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VENEZI A FUOCO – LA BONISSIMA BEATRICE VENEZI, A 29 ANNI LA PIU' GIOVANE DIRETTRICE D'ORCHESTRA IN ITALIA, RANDELLA LE COLLEGHE PER LA MANCANZA DI SOLIDARIETÀ E SMONTA LE CRITICHE DI CHI L’ACCUSA DI PENSARE ALL’ESTETICA PERCHÉ INDOSSA ABITI FEMMINILI: “A VOLTE ESSERE GIOVANE E DONNA È PIÙ DIFFICILE IN ITALIA RISPETTO AD ALTRI CONTESTI PIÙ ARRETRATI. NON MI PIEGO A VESTIRE LA MASCHERA DELL’UOMO. PURTROPPO NON HO VISTO MOLTA…” (VIDEO)
Barbara Visentin per “www.corriere.it”
Beatrice Venezi crede «nell’essere direttore e non dittatore», nella leadership che si conquista «con il rispetto e con le competenze». In un mondo ideale, dovrebbe essere questa l’unica via. Nel mondo reale, casi come il suo in Italia sembrano eccezionali.
A 29 anni è il direttore d’orchestra donna più giovane ad avere una carriera internazionale: ha diretto in Giappone, Canada, Libano, Argentina, solo per citare alcuni paesi. Ha scritto un libro, «Allegro con fuoco — Innamorarsi della musica classica», e ad ottobre pubblicherà il suo primo album «My Journey — Puccini’s symphonic works». Nel 2018 Forbes l’ha inserita nei 100 under 30 leader del futuro e già nel 2017 ilCorriere della Sera l’aveva segnalata fra le 50 donne dell’anno.
Tanti risultati, conquistati in un Paese che non sempre incoraggia: «A volte essere giovane e donna è più difficile in Italia rispetto ad altri contesti in cui la figura femminile è più arretrata — rivela —. In Paesi come l’Armenia o la Georgia, in cui sono stata la prima donna a dirigere, ho trovato un atteggiamento più positivo. Qui dove teoricamente siamo avanti si va a toccare un sistema precostituito e questo ancora non è ben visto».
C’è bisogno di rinnovamento, sostiene Venezi, di scardinare un mondo ancora troppo ingessato ed elitario. Anche per questo, sul podio preferisce eleganti abiti da sera ai pantaloni, scelta che non le ha risparmiato le critiche del mondo classico: «Basta non negare la propria femminilità per essere accusate di pensare troppo all’estetica.
Ma al di là del piacere di vestire abiti eleganti, perché c’è anche quello, per me è importante far passare un messaggio: non mi piego a vestire la maschera dell’uomo, a dover indossare i panni di un ruolo che è storicamente maschile. Ho le competenze e questo è il mio manifesto».
Il processo di cambiamento è lento, spiega, ma quello che le dispiace è non aver trovato sempre la complicità delle colleghe: «Con le orchestre non ho mai avuto problemi, ogni volta mi chiedo se sarò all’altezza, c’è il brivido della prima prova, ma il rapporto è molto diretto e l’empatia si crea subito. Invece purtroppo non ho visto molta collaborazione da parte degli altri direttori donna e rimane questo cliché del frac.
Ma in generale, per gli artisti non è semplice. Siamo troppo esterofili e non ci rendiamo conto che essere italiani è un valore aggiunto». Nella visione di Venezi, il mondo classico dovrebbe tornare a essere «accessibile e pop come era una volta». E la sua volontà di divulgazione si manifesta anche online, con foto su Facebook e Instagram dove racconta le sue tournee: «Diciamo sempre che i social sono contenitori vuoti, allora riempiamoli! Anche perché i giovani, oggi, li raggiungi solo così. Credo nel potere di contaminazione della bellezza».
Venezi non viene da una famiglia di musicisti. La sua passione è nata per caso «in un percorso di scoperta»: «Da piccola non sapevo neanche che cosa fosse il direttore d’orchestra, ma quando ho capito che volevo esprimermi con la musica, c’era sempre qualcosa che mancava negli strumenti che suonavo».
A conquistarla è stato Puccini, di Lucca come lei, tanto che esplorare il suo repertorio sinfonico per il suo primo album è stato quasi gioco forza. E dopo questo nuovo traguardo, per il futuro cosa sogna? «La Scala — dice senza esitazione —. Dirigere alla Scala è un punto d’arrivo e una ripartenza. Se poi fosse la Scala più Puccini, sarebbe il sogno dei sogni».
beatrice venezi
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