Luigi Mascheroni per “il Giornale”
bruno munari kasa milano
Ne ha disegnate così tante, così diverse, così a lungo, per così tanti editori, e per così tante collane, che non sempre è possibile capire quali siano esattamente le copertine di Bruno Munari (1907-98). Il quale, peraltro, in tempi in cui l'editoria era ancora più artigianato che industria, non sempre firmava i suoi lavori.
E così, dare la caccia ai libri letteralmente costruiti da Munari - a inizio carriera arrivava nelle redazioni con una cartelletta piena di fogli, cartoncini colorati, ritagli... - è davvero difficile. Chi ci è andato più vicino nel raccogliere tutte le copertine del grande artista-grafico-designer milanese, oltre a Mauro Chiabrando, puntiglioso collezionista di cose di carta, è lo scrittore e bibliofilo Andrea Kerbaker, fondatore della «Kasa dei Libri» a Milano, dove domani si inaugura la mostra Le copertine di Munari, un'esplosione di forme e colori tra libri, dischi e riviste del maestro polymetis, polymechanos, polytropos, Politecnico: uomo dalle molte arti, dalla intelligenza veloce e le sottili astuzie.
Artista dalle grandi idee e ancor più dalle grandi esecuzioni, se c'era una cosa che Bruno Munari sapeva fare, era ingannare l'occhio.
bruno munari 2
Eccoci qui, alla «Kasa dei Libri». E il colpo d'occhio davanti al quale scorre mezza storia dell'editoria e della grafica del Novecento italiano - è stupendo. La prima copertina Munari la disegna nel 1929, quando ha appena 22 anni: è un romanzo per ragazzi di Giuseppe R. Romano, s' intitola Aquilotto implume, lo pubblica la casa editrice Gianbattista Rossi e la figura-chiave, che tornerà spesso nei suoi lavori editoriali, è un aereo.
L'ultima è della metà degli anni Novanta - Munari muore nel '98 - quando ancora traffica con carte, forme e parole e collabora con la casa editrice Corraini di Mantova. E a dire il vero, le sue copertine continuano ancora oggi: alcune collane, come la famosa «Collezione di poesia Einaudi», la bianca, conservano l'impostazione grafica voluta da lui. Forme, fantasia, matite e rivoluzione permanente.
bruno munari copertina
Un intero piano della Kasa-museo, quattro sale, 450 pezzi (la maggior parte acquistati nel tempo, pochissimi i prestiti), un allestimento che nei tavoli e nelle pareti riprende i colori-guida dei vari editori e delle collane, e un'idea - precisa di cosa debba essere la copertina di un libro: un piccolo manifesto che ha lo scopo di comunicare all'osservatore-lettore che proprio in quel libro c'è qualcosa di interessante per lui. E di imperdibile per noi, oggi.
Il percorso è ricco, labirintico e inedito (ci sono state molte mostre su Munari artista, alcune su Munari autore di libri, nessuna su tutto il Munari grafico).
Opere in mostra degne di particolare nota. Le prime copertine per la Rivista illustrata del Popolo d'Italia di fascistissima memoria, con tanto di simbologia esplicita: «Un po' imbarazzanti, ma che fanno comunque parte della sua biografia, anche se qualcuno poi ha cercato di mettere in ombra la cosa», dice Andrea Kerbaker.
le copertine dei libri di munari
Tutte le collaborazioni con Einaudi, editore dove a partire dal '53 la fantasia, la libertà di espressione e l'allegria di Munari si espressero al meglio: Giulio Einaudi gli affidò non solo lo sviluppo grafico delle copertine e le sopraccoperte di molte collane, ma seguì consigli e giudizi sulla parte artistica della maison: ed ecco i lavori per la rivista Il Menabò di Vittorini e Calvino (1956), per la collana «Saggi», per la «Centopagine» di Calvino, per la leggendaria «PBE», la Piccola Biblioteca Einaudi il cui concept grafico del 1960 è modernissimo... fino alla coloratissima «TantiBambini», collana composta da 66 libri che dura dal 1972 al 1976, formato quadrato e incipit della storia nella copertina: vedere così tanti uno accanto all'altro è una cosa rarissima.
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E poi: le 77 caleidoscopiche sovracopertine, una più originale dell'altra, disegnate dal 1960 al 1966 per la collana economica distribuita su abbonamento «Un Libro al Mese» pubblicata dal Club degli Editori (cui facevano capo Mondadori, Einaudi e Bompiani): arte, boom economico e modernità. In particolare i primi dodici titoli, illustrati solo al piatto con un quadrato inclinato di 45° (il quadrato come figura perfetta), sono da collezione.
E ancora: le copertine per le riviste Tempo (di cui Munari ha la direzione artistica dal '38 al '42) e Epoca, ma anche testate internazionali come Interiors o Domus di Gio Ponti; le collane per Rizzoli («Saggi», «Documenti letterari», «Narratori moderni», «Jolly»), la strana (e misconosciuta) collana «Informazione sessuale» mandata in libreria da Bompiani nel 1971-72; i piccoli gioielli d'artista usciti in tiratura limitata per l'amico Giorgio Lucini, tra i quali spicca l'introvabile Alfabeto («fantastico, imprevisto, con le lettere tutte diverse per dimensioni, forma, materia e colore; buttate per aria con allegria», diceva Munari) ideato in occasione dei suoi 80 anni;
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e soprattutto l'intera collana «I satelliti» inventata agli inizi degli anni '70 per Bompiani che rappresenta il più bello scherzo del Munari-designer: nel piatto frontale, bianco, oltre al nome dell'autore e al titolo del libro, c'è un cerchio nero, ossia un pianeta-satellite, nel primo libro della serie (L'uomo come fine di Alberto Moravia), due nel secondo, tre nel terzo, quattro nel quarto...
fino al titolo 49, con 49 cerchi-satelliti, «e non uno di più» perché lo spazio disponibile era esaurito. Qui i 49 satelliti - l'intera collana come un universo - sono tutti appesi al soffitto e pendono sopra la nostra testa. Alzando la quale si tributa a Bruno Munari - l'uomo dei libri impossibili - il vero sentimento che ha sempre saputo strapparci. Stupore.
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