Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
olaf scholz volodymir zelensky
Da oltre un mese, la Germania sta bloccando il pacchetto da 9 miliardi di euro di aiuti che dovrebbe rappresentare la principale forma di sostegno dell'Unione europea all'Ucraina.
La situazione di stallo, confermata da vari protagonisti sia a Kiev che a Bruxelles, potrebbe essere una delle ragioni - oltre alle polemiche sulla sua difesa del leader nazista ucraino Bandera - che hanno spinto ieri Volodymyr Zelensky a rimuovere improvvisamente e piuttosto brutalmente il suo ambasciatore a Berlino Andriy Melnyk.
MACRON - DRAGHI - SCHOLZ A KIEV
C'è però un ulteriore motivo dietro il nervosismo di queste ore del presidente ucraino: il sospetto che il governo di Berlino si prepari a violare di fatto alcune sanzioni contro Mosca pur di recuperare le forniture di gas russo attraverso le condutture di Nord Stream.
Entrambe le questioni agitano da giorni il governo ucraino e i rapporti con Bruxelles, senza che sia ancora in vista una soluzione. L'opposizione tedesca al pacchetto di aiuti sembra slegata dalla crisi del gas, dunque probabilmente non riflette un tentativo di Berlino di blandire Mosca proprio mentre il Cremlino manovra per tagliare le forniture di energia all'Europa. Eppure gli ostacoli posti da Berlino ai prestiti per l'Ucraina restano formidabili.
OLAF SCHOLZ - EMMANUEL MACRON - VOLODYMYR ZELENSKY - MARIO DRAGHI
L'idea degli aiuti da 9 miliardi, nata in primavera dalla Commissione, era stata confermata da tutti i leader dell'Unione europea a fine maggio. Il progetto prevede prestiti a Kiev rimborsabili dopo 25 anni e di fatto senza interessi, grazie a fondi che la Commissione stessa raccoglierebbe emettendo sul mercato debito garantito dagli Stati europei.
Ma la Germania, il più grande e più solido dei garanti di quella forma di eurobond, si oppone: dopo aver dato l'assenso al vertice dei leader, ora non ci sta.
ROBERT HABECK OLAF SCHOLZ CHRISTIAN LINDNER
Al ministro delle Finanze di Berlino, il liberale Christian Lindner, non piace che a Bruxelles si ricorra a debito comune europeo nella crisi ucraina dopo averlo fatto durante la pandemia. Per ora il responsabile tedesco ha dato l'assenso solo a una prima tranche da un miliardo, i cui proventi dovrebbero essere versati a Kiev entro luglio. Intanto il tempo passa, Kiev sostiene di aver bisogno di aiuti per 5 miliardi di dollari al mese e si affaccia l'ipotesi che in settembre l'Ucraina faccia default su una scadenza di debito estero da 900 milioni di euro.
Più intricata, se possibile, è poi la questione del gas destinato alla Germania. Il monopolio russo Gazprom ha annunciato un primo taglio delle forniture su Nord Stream del 60%, quindi un secondo fino al 90% ufficialmente fra l'11 e il 21 luglio, offrendo una motivazione tecnica solo in apparenza: il gasdotto nella parte russa funziona a ritmi ridotti perché manca una turbina della Siemens, già mandata a riparare in Germania e mai restituita perché soggetta alle sanzioni.
DRAGHI - ZELENSKY - MACRON - SCHOLZ
Dunque, secondo Mosca, la Germania resta a corto di gas perché applica le misure europee contro la Russia. Del resto il blocco dei pezzi tecnologici e industriali di ricambio è considerato l'arma più efficace in mano all'Europa per indebolire la Russia e il suo regime. Intanto Siemens aveva spedito la turbina di Gazprom ad aggiustare in Canada, che in effetti la tratteneva proprio in applicazione delle sanzioni. Due giorni fa è arrivata la svolta che manda Zelensky su tutte le furie: il ministro dell'Economia Robert Habeck, leader dei Verdi, ha chiesto e ottenuto la restituzione della turbina dal Canada alla Germania dando chiari segni di volerla rispedire in Russia.
volodymyr zelensky a kharkiv 5
«Se per il Canada c'è un problema legale, chiedo che la turbina sia spedita non in Russia ma a noi. Siamo costretti a chiederlo con il cuore pesante - ha detto Habeck -. Abbiamo bisogno delle capacità di Nord Stream per riempire gli stoccaggi di gas». E se questo non è preparare il terreno a una violazione delle sanzioni, con Berlino tentata di piegarsi al ricatto di Mosca sull'energia, allora ci somiglia molto da vicino.
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