Maria Ricci Sargentini per il "Corriere della Sera" - Estratti
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Si alzano tutti in piedi. In mano le foto dei loro cari che, dallo scorso 7 ottobre, sono nelle mani dei terroristi di Hamas. Sono padri, madri, zii, fratelli e sorelle di nove degli oltre 130 ostaggi che da sei mesi sono tenuti in ostaggio nei tunnel di Gaza. «Non sappiamo se sono vivi o se sono morti. Io prego Dio che ci faccia sapere il loro destino perché non possiamo vivere più sospesi». Bezalel Shnaider è lo zio di Shiri Bibas, la donna di 32 anni rapita nel kibbutz Nir-Oz, insieme al marito Yarden, 34 anni, e ai due figlioletti dai capelli rossi: Ariel, quattro anni, e Kfir, che ha compiuto un anno in cattività lo scorso 18 gennaio.
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L’architetto Ci parla da una sala di un hotel romano dove è alloggiata la delegazione dei parenti degli ostaggi. Bezalel è architetto nella città di Bnei Brak, ha la barba lunga ed è vestito completamente di nero, compresa la kippah. «Io amo il vostro Paese — dice in un buon italiano —, mia moglie ha vissuto qui tanti anni. Voi dovete capire che i terroristi hanno agito in modo disumano. Mia sorella Margit (la madre di Shiri, ndr ) e suo marito Yossi vivevano anche loro nel kibbutz, hanno dato fuoco alla loro casa e sono morti soffocati come ai tempi del nazismo. Poi sono andati a prendere Shiri e Yarden con i loro bambini».
La voce si incrina, esita: «Hanno fatto camminare mia nipote in pigiama scalza con i bambini al seguito, il marito l’hanno portato via in motocicletta.
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Dani Miran non si taglia la barba da quando il figlio Omri, 46 anni, è stato preso dai terroristi nel kibbutz Nahal Oz, a soli 700 metri dalla striscia di Gaza. Camicia aperta sopra una maglietta che dice «Riportiamo a casa Omri», Dani è arrivato qui con l’altra sua figlia Naama: «Ho visto in tv quello che stava succedendo e gli ho telefonato, mi ha detto: “Esco per prendere i coltelli in cucina. Non mi chiamare, serve silenzio”.
Ho riscritto più volte, ma non ho ricevuto risposta. Non volevo piangere, ma mi sono scese le lacrime. Più tardi ho saputo che mio figlio era stato rapito, mentre mia nuora e le bambine stavano bene».
Mentre Dani parla, Naama ha lo sguardo fisso nel vuoto, i capelli raccolti, i grandi occhiali e un maglione a collo alto nero come se fosse inverno.
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«Per noi ogni giorno è ancora il 7 ottobre, sarà sempre il 7 ottobre — dice con la voce rotta —. È difficile pensare che nostro fratello non sia con noi, ci siamo riuniti tutti ma mancava lui, eravamo tre non quattro» scoppia a piangere, gli altri le si avvicinano, la consolano.
In Vaticano Ieri i parenti degli ostaggi rapiti, accompagnati dal ministro degli Esteri Israel Katz, sono stati ricevuti dal Papa.
Un incontro che fa dimenticare le incomprensioni registrate il 22 novembre scorso quando il Pontefice ricevette due delegazioni, una palestinese e una israeliana. E, a detta di chi lo incontrò, si limitò ad auspicare la fine della guerra senza mai nominare Hamas. Questa volta non è andata così. Ce lo racconta Ashley Waxman Bakshi, cugina di Agam Berger, 19 anni, rapita il 7 ottobre dai terroristi: «Il Papa ha definito Hamas il male assoluto: ci ha detto che farà tutto il possibile, sta lavorando con i suoi canali, con i Paesi legati al Vaticano, per far tornare i nostri familiari a casa».
NOA ARGAMANI RAPITA IL 7 OTTOBRE
Capelli biondi, sciolti sulle spalle, Ashley tiene in mano la foto della cugina diffusa dai terroristi: «Guardate: ha il pigiama sporco di sangue, sappiamo che è viva, a novembre ci ha chiamato uno degli ostaggi rilasciati per dirci che stava bene». E poi aggiunge: « Sono nata in Canada, mi hanno detto di tornare a casa e io sono andata a vivere in Israele. E ora? Lo slogan che gridano qui nelle università “dal fiume al mare Palestina libera” vuol dire che mi vogliono morta».
Una maschera Meirav Gilboa-Dalal ha le unghie bianche ben curate, una camicetta a quadretti bianchi e neri che spicca sotto la giacca. Ma l’aspetto elegante è solo una maschera. Il 7 ottobre due dei suoi tre figli erano al Nova Festival. Il più grande, Gal, si è salvato ed è qui accanto a lei.
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L’altro, Guy, 22 anni, è ostaggio a Gaza: «In un video lo abbiamo visto legato in una stanza buia, lo sguardo terrorizzato, la mia casa è rotta, non c’è giorno o notte— dice piangendo —. Il mio figlio magico è uscito di casa per celebrare l’amore e la pace e non è più tornato, sono passati 6 mesi. Per favore, mi rivolgo alle madri come me: aiutatemi». Un grido che tutte noi vorremmo raccogliere.
UNA SOLDATESSA ISRAELIANA IN UNO DEI KIBBUTZ ATTACCATI IL 7 OTTOBRE DA HAMAS terroristi di hamas superano il confine con israele a erez, il 7 ottobre 2023 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 6 NOA ARGAMANI RAPITA IL 7 OTTOBRE il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 4 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 5 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 1 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 3 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 7 il kibbutz di be’eri, assaltato il 7 ottobre da hamas foto di micol flammini 9