così a Terra Madre, a Torino, il dibattito tra generazioni: sei ragazzi che interrogano il fondatore di Slow Food e il presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, sul futuro del cibo. Giovani curiosi e per nulla intimoriti: Arianna, Andrea, Gabriele, Sebastian, Jorrit e Lucrezia sono tutti poco più che ventenni e uniti dalla volontà di provare a salvare il mondo. Pensano che l’eredità che viene lasciata loro sia pesante, vorrebbero spazio, desidererebbero avere una chance.
«Politica, si chiama così - dice Petrini - e non c’è nulla di male». E nel giorno delle elezioni la politica entra direttamente a Terra Madre. Un esempio? «Sui cambiamenti climatici si sono fatte tante parole, ma non è mai una priorità. Purtroppo – dice Profumo – i nostri consigli comunali, i nostri consigli regionali ma anche il nostro parlamento sono incompetenti, composti da persone brave a prendere voti, senza dubbio, ma senza competenza».
Petrini va all’attacco di Amazon all’ultima domanda, a conclusione di un lungo ragionamento sul ruolo delle multinazionali. «Una volta il mio nemico era McDonald’s – dice Petrini – ora combatto Amazon». Ovvero, il simbolo di un’economia che taglia alla radice i piccoli, quel mondo che Slow Food cerca di valorizzare quotidianamente, con i presìdi, con la filosofia dell’unirsi per essere più forti.
«Al mondo ci sono 500 milioni di piccole aziende che garantiscono l’alimentazione al 75% degli esseri viventi. Eppure sono niente rispetto alle multinazionali. E sapete qual è il paradosso? Che i prodotti realizzati dai contadini poveri danno l’eccellenza alle tavole dei ricchi e i prodotti iperprocessati delle industrie finiscono ai più poveri».
Cibo e clima si intrecciano, gli interventi di Petrini e Profumo alzano l’asticella per inchiodare chi sbaglia o ancor peggio chi non fa nulla per cambiare. «E il climate change – dice Petrini – sta diventando un problema che sembra irreversibile perché la politica disattende i suoi impegni, pensiamo agli accordi di Parigi e poi a quel che hanno fatto Trump o Bolsonaro. Sì, cari ragazzi, siamo noi i responsabili di quello che accade, ma è la vostra generazione che può salvare il pianeta.
Sapete come? Iniziate a ridurre il consumo di carne, noi “vecchi” possiamo farlo e indirizzarlo, voi datevi una mossa, fate come i ragazzi dei Fridays, che protestano ma fanno anche buone pratiche. Sulla carne non significa abolirla: serve una contrazione qui da noi, nei Paesi occidentali, e una convergenza laddove non arriva. In Italia consumiamo pro capite oltre 90 chili di carne l’anno, in Africa cinque. Nel dopoguerra in Italia eravamo a 40 chili l’anno. Mica siamo cresciuti così male, no?».
E allora, dice Petrini, «siate decisi nel realizzare i vostri progetti». Anche Profumo non si sottrae: «La nostra generazione non ha capito che stavamo sprecando troppo, siamo stati spinti verso il consumismo e non abbiamo reagito a quel che voleva la moda e abbiamo acquistato, consumato e sprecato. Poi qualcosa è cambiato, nelle scuole si sono messi tre cestini per differenziare i rifiuti, quei bambini sono andati a casa dai genitori e hanno provato a educarli. Questa è la chiave, l’educazione, un percorso partito e che può ancora partire dai più giovani».
Se non ci pensa la politica, allora, le giovani generazioni possono fare qualcosa in autonomia: «Tornare all’acquisto di prodotti stagionali, comprare quel che si produce sul territorio evitando consegne che arrivano da distante, ridurre gli sprechi. Perché – dice Petrini – quella che oggi chiamiamo economia circolare è niente di più della Ribollita toscana, ovvero quel che facevano le nostre nonne, che recuperavano e non sprecavano, che si sono inventate il ripieno degli agnolotti con le carni avanzate durante le settimana».
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