ANITA RAJA
Antonio Di Costanzo per “la Repubblica”
«Io la misteriosa Elena Ferrante? Chiunque mi conosce riderebbe davanti a questa notizia. Non sono una scrittrice, ma una docente. Mi definisco una “giudicante analitica” che maltratta e boccia gli studenti perché non sanno dov’è l’India. Sono una persona razionale, in quello che produco non c’è componente artistica».
Il telefono della professoressa Marcella Marmo, ordinaria di storia contemporanea all’università Federico II, non smette di squillare dopo che si è sparsa la notizia che Marco Santagata, finalista all’ultimo premio Strega con Come donna innamorata, la indica — in un articolo pubblicato oggi su La Lettura, supplemento del Corriere della sera — come Elena Ferrante.
Un’ipotesi che ha subito creato scompiglio: non solo a Napoli, ma in tutto l’ambiente letterario. Con secche smentite da parte delle persone più vicine alla scrittrice amatissima in Italia e all’estero. Come Sandra Ozzola, editrice di e/o, che pubblica tutti i suoi libri: «Non è lei, tutto il resto è inutile. Certo è che ogni volta che riappare sulla scena succede qualcosa: ora c’è il Booker Prize in ballo (la Ferrante è candidata nella sezione internazionale del premio, ndr) e guarda caso viene fuori questa storia».
elena ferrante libri 5
Malgrado le smentite, la ricostruzione di Santagata fa comunque discutere. A suo giudizio, infatti, la docente di storia, affascinante signora alla soglia dei settant’anni che vive al Vomero, nella zona collinare di Napoli, moglie di Guido Sacerdoti, medico- pittore, nipote di Carlo Levi, è proprio la scrittrice:
«È una cosa talmente assurda che mi ha divertito e anche un po’ inquietato — risponde la docente, studiosa della camorra e del proletariato industriale a Napoli a fine ‘800 — tra l’altro per avvalorare questa folle tesi il giornale ha utilizzato una mia foto che mandai al direttore del dipartimento: la scattò mio figlio in giardino, gli altri colleghi, invece, inviarono foto circondati da studenti e libri».
Alla base della ricostruzione di Santagata: dettagli topografici, sottigliezze linguistiche, errori e lapsus dei romanzi e il fatto che chi si cela dietro lo pseudonimo ha sicuramente frequentato la Normale di Pisa. «In effetti fui studentessa a Pisa dal 1964 al 1966 — spiega Marmo — ma non mi sono laureata lì. Lasciai dopo essere stata bocciata da Armando Saitta a un esame. Risposi a ogni domanda, ma sbagliai l’anno di fondazione del Partito Popolare.
MARCELLA MARMO
E comunque non ero l’unica napoletana a studiare lì in quegli anni». La vicenda è «surreale» come la definisce la stessa Marmo: «Sono un’analitica e anche se vado al teatro o al cinema devo conoscere prima la trama. La mia è una scrittura poco fantasiosa, sono più brillante e generosa nell’insegnamento ». Della Ferrante, ha letto solo il primo volume della saga
L’Amica geniale: «Me lo sono fatto prestare. Non compro romanzi che non avrei il tempo di leggere avendo ancora molto lavoro da fare e la casa è già piena di libri».
Tra le sue ricerche storiografiche c’è anche una ricostruzione del processo Cuocolo, una sorta di primo maxiprocesso alla camorra, basato soprattutto su indizi: «Con una modalità analoga, mi hanno ora associato alla Ferrante. Sono moderatamente favorevole al paradigma indiziario, ma come storica devo comunque fare i conti con la componente scientifica. La letteratura invece è creatività libera».
La Marmo ha frequentato artisti e pittori, parenti del marito: «Mi ricordo un’estate ad Alassio, tutti si dedicavano a un’arte. Mia suocera mi chiese: “E tu?” Le risposi: “Posso fare una frittata”. La mia creatività la metto molto nella cucina, talvolta nella ricerca storica, spesso nella didattica».
ANITA RAJA
2. I MILLE VOLTI (PRESUNTI) DI UN MISTERO
Uno, nessuno e centomila. Il vero volto di Elena Ferrante è un mistero pirandelliano, anche se in salsa napoletana: la fermezza della scrittrice nel tenere nascosto il suo nome scatena da sempre una caccia all’identità, che nel corso degli anni ha coinvolto una serie di personaggi più o meno noti, sia maschili che femminili. Una galleria composita, per un puzzle anagrafico- letterario mai davvero risolto. Con un’ultima faccia, quella di Marcella Marmo, che oggi si aggiunge agli altri ritratti.
In principio, all’epoca del primo exploit dell’autrice sconosciuta, l’indiziata numero uno fu Fabrizia Ramondino, scrittrice napoletana scomparsa nel 2008. Oltre a tanti romanzi, scrisse Morte di un matematico napoletano con Mario Martone: anche lui finito tra i soliti sospetti, forse per aver portato al cinema L’amore molesto. E non è l’unico uomo. Visto che lo stesso destino è toccato, ad esempio, a Goffredo Fofi.
ANITA RAJA
Che poi, per difendersi, ha puntato l’indice su quella che è e resta l’ipotesi più insistente: Anita Raja, editor e traduttrice per la e/o che pubblica la Ferrante, nonché moglie di Domenico Starnone. Restando nella casa editrice, si è sospettato negli anni anche di Sandra Ozzola, titolare insieme al marito Sandro Ferri, e della sorella di lui, Linda, sceneggiatrice della Stanza del figlio di Nanni Moretti.
Ma è la Raja il nome più citato. Alcuni, come Roberto D’Agostino sul suo Dagospia, ne hanno fatto un cavallo di battaglia. Altri invece scommettono da sempre sul marito, per le analogie tra personaggi e situazioni dei suoi romanzi e quelli dell’autrice dell’Amica geniale.
Domenico Starnone
Starnone nega: «Non sono lei, ma me lo chiederanno fino alla morte», risponde ogni volta, tra il rassegnato e lo stizzito. Quanto alla scrittrice senza nome, in un’intervista via email a Repubblica del dicembre 2014 ha chiarito bene il suo punto di vista: «Come insegna Shakespeare contano le opere, non i volti».
RAJA
(Claudia Morgoglione)