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Michela Nicolussi Moro per https://corrieredelveneto.corriere.it
heiko e ursula ursula von der leyen
Mentre la moglie, prima donna presidente della Commissione europea, deve vedersela, tra gli altri mille impegni, con la grana dell’acquisto e della distribuzione dei vaccini anti-Covid, lui partecipa a un progetto di ricerca fondamentale per la salute pubblica, affidato all’Università di Padova. Heiko von der Leyen, appunto consorte di Ursula, medico e direttore scientifico della società biotech statunitense Orgenesis, specializzata in terapie cellulari e geniche e in prima linea proprio nella realizzazione dei vaccini anti-Covid a Rna, siede nella Fondazione creata l’8 giugno scorso dall’Ateneo padovano per gestire il filone di ricerca su terapia genica e farmaci a Rna.
Un piano finanziato dal Pnrr con 320 milioni di euro corrisposti al ministero dell’Università e coordinato dal professor Rosario Rizzuto. Il 30 settembre si è svolta a Padova, in modalità telematica, l’assemblea ordinaria dei membri della Fondazione «Centro nazionale di ricerca e sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna», che ha appunto eletto i rappresentanti dei suoi organi di governo.
Collaborazione pubblico-privato
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«Le istituzioni pubbliche e private che partecipano al progetto hanno scelto i propri rappresentanti per il Consiglio di sorveglianza e per il Consiglio di gestione della Fondazione e la Orgenesis ci ha indicato Heiko von der Leyen — spiega il professor Rizzuto, ricercatore, docente di Patologia generale e già rettore —. È stato nominato nel Consiglio di sorveglianza, che periodicamente verificherà la condotta e l’operato del Consiglio di gestione, responsabile dell’amministrazione del centro di ricerca e delle scelte operative e da me presieduto».
E anche per rispondere alle polemiche dei no vax, che puntano il dito sulla presenza di von der Leyen perché esponente di «una delle imprese di Big Pharma a cui viene consentito l’accesso a ingenti risorse del Pnrr», lo scienziato precisa: «Gran parte del finanziamento ottenuto, cioè 316 milioni di euro, va agli enti di ricerca pubblici, gli altri 4 ai privati partecipanti, perché le indicazioni contenute nel bando di concorso prevedono una collaborazione tra pubblico e privato.
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L’obiettivo è di costruire una filiera di ricerca e innovazione che permetta all’Italia di essere competitiva nelle tecnologie su cui si basano cure sempre più mirate, sia per le patologie ad alto impatto socio-economico sia per le malattie rare, spesso trascurate dall’ottica del profitto. La ricaduta sarà non solo una crescita economica basata su innovazione e sapere, ma anche una rinnovata capacità del Sistema sanitario nazionale di sviluppare e detenere le tecnologie indispensabili a curare, in modo economicamente sostenibile, tutti i cittadini con farmaci di ultima generazione».
I partner
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Il programma di ricerca viene sviluppato attraverso una struttura formata da un Hub, appunto l’Università di Padova, e da Spoke, 49 soggetti tra cui gli Atenei di Siena, Modena, Roma e Milano, l’Istituto italiano di Tecnologia, l’ospedale Bambin Gesù di Roma, con il professor Franco Locatelli, e tre aziende. La padovana «Stevanato Group», che si occupa di biomedicale, la casa farmaceutica «Sanofi» e la bresciana «Antares Vision spa», operativa nel settore di rilevazione e marcatura prodotti. Von der Leien rappresenta una delle aziende coinvolte nel progetto, che possono essere «fondatori», e allora ricevono 200mila euro di contributi l’anno e hanno i propri rappresentanti in entrambi i consigli, o «sostenitori», senza contributi. La Orgenesis fa parte del primo gruppo.
Farmaci costosi, meglio «farli in casa»
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«Abbiamo nominato anche un Comitato scientifico internazionale, per discutere le applicazioni e l’avanzamento dei progetti di ricerca, già selezionati quest’estate e inviati al Mur, che li ha valutati con un panel di revisori internazionali — illustra Rizzuto —. Sono poi stati scelti i gruppi di ricerca. Il progetto dura tre anni e prevede lo sviluppo di nuovi farmaci a Rna attraverso una rendicontazione attenta al ministero, che valuterà passo passo le spese sostenute.
Come detto, l’obiettivo è di rendere l’Italia competitiva nella produzione dell’ultima frontiera dei farmaci, in grado di colpire bersagli sempre più mirati a seconda dello stato della malattia nel singolo, quindi indirizzati a sviluppare la medicina personalizzata. Si tratta di prodotti dai costi sempre più elevati, quindi se il nostro Paese non li produrrà da sè, sarà costretto a comprarli, affrontando una spesa altissima per il Sistema sanitario nazionale — avverte il ricercatore —. Con la ricaduta che poi qualche paziente potrebbe essere escluso dalle nuove cure e non è accettabile».
Gli altri centri finanziati con il Pnrr
L’Università di Padova è uno dei cinque centri a cui sono andati i fondi del Pnrr. Gli altri sono il Politecnico di Milano, che si occuperà di Mobilità sostenibile; l’Università Federico II di Napoli per l’Agroalimentare; il Cnr nazionale sul fronte delle Biodiversità; e l’Istituto nazionale di Fisica nucleare per il Computing di alta efficienza.
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