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    LA "RIPRESA" SULLA PELLE DEI LAVORATORI - DA GENNAIO ASSUNTI 200 MILA PRECARI, CON PAGHE DA FAME, CHE VERRANNO SCARICATI ALLA PRIMA DIFFICOLTA' - SE PENSATE CHE SIA UNA MISURA DOVUTA ALLA PANDEMIA, SBAGLIATE: L'ISTAT CERTIFICA CHE ANCHE IN TEMPI DI CICLO ECONOMICO FAVOREVOLE, LE AZIENDE ESASPERANO LA FLESSIBILITÀ E LA ROTAZIONE DEGLI ADDETTI PER ABBATTERE I COSTI - IL LAVORO PART-TIME RIGUARDA ORMAI 3,5 MILIONI DI PERSONE E IL 65% DI QUESTI CONTRATTI PART-TIME ERA INVOLONTARIO, NON SCELTO DAI DIPENDENTI MA IMPOSTO DALLE AZIENDE


     
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    Estratto dell'articolo di Valentina Conte per "la Repubblica"

     

    precario precario

    […] Ricominciano a crescere i contratti a termine, falcidiati dalla pandemia. Lo fanno con forza: quasi 200 mila da gennaio. E c'era da aspettarselo. Perché in Italia la vera politica attiva, l'unico ammortizzatore che funziona, è il contrattino: si caricano i disoccupati e li si scarica alla velocità della luce quando si mette male o cambiano gli incentivi. Si ripete ad ogni crisi […]. Ma cosa succede quando la precarietà diventa endemica? Quando la ripresa di un Paese si lega a posti incerti, poche ore, paghe basse, vita precaria e pensioni inevitabilmente da fame? In vent' anni i contratti a termine sono esplosi da 2 a 3 milioni.

     

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    Mentre la percentuale di quelli stabili crollava di quattro punti loro li guadagnavano. Sprofondati per il Covid a 2,6 milioni, ora già sono a 2,8 non lontani dal record del 2019. La cavalcata degli anni Duemila ci racconta però anche un' altra esplosione incontrollata: quella del part-time, trasversale a tutti i contratti; anche quelli mitici a tempo indeterminato.

     

    Ebbene nel 2000 lavoravano a tempo parziale un milione e mezzo di lavoratori, dopo vent' anni siamo a 3 milioni e mezzo. In termini di quote siamo passati dal 10% al 30%: quasi un terzo dei lavoratori dipendenti italiani è a part-time, con picchi del 60% in sanità, scuola, alloggi, ristorazione, 38% nel commercio.

     

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    L'Istat ci dice che a fine 2020 il 65% di questo era part-time involontario. Non scelto, non voluto per stare sul divano. Ma imposto dalle imprese che preferiscono massimizzare flessibilità e rotazione degli addetti. Lo fanno quando c' è incertezza come ora sul rimbalzo post-Covid. Ma lo fanno anche quando la ripresa si consolida. […]

     

    […] Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio (Cgil). «[…] rischiamo di ripetere il 2008, una ripresa precaria con salari bassi e part-time forzato». […] Nemmeno il decreto Dignità, cavallo di battaglia dei Cinque Stelle, pur riscrivendo il decreto Poletti, ha invertito quel trend, se nel 2018 e 2019 registriamo il record storico dei contratti a tempo: 3 milioni. Come mai? Le aziende scappano dai vincoli, alzano il ritmo del turnover: fuori uno e dentro un altro. Accadde pure con i voucher: prima il boom, poi l'abolizione e l'esplosione di altri contrattini. […]

    PRECARIETA' PRECARIETA'

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