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Silvia Turin per il "Corriere della Sera"
Ci sono moltissime varianti del coronavirus, ma quelle su cui converge l'attenzione degli scienziati (e delle autorità sanitarie) si chiamano VOC (Variants Of Concern): letteralmente dall'inglese «varianti di preoccupazione». Sono 4: Alfa, Beta, Gamma e Delta.
La «variante» è il nuovo codice genetico di un virus che ha acquisito una o più mutazioni. Nonostante le somiglianze, le varianti sembrano essere sorte in modo completamente indipendente una dall'altra. Le «vincenti» sono sempre state quelle più contagiose, rispetto a quelle maggiormente patogene, in linea con quello che è l'interesse primario del virus: replicarsi e diffondersi.
Il 14 settembre 2020 nel Regno Unito è stata identificata la Alfa. Ora diffusa in 154 Paesi, è diventata prevalente in Europa, Usa, Canada e Giappone. Presenta 23 mutazioni, 8 nella proteina spike, che la rendono più trasmissibile, nell'ordine almeno del 50% in più. Le ricerche hanno evidenziano che è associata a una carica virale più alta, ma non sembra a maggiore gravità di malattia da Covid. L'efficacia dei vaccini in uso in Europa non è indebolita.
La variante Beta è emersa in Sudafrica a settembre del 2020 e lì è rimasta sostanzialmente circoscritta. Condivide con la Alfa la mutazione N501Y. È meno trasmissibile dell'Alfa, ma tra tutte è ancora quella con una potenzialità di evasione immunitaria dal vaccino maggiore (a causa della mutazione E484K). L'efficacia dei vaccini cala con la Beta nel proteggere dalle infezioni, specie dopo 1 sola dose, ma rimane alta per tutti i vaccini riguardo alle ospedalizzazioni (dopo 2 dosi).
Ad ottobre 2020 in Brasile è stata identificata la variante Gamma. Diffusa soprattutto in Sud America, è arrivata anche in Usa, Canada ed Europa, compresa l'Italia, ma non è stata in grado di imporsi. Contiene una costellazione unica di mutazioni, tra cui la N501Y, comune alla Alfa, e la E484K, comune alla Beta. Rispetto all'efficacia dei vaccini presenta una minima riduzione: si colloca tra la Alfa (che non provoca problemi di efficacia) e la Beta.
A settembre 2020 in India è stata identificata la variante Delta che in Europa sta diventando prevalente. Contiene due mutazioni già note che per la prima volta compaiono insieme, E484Q (maggiore trasmissibilità) e L452R (parziale evasione immunitaria dai vaccini). Delta è circa il 50-70% più trasmissibile rispetto alla variante Alfa, che a sua volta era il 50% più trasmissibile del ceppo che abbiamo avuto in Europa lo scorso anno. Si monitorano sintomi leggermente diversi: mal di testa, mal di gola, naso che cola e febbre mentre tosse e perdita d'olfatto sono rari.
In ordine crescente su una scala da 1 a 100 possiamo dire che, con la variante Delta, chi non è vaccinato ha zero di protezione, chi ha fatto una dose è protetto al 20-30%, chi è guarito al 60-70%, chi ha fatto due dosi di vaccino è al 70-80% e chi ha fatto la malattia e poi il vaccino probabilmente è al 90%. I vaccinati possono reinfettarsi (nell'ordine di circa il 12% di possibilità) ma non svilupperanno malattia grave. Possono essere contagiosi, ma meno, soprattutto se incontrano altri vaccinati.
Le VOI (Variants Of Interest), le «varianti sotto osservazione» sono: Eta (identificata in Nigeria), Iota (diffusa a New York), Kappa (il lignaggio da cui deriva Delta) e Lambda, identificata in Perù, che sarebbe più contagiosa e potrebbe sfuggire parzialmente agli anticorpi dei vaccini: gli studi sono ancora incompleti.
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