DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Un mese in California o il Capodanno a New York (o qualche vacanza meno scontata)? Se siete cittadini italiani, non sarete obbligati a comunicare al governo americano i vostri profili dei social network prima di partire. Se, invece, prevedete di fermarvi negli Stati Uniti più di tre mesi o dovete richiedere un visto per studiare, lavorare o qualsiasi altro motivo (sia per trasferirvi sia per un periodo di tempo limitato) dovete dichiarare il nome con cui avete usato Facebook, Instagram, Twitter o altre piattaforme negli ultimi cinque anni. Parliamo di circa 15 milioni di persone all’anno che viaggiano in direzione degli States.
La novità, messa sul tavolo dall’esecutivo di Donald Trump per controllare l’immigrazione nel marzo del 2018 e introdotta dal Dipartimento di Stato, è in vigore da venerdì scorso ed è relativa a chiunque debba compilare un modulo di autorizzazione Ds-160, Ds-260 e Ds-156, come confermato dall’Ambasciata Usa in Italia al Corriere. Il primo serve per chiedere tutti i visti principali per andare negli Usa, temporaneamente per viaggio, studio, lavoro, o altro.
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Come detto, sotto i 90 giorni, i cittadini italiani e di altri 37 Paesi (Francia, Germania, Portogallo, Regno Unito e altri) non sono coinvolti: possono fare la richiesta elettronica Esta, che permette di viaggiare senza avere alcun visto, e per loro la dichiarazione delle informazioni relative a 14 social network – compreso il defunto Google+ — è opzionale dal dicembre del 2016.
«Se un richiedente non risponde alla domanda o semplicemente non dispone di un account di social media, la richiesta Esta può essere comunque inoltrata senza nessuna conseguenza negativa», si legge nell’informativa del modulo. Così è e così continuerà a essere (quantomeno per ora).
Per i visti veri e propri, invece, fatta eccezione per quelli diplomatici o ufficiali, la voce opzionale è obbligatoria. E, secondo quanto dichiarato da un funzionario a The Hill, chiunque menta sull’utilizzo dei social media potrebbe dover affrontare «gravi conseguenze sull’immigrazione». L’anno scorso, l’American Civil Liberties Union aveva dichiarato che non ci sono «prove che questo monitoraggio sia efficace e giusto» e di ritenere che le persone si sarebbero auto-censurate nella loro attività in Rete.
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