Storia pettegola d Italia
Massimiliano Panarari per “il Venerdì - la Repubblica”
SVETONIO
Anche se a prima vista può non sembrare, il gossip sa essere una cosa (tremendamente) seria. A tal punto che le vicende del nostro Paese – in materia secondo a nessuno – possono venire rilette con l’andamento di una Storia pettegola d’Italia (Newton Compton, pp. 334, euro 9,90), libro appena uscito della storica e studiosa di genere Cinzia Giorgio che ripercorre il fenomeno dal mondo antico a quello odierno e postmoderno, dove le chiacchiere si rincorrono sulla rete e viaggiano via social.
A dirla tutta, avanziamo più di un dubbio riguardo il fatto che, come recita il sottotitolo del volume, «in ogni diceria si nasconde un fondo di verità», ma, di sicuro, rumors e boatos hanno svolto un ruolo tutt’altro che secondario sin dai tempi dei fescennini (i canti popolari dei latini). La romanità produsse un classico del pettegolezzo (soprattutto a sfondo sessuale) sotto la forma delle monumentali Vite dei Cesari di Svetonio.
vincino 15 anni dagospia
E il nostro Rinascimento, complice l’invenzione della stampa, rappresentò una vetta mondiale per voci di corridoio, segreti spifferati e maldicenze, considerata pure la propensione dell’epoca per la congiura. La forza irresistibile del gossip sta nella sua natura trasversale (rispetto a periodi, classi sociali, età anagrafiche e generi), che lo rende uno strumento di esercizio del potere biopolitico, come avrebbe detto il filosofo Michel Foucault. Chi sa (cose sugli altri), ha influenza (su di loro), e per lo più in modi discutibili.
La diceria ha impattato fortemente col mondo dell’economia e della finanza (che alle voci è strutturalmente sensibile): come nel caso del famigerato scandalo fine secolo della Banca Romana (con un buco occultato di 20 milioni di lire), che condusse, tra arresti e un delitto, alle dimissioni dell’allora presidente del Consiglio Giovanni Giolitti per coprire – si diceva… – il re Umberto I e i suoi debiti con l’istituto. Le voci si intrecciano da sempre con la politica, e ce lo ricorda il florilegio di sospetti sul disastro aereo nel quale perì il presidente, e dominus, dell’Eni Enrico Mattei.
GOSSIP
«Il pettegolezzo è la nuova pornografia» fa dire Woody Allen a uno dei suoi personaggi in Manhattan, ma può pure rivelarsi virtuoso, come mostra la storia dei Monuments Men (rispolverata da un film di George Clooney), il manipolo di militari ed esperti a cui gli Alleati affidarono la delicata missione di salvare le opere d’arte dai saccheggi dei nazisti e dalla furia della guerra a colpi di «soffiate» (e con cui collaborarono fior di italiani, da mons. Giovanni Battista Montini – in seguito papa Paolo VI – a Pasquale Rotondi e Giulio Carlo Argan).
Senza pettegolezzi succulenti, naturalmente, avrebbe avuto molto meno successo il show business del cinema degli anni 50 e 60, che si dava appuntamento dalle parti di via Veneto. Con il quale iniziarono le fortune di quel vero e proprio impero patinato del gossip che si esprimerà attraverso la galassia delle riviste scandalistiche, e che, tout se tient, in uno dei suoi «sistemi stellari» più importanti avrebbe poi condizionato di nuovo la politica.
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Dal settimanale Chi alla tv di Striscia la notizia (un’esemplare «macchina situazionista» alimentata, giustappunto, dal cacofonico spetteguless), il gossip ha dato un mano possente a forgiare il berlusconismo e la sua egemonia sottoculturale. Mentre oggi, sempre per restare nei dintorni dei giri che contano, pare che la hegeliana «preghiera laica» del mattino abbia trovato un surrogato nostrano nelle sbirciate al sito Dagospia, implacabile (e «sulfureo») diffusore di voci intorno a vari poteri. E a questo punto, quindi, la gossipologia potrebbe anche entrare a pieno titolo nei cultural studies.
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