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“AVEVAMO FATTO L’AMORE POI HA SMESSO DI RESPIRARE”, LA 23ENNE ROMENA RACCONTA L'ULTIMA NOTTE DEL RE DEI PLAYBOY: "HA PRESO IL VIAGRA? NO, ALMENO NON IN MIA PRESENZA" -  IL RITRATTO CHE GLI DEDICO’ MICHELE SERRA NEL ’86: 'DICE DI ESSERE ANDATO CON OLTRE 1000 TURISTE: NON SI TRATTA DI GALLISMO MA DI MITOLOGIA. IL RECORD DI 207 IN UNA ESTATE - IL DOLORE DELLE SUE EX: "FACEVA IL MACHO MA…" - VIDEO

 

Annalisa Grandi per corriere.it

Maurizio Zanfanti Zanza

Dice che erano amici da due anni, che si volevano bene, che «ogni tanto capitava di fare l’amore». A 23 anni si è vista morire fra le braccia Maurizio Zanfanti, il re dei playboy riminesi. E racconta, di quei momenti.

 

Al «Resto del Carlino» parla la 23enne romena che ha trascorso con «Zanza» gli ultimi istanti. «Avevamo appena fatto l’amore, io mi stavo rivestendo e mi sono accorta che lui stava male. Soffriva visibilmente, respirava a fatica. Ho chiamato subito i soccorsi, quelli del 118 hanno provato a rianimarlo, purtroppo non c’è stato nulla da fare» spiega la donna. Tutto è avvenuto intorno alle 2 di notte: «Mauro mi era passato a prendere intorno all’una in viale Principe Amedeo, dopo che ci eravamo sentiti al telefono. Da lì, con la sua auto, siamo andati poi in un campo di sua proprietà in via Pradella. Abbiamo fatto l’amore in macchina, stavamo per tornare a casa quando, all’improvviso, lui ha accusato il malore» racconta.

Maurizio Zanfanti Zanza

 

La 23enne spiega che fino a quel momento Zanza sembrava star bene, che è accaduto tutto nel giro di pochi minuti: «Io ero spaventata, sono uscita dalla macchina per capire in quale via fossimo e poi ho telefonato al 118. L’auto medica e l’ambulanza sono arrivate pochi minuti dopo. Nel frattempo sono risalita in auto, per stargli vicino. Lui continuava a peggiorare, e mi ha detto: tienimi la mano. Così ho fatto, in attesa dei soccorsi».

 

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La donna poi smentisce l’ipotesi che Zanfanti potesse avere preso qualche farmaco, o pillole, o il Viagra, almeno in sua presenza: «No, niente di tutto questo. Non so se avesse preso qualcosa prima di venire a prendermi, ma mentre è stato con me non ha fatto uso di pillole o sostanze» dice. E poi conclude: «Ci conoscevamo da due anni, eravamo soltanto amici, non fidanzati, e ogni tanto capitava di uscire insieme. Gli volevo bene».

 

 

2. L' ULTIMO DEI VITELLONI

FRANCESCO ZUCCHINI per Libero Quotidiano

 

Nel 1972 uscì un articolo sul Times in cui veniva esaltato il maschio latino. Eppure il mito di Mastroianni e della Dolce Vita erano lontani.Ma per il Times, che esibiva un sondaggio, le cose stavano così. Con una differenza.

Le americane avevano il gusto del maschio sano e palestrato, le europee dell' italiano, meglio se peloso, scarmigliato o anche barbuto.

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Il mito di Zanfanti arrivò solo qualche anno dopo. Zanza era biondo e sbarbato ma, sotto la camicia abbondantemente aperta sul petto e sotto una montagna di collane d' oro, esibiva un torace fieramente irsuto. Lavorava a tempo pieno nella discoteca "Blowup", tra Rimini e Bellariva. Ne era il factotum, dalle pubbliche relazioni alle scopate. Se ne occupava a modo suo dalla mattina alla sera. Dalla spiaggia, dove reclutava la materia prima, alla disco. A Rimini erano gli anni delle scandinave, e dei voli low cost tutto compreso per l' Italia. L' imprenditore locale, Patacconi, era stato il primo ad avere l' idea. «Le andiamo a prelevare a casa loro e le portiamo direttamente in Romagna». Lo schema funzionava alla grande.

 

Zanza ne era il terminale perfetto. La sua fama in terra romagnola era sulla bocca di tutti. Me ne parlavano in maniera diversa, spesso contrapposta. Per alcuni lui e le sue gnoccone «che ti fan cadere gli occhi per terra» costituiva un mito da emulare, per i più fighetti era solo un pezzente.

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NOTTI IN RIVIERA Andai a vedere come stavano le cose. Era il 1977. Le discoteche proliferavano. Quelle della zona le conoscevo tutte, deejay e personaggi piu significativi compresi, dal "Topkapi" di Argenta alle "Ruote" di Ravenna, dal "Peccato Veniale" di Cesenatico al "Piro Piro" di Imola, dal "New Jimmy" di Riccione al "Paradiso" di Rimini. Avevo visto qualsiasi cosa, non escluse botte e pestaggi per chi rimorchiava la donna sbagliata, avevo visto la "Baia degli Angeli" con il suo carico di sballati condotti fuori a braccia alla chiusura del locale.

 

Avevo visto playboy e delinquenti scommettere sulle future conquiste, e bagnini che arrivavano di sorpresa requisendo la merce sul piu bello. Ma il "Blowup" non era nessuna di queste cose. Sembrava il set di un film. Stava tra Fellini e "La febbre del sabato sera". Al "Blow up" potevi aver visto tutto ma non toccavi palla. C' erano decine di bionde sui divani e in pista.

 

Maurizio Zanfanti Zanza

Ma stavi a guardare Zanza e i suoi pards, in jeans e stivaletti col tacco, camicie aperte e chiome fluenti, che facevano i giochi. Le svedesi avevano occhi solo per Zanza. Il suo mito era cresciuto col passaparola. La sua reputazione di "collezionista di donne" diventava ogni anno piu solida. Anche in Svezia, dove lui si recava d' inverno a trovare le amiche, a conoscerne altre, ad organizzare i voli aerei per l' estate.

Volli conoscerlo la sera stessa spacciandomi per giornalista. Fu cordiale e loquace.

 

Non se la tirava per niente. Mi raccontò la sua vita, la passione per la caccia - non poteva essere diversamente - e la passione per la Juventus. Era figlio di gente semplice del posto. La mamma Gina, oggi 80enne, ancora adesso ha una pescheria, il padre si occupava del podere dietro casa. Zanza mi disse che aveva gia’ avuto un migliaio di fidanzate. Mi disse il numero esatto. Aveva 21 anni. Lo rividi due inverni dopo in un rifugio a 2000 metri, in Val di Fassa. Era ospite dello staff riminese di "Las Vegas" e "Tana del lupo" che gestiva due locali cruciali in zona, "Le streghe" e "Il gatto nero". Era arrivato in piena notte. Si presentò alle tre del pomeriggio dietro a un paio di occhiali da divo. Vestiva una giacca a vento prestata da qualcuno di un paio di taglie inferiori alla sua; sotto, camicia aperta, jeans, stivali col tacco. Rischiò di scivolare sul ghiaccio. Si aggrappò a una balaustra.

 

AMANTI NUMERATE Lo rividi al "Blowup". Era il 1986 e aveva 30 anni. Gli scattai una foto, lui volle farsi ritrarre abbracciato alle prime straniere a portata di mano.

Maurizio Zanfanti Zanza

Mi disse «sono a quota 4373 donne». Sapeva sempre il numero esatto. Mi spiegò il suo segreto. «Avere donne è facile. Vogliono essere consigliate». Lo salutai. Mi disse che si era sbagliato, le fidanzate erano solo 4372. Aveva contato due volte la stessa. «Di solito - si scusò - non ho mai piu di un rapporto con ognuna.

 

Tengo le distanze, se no non se ne esce». Del resto anche a loro bastava il souvenir. Anni dopo un conoscente mi riferì che Zanza era sempre piu maniacale, «non si spende piu’, ha amplessi brevissimi, giusto per far numero». Muoveva la classifica. Il "Blowup" invece aveva esaurito il suo ciclo vitale, come i viaggi dalla Scandinavia. I tempi erano passati. I gusti delle europee ora coincidevano con quelli delle sorelle Usa, palestra e culto del fisico.

 

REFERTO SANITARIO Zanza si arrangiava con altri locali, un pierre nato, alla buona. Sul suo conto si raccontava di tutto. «Ha il parrucchino con la ventosa». Oppure: «Un italiano va a trovare la fidanzata in Svezia e in camera di lei cosa trova? La foto di Zanza incorniciata».

Maurizio Zanfanti Zanza

 

Barzellette. Nei primi anni Ottanta, in piena sindrome da Aids, il Carlino pubblicò il referto sanitario di Zanza che risultava «totalmente sano». I vicini di casa lo vedevano tutti i giorni al podere, a torso nudo, sbrigare i lavoretti dopo aver rifocillato gli animali, cani, gatti, oche, galline. Lo avevano salutato come tutti i giorni. Invece la sua fine si avvicinava. L' altra notte Zanza è morto d' infarto. Era in compagnia di una ragazza di 23 anni. Lui ne aveva 62. Se n' è andato nel modo che forse sognava. Ad un certo punto avrà perso il conto, si sarà affidato a quell' ultimo abbraccio di una serie infinita. Non ci sarà mai piu’ un altro Zanza.

 

 

3. "ADDIO AL GRANDE ZANZA"

Massimiliano Lenzi per www.iltempo.it

 

Maurizio Zanfanti Zanza

"Voglio che Rimini sia come Hollywood, come Nashville, un luogo del mio immaginario dove i sogni si buttano a mare (...) ama, trionfa o crepa". Quando ieri è uscita la notizia della morte di Zanza, all'anagrafe Maurizio Zanfanti, 63 anni, il "conquistatore" delle notti brave sulla riviera romagnola negli ormai lontani anni Ottanta, chissà perché la mente è corsa subito alla Rimini raccontata dallo scrittore Pier Vittorio Tondelli nel suo romanzo "Rimini", una città letteraria da eroi contemporanei che "vogliono essere qualcuno, vogliono il successo (..) il sesso". Non più i vitelloni degli anni Cinquanta vagheggiati da Federico Fellini e trastullati dall'inedia e magari dalle loro divertenti  strafottenze (pur di non lavorare), conquistatori sì ma con lentezza ma qualcosa d'altro, di più veloce, consumabile. Istantaneo.

 

Maurizio Zanfanti nell'arte della conquista non è stato un vitellone - pur avendo di certo alcuni tratti romagnoli come chiunque sia cresciuto in quella terra irrequieta - ma è stato un Don Giovanni figlio del suo tempo. Con il presente Leporello a ricordare ogni giorno le sue conquiste.

 

Come raccontava lui stesso, lo Zanza ha avuto un numero impressionante di conquiste femminili "migliaia di turiste" ed anche la sua morte supera l'immaginario di ogni romanzo possibile: se ne è andato mentre era appartato in una macchina con una ragazza di 23 anni. Un finale prematuro - 63 anni sono pochi per morire - ma al tempo stesso straordinario nel suo inno finale alla seduzione praticata per una vita intera. Zanfanti la sua fama aveva cominciato a costruirsela negli anni Settanta, come buttadentro di una nota discoteca riminese, il "Blow Up".

Maurizio Zanfanti Zanza

 

Da lì in poi sarebbe stato un continuo crescendo, all'insegna del divertimento, delle conquiste, delle notti romagnole interminabili in compagnia di turiste bellissime, del nord Europa, di dovunque; un trionfo italiano al punto che persino il giornale tedesco "Bild" arrivò a dedicargli un servizio. A noi che non siamo esterofili ma orgogliosamente italiani, però, di quel che ha scritto la "Bild" non importa un granché. Ci garba assai di più ricordare Maurizio Zanfanti con Michele Serra, proprio lui, il giornalista di "Repubblica" e scrittore che anni fa, nel 1986 pubblicò un libro molto sapido e divertente, "Tutti al mare", edito dalla Milano Libri (e poi ristampato nel 1990 dalla Feltrinelli). Dentro, tra le cose più esilaranti e narrative, un ritratto con intervista allo Zanza. Leggete qua. "È uno dei maggiori esperti di contabilità mai visti: sostiene infatti di avere felicemente portato a termine atti sessuali con oltre mille turiste, alla media esorbitante di oltre 200 per stagione". Scriveva ancora Michele Serra: "Lo confesso, sono emozionato: qui non si tratta di gallismo ma di mitologia pura. Se uno dice cento è solo un bru-bru. Ma più di mille, signori, non è più un numero, è un iperbole, un simbolo (..)".

 

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Ma il meglio arriva con l'intervista: "'La stagione record - racconta lo Zanza a Serra - fu lo scorso anno: 207, non una di più. Non una di meno'. 207 in un'estate? Tutte diverse? 'Tutte diverse. Tutte insieme a me'. Ma vuol dire più di una al giorno. 'La media è di quasi due al giorno'. Divise come? 'Dipende dai mesi. In giugno e luglio arrivo tranquillamente a due. Maggio e settembre è bassa stagione e tocca accontentarsi. Agosto è il massimo, anche quattro al giorno'. Quattro al giorno? Ma come fai? 'Una al pomeriggio e tre alla sera'. Caspita! 'Caspita cosa?'. No, dico: caspita. 'Normalissimo'".

 

La dismisura degli anni Ottanta, in fondo un'appendice alla bulimia di vivere di una generazione che scopriva l'edonismo e la libertà incastrate tra due grandi terrori: la stagione del terrorismo negli anni Settanta e la paura dell'aids che arriverà in seguito, alla fine degli anni Ottanta. In quel mezzo di libertà c'è la Rimini di quegli anni, ci sono le conquiste, la fame di esistere, di divertirsi. E c'è pure lui, Maurizio Zanfanti, il conquistatore. "Quasi tutte straniere - diceva lo Zanza nell'intervista a Serra. Scandinave. Norvegesi e svedesi. Per le italiane c'è mio fratello". C'era una volta. A Rimini.

Maurizio Zanfanti Zanza

 

 

4. «FACEVA IL MACHO MA ERA UNO DOLCE E SAPEVA FAR RIDERE»

Alessandro Fulloni per il Corriere della Sera

 

«Le parole che mi disse quando lo incontrai la prima volta al Blow Up? Le ricordo perfettamente, semplici e dirette, tipicamente italiane: "Ciao bella". Ma furono sufficienti». Per cosa? Mette Homburg, norvegese di 50 anni, due figlie, risponde d' un fiato, prima in italiano e poi in inglese: «Per innamorarmi. I was so in love...». Quella per «Zanza» fu qualcosa di più di una «cottarella» adolescenziale: «Era l' estate del 1984, Rimini fu il mio primo viaggio all' estero. Ero con delle amiche e conobbi Maurizio la seconda sera di vacanze. Aveva l' aria del macho, ma era dolce e spiritoso».

 

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Mette tornò in Romagna, sempre per Maurizio, anche l' estate successiva. E poi quella dopo e quella dopo ancora. Quattro anni consecutivi sino al 1987, sempre pensando al «buttadentro» della Riviera con l' aria da pirata. «Restammo in contatto, io gli scrivevo di continuo - ricorda al telefono Mette dalla sua casa a Larvik, nel sud della Norvegia - e lui ogni tanto mi rispondeva. Sapevo che aveva tante donne, ma non me importava». «Ero poco più di una ragazzina, lui era un uomo» sospira Mette che ha saputo della scomparsa di Maurizio «leggendolo sul suo profilo Facebook dove lo avevo rintracciato». Non solo. Per rivedere «Zanza», l' amica norvegese organizzò anche un Capodanno a Rimini. «Ci limitammo a ricordare la nostra bella storia...». La voce di Mette s' incrina. La telefonata finisce qui.