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1. YARA: PM, IL DNA È UNA PROVA
(ANSA) - Il pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, nella sua requisitoria, ha sottolineato, citando sentenze della Cassazione, che il Dna, il principale elemento a carico di Massimo Bossetti, non sia un indizio bensì una prova. Sempre a proposito del Dna, il pm Ruggeri ha detto che il fatto che non si sia potuto stabilire con certezza se la traccia da cui fu estratto fosse sangue non "inficia il risultato identificativo". Il pm ha finito di spiegare come si è arrivati al Dna di 'Ignoto 1', che successive indagini stabiliranno essere di Massimo Bossetti.
2. BOSSETTI RISCHIA L’ERGASTOLO, IL PM: «YARA MORTA DOPO UNA LENTA AGONIA - INDAGINE SENZA PRECEDENTI AL MONDO»
Armando Di Landro e Giuliana Ubbiali per ''Corriere - Bergamo''
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
«È stata un’indagine senza precedenti in Italia e nel mondo sotto l’aspetto genetico e della biologia forense». Nel corso della sua requisitoria il sostituto procuratore Letizia Ruggeri ha definito così il lavoro svolto dal Ris di Parma, dalla polizia scientifica e da tutti i consulenti sul profilo di Ignoto 1, emerso dagli indumenti di Yara Gambirasio. Oggi, nel processo sul delitto della tredicenne di Brembate Sopra, è il giorno dedicato all’accusa. Entro sera è attesa la richiesta di condanna per l’unico imputato per omicidio pluriaggravato, Massimo Bossetti, 45 anni, carpentiere di Mapello.
«Ogni sforzo si è concentrato sul Dna»
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
«Da quando il profilo è stato individuato - ha ricapitolato il pm Ruggeri davanti alla Corte d’Assise - ogni sforzo è stato concentrato lì, perché era utile farlo, coinvolgendo tutte le caserme, la questura, i commissariati per una raccolta di campioni andata oltre le ventimila unità». È il punto centrale per l’accusa, la prova regina: quella traccia di Dna rintracciato sugli slip della vittima, proprio nel punto in cui il suo assassino li ha tagliati.
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
Prima di ricordare quali sono stati tutti i profili genetici isolati dagli indumenti di Yara, il pm ha voluto mettere un punto fermo in merito al ritrovamento del cadavere e alle analisi degli anatomopatologi, accompagnate da rilievi di botanica e entomologia (lo studio di larve e insetti sui cadaveri). Chiara la conclusione dell’accusa sulla base di elementi compatibili con il luogo del ritrovamento: Yara ha camminato sul campo di Chignolo d’Isola, è stata ferita lì, uccisa lì ed è morta in quel luogo, dove è rimasta fino al ritrovamento, il 26 febbraio 2011.
«All’inizio abbiamo battuto tutte le piste»
Il pm Ruggeri ha preso la parola alle 10, ricordando le difficoltà dei mesi iniziali, quando ancora non si sapeva che la tredicenne fosse stata uccisa. «Nei primi mesi - ha spiegato - delle indagini non avevamo davvero idea di cosa fosse successo, se si trattasse di un allontanamento volontario, di un omicidio o di altro.
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti con giampietro lago dei ris
Nella via della famiglia Gambirasio abitano anche persone più benestanti e si è valutato persino il sequestro di persona per errore. Ci siamo davvero spaccati la testa su queste riflessioni, abbiamo valutato ogni posta possibile per riuscire a indirizzare le indagini». Dopo una descrizione della personalità e delle abitudini di vita di Yara, il pubblico ministero ha proseguito la sua requisitoria parlando della sera del delitto, il 26 novembre 2010.
«Le indagini vere iniziate col ritrovamento del cadavere»
«Le celle telefoniche - ha spiegato il pm - sono state lo strumento a cui ci siamo affidati inizialmente. Si tratta di dati approssimativi, che indicano la zona di permanenza di un soggetto e le celle ci hanno detto che Yara Gambirasio, fino alle 18.55 aggancia due celle diverse ma comunque tutte compatibili con la sua abitazione e la palestra».
E ancora: «Non esistono motivi per pensare che Yara non avesse fatto la solita strada per rientrare a casa. Un primo punto fermo sulle indagini arriva, comunque quel 26 febbraio 2011, con il ritrovamento del cadavere a Chignolo d’Isola. È in quel momento che si sgombera il campo da ipotesi residuali, e che si possono avviare indagini vere».
«Era sola, al buio: è morta dopo un’agonia»
furgone iveco brembate fuori dalla palestra di yara gambirasio
campo chignolo
Dopo aver descritto tutte le operazioni scattate dopo il rinvenimento del cadavere, il pmha specificato che «non è mai stato comunque possibile, dopo tutti i rilievi degli specialisti, ricostruire con certezza la dinamica esatta dell’aggressione». Quanto accaduto, nei dettagli, resta un mistero.
Ma alcuni punti fermi si possono porre, secondo l’accusa: «La terra sotto le suole delle scarpe di Yara Gambirasio può risultare compatibile con un camminata sul campo. Le lesioni da contusione e quelle da taglio, inoltre, presentano comunque fuoriuscite di sangue». Sono quindi state inferte su un corpo ancora «irrorato - specifica il pm -. Si può quindi pensare che la vittima sia stata colpita quando era ancora viva. D’altra parte il corpo non presenta ferite da difesa di alcun tipo.
Ed è quindi presumibile che Yara Gambirasio, benché viva, mentre veniva colpita non fosse in grado di reagire». È stata un’agonia, sottolinea il pm in uno dei passaggi più toccanti: «C’era buio, era sola, avrà provato paura e avrà provato dolore. Ha vissuto uno stress agonico prolungato». Lo provano l’acetone e l’adrenalina ritrovati nel suo corpo in misura superiore alla norma.
CHIGNOLO DOVE E STATO RITROVATO IL CORPO DI YARA GAMBIRASIO
La sentenza a giugno
Al termine della sua requisitoria il pm chiederà la condanna dell’imputato, che con ogni probabilità sarà l’ergastolo. Cosa deciderà la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, si saprà a giugno. La data al momento più probabile per la sentenza (salvo rinvii) è il 10. Il 18 maggio parleranno invece gli avvocati di parte civile Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, il 20 e il 27 i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini.
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