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    MAX AL MINIMO! “E’ STATA L’ULTIMA BATTAGLIA IN PRIMA LINEA”, L'AMAREZZA DI D'ALEMA DOPO LA SCONFITTA IN PUGLIA: “HO PRESO MENO VOTI DELLE PERSONE CHE HO INCONTRATO. NOI E IL PD SIAMO RIMASTI FUORI DAI GIOCHI” – E SU RENZI…


     
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    d'alema d'alema

    Giovanni Bianconi per il Corriere della Sera

     

    L' ultima speranza cade alle 11.30 del mattino, dopo 12 ore di attese e calcoli, addizioni e divisioni ripetute all' infinito fino al risultato finale: i 32.193 voti raccolti da Massimo D' Alema, il 3,1% del totale, non bastano a farlo diventare il dodicesimo senatore del collegio proporzionale Puglia 2; toccherà ai Cinque Stelle che salgono a sei, quattro restano al centrodestra e due al centrosinistra. La partita dell' uninominale, dov' è arrivato quarto con il 3,9%, era considerata persa in partenza, le aspettative erano sull' altra.

     

    «È andata», commenta D' Alema esaurito l' ennesimo conteggio, nel senso che se n' è andata la possibilità di rientrare in Parlamento dopo cinque anni di esilio e giocare un ruolo nella nuova legislatura.

    d'alema d'alema

     

    E dunque torna a Roma da sconfitto dopo un mese trascorso a battere palmo a palmo la punta estrema del tacco d' Italia. Bastavano altri 2.000 voti o poco più, uno «zero virgola» dei vecchi tempi, per guadagnare un seggio attraverso il complicato meccanismo dei resti: «Ho preso meno voti delle persone che ho incontrato, e questo significa che non siamo stati percepiti come qualcosa di diverso rispetto al centrosinistra e a quello che anche noi abbiamo criticato e contrastato nell' ultimo anno».

     

    La sfida è persa su due fronti: quello personale del candidato abituato a vincere da queste parti, e quello collettivo del partito appena nato con la scissione del Pd e già moribondo. Difficile dire quale bruci di più per un animale politico che tiene moltissimo alla propria immagine, ma anche a quella sinistra di origine comunista di cui fa parte e che non ha mai rinnegato.

    massimo d alema massimo d alema

     

    «È finita una stagione - confida a un paio di collaboratori intorno a un tavolino dell' albergo leccese che è stato la base di ogni tappa -, ora è il tempo di dedicarsi allo studio e alla formazione. È stata l' ultima battaglia in prima linea». Che non significa la ritirata, giacché «la politica è una passione e da una passione non ci si può dimettere», come aveva ripetuto prima di questo esito.

     

    Si può continuare a combattere in altre forme, ma forse è stato un errore aspettare di farlo e insistere rimettendosi in gioco con il proprio volto e la propria storia, in un momento in cui il passato sembra più un ostacolo che una risorsa. L' ex leader del Pds allarga le braccia: «Io mi sono limitato a raccogliere un invito pressante, e penso che fosse per me inevitabile accettare, con tutti i rischi di una competizione senza garanzie. Era nel conto delle possibilità, è andata così».

     

    massimo d alema massimo d alema

    Eppure fino alla sera di domenica mostrava altre prospettive. Anche quando è andato a visitare i seggi elettorali a Nardò (con il sindaco di CasaPound che osservava la scena da lontano, seduto su una panchina) e a Galatina. Strette di mano, sorrisi e «in bocca al lupo», che sembravano poter reggere l' urto dei musi lunghi o indifferenti in fila per votare, e perfino a quel prototipo del supporter grillino che gli chiede: «Ma lei che ha fatto, in vita sua, oltre al politico?».

     

    «Per esempio ho diretto il quarto giornale italiano», risponde lui riferendosi a l' Unità degli anni Ottanta, ma quello non resta convinto: «Giornalista? Peggio».

     

    D ALEMA BERSANI D ALEMA BERSANI

    C' era comunque l' idea di spuntarla per l' appoggio assicurato perfino da preti e suore, o dal sostenitore di centrodestra che aveva promesso: «La voterò perché non voglio prendermi la responsabilità di lasciar fuori dal prossimo Parlamento una personalità come la sua». Rassicurazioni utili magari ad aumentare l' autostima, ma non a ribaltare la situazione. Che sollecita un po' di autocritica: «Non abbiamo percepito quanto fosse grave la situazione. Non siamo riusciti a distinguerci abbastanza dal centrosinistra, né a capire quel che covava realmente sotto la pelle delle persone e della società. La polarizzazione ha favorito il cosiddetto "voto utile"; non al Pd come voleva Renzi, ma a scacciare le paure». È il momento dell' analisi generale. Non per prevedere ciò che accadrà, ma per provare a interpretare ciò che è accaduto: «Gli elettori sono entrati nel gioco scegliendo il centrodestra nel timore che prevalessero i grillini, o viceversa. Si sono schierati sui due fronti che avevano qualche possibilità di vittoria. Il Pd è rimasto fuori dal gioco, e così noi. La trappola del meccanismo maggioritario residuo ci ha schiacciato. E ci sarà molto da riflettere sulla portata dello tsunami che s' è abbattuto sulla sinistra italiana».

     

    Il primo travolto è Matteo Renzi, ma D' Alema non mostra soddisfazione per il destino del rottamatore che rischia di essere rottamato al primo ingresso in Parlamento: «Quello che s'è portato via è troppo, francamente», dice l' ultimo premier del Novecento italiano (lasciò Palazzo Chigi all' inizio del 2000), che all' improvviso appare davvero come un politico del secolo scorso, mentre sotto la pioggia sale in macchina e torna a Roma con la moglie Linda, gli uomini della sicurezza e tanti pensieri ancora inespressi.

    D ALEMA D ALEMA

     

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