Adelaide Pierucci per “il Messaggero”
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Colpevole non solo di aver contagiato ventinove partner, ma anche di aver trasmesso il virus ad altre quattro persone, tra cui indirettamente al fidanzato e il bimbo di una sua delle vittime.
Il processo di appello bis non ha riservato sconti, anzi ha portato all'aggravamento della condanna da 22 a 24 anni di carcere per Valentino Talluto, il trentaseienne romano ribattezzato l'untore dell'Hiv. La stessa pena inflitta in primo grado e poi alleggerita nel primo processo di appello. Il caso, unico in Italia, e tra i pochi nel mondo, si avvia così alla conclusione giudiziaria.
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Accogliendo le richieste del pg e delle parti civili, i giudici di Cassazione avevano disposto che venissero rivalutati in un nuovo processo di secondo grado quattro casi di trasmissione del virus. E, ieri, a procedimento bis concluso, in assenza dell'imputato, che per la prima volta ha preferito non presenziare, dall'assoluzione per quei contagi si è passati alla condanna e al complessivo aggravamento della pena.
IL PROCESSO «Ha speculato sui sentimenti. E non ha mai dato segni di pentimento», così, la terza Corte d'Assise di appello, nel dicembre 2018, aveva motivato così la condanna a 22 anni di carcere. L'impianto accusatorio ha retto ancora e su quel perno. Alle accuse di lesioni gravissime nei confronti delle partner contagiate direttamente e di un bimbo di una di loro, si sono aggiunte le altre quattro contestazioni.
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Nessuna novità, invece, sull'imputazione iniziale di epidemia dolosa, caduta già di fronte ai primi giudici. Il mancato riconoscimento del reato, era stato ribadito in appello, è da ricondurre a un vuoto normativo. Niente sconti, niente attenuanti allora. «Talluto - erano state le conclusioni dell'ultima sentenza - non merita le attenuanti così come riconosciuto dal primo giudice, perché pur consapevole della gravità del male e del pericolo che derivava dalla sua condotta ha reiteratamente esposto al rischio di contagio un numero impressionante di ragazze, incurante delle conseguenze, protervo nel mendacio continuo». Per le vittime non si prospettano nemmeno risarcimenti. Valentino Talluto era proprietario di un solo appartamento fuori Roma, venduto per procura dal carcere dopo l'arresto.
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LA VICENDA Un arresto scattato a fine dicembre 2015. Il giovane, diploma da ragioniere e un lavoro come amministratore di condominio, aveva continuato a dar sfogo alla sua bulimia sessuale e a mentire pur sapendo di essere indagato. Convocato mesi prima a piazzale Clodio dalla polizia giudiziaria, su ordine del pm Francesco Scavo, aveva sfornato l'ultima bugia: «Io malato di Aids? Vi sbagliate».
Un'affermazione solo in parte vera. Il giovane infatti era consapevole di essere sieropositivo e quindi in grado di tramettere il virus già dal 2006, anche se la malattia non era degenerata in Aids conclamato. Nel frattempo aveva trascorso anni sulle chat, promettendo a chi amore e a chi solo sesso. Fino a quando un'ex fidanzata, assistita da Irma Conti, non lo ha denunciato. La giovane aveva saputo di aver contratto l'Hiv, ma Talluto l'aveva rassicurata inviandole un test taroccato per allontanare i sospetti. Un falso.
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LE VITTIME «La condanna ci solleva - ha commentato ieri una delle vittime - Preferiva l'amore libero, per aumentare il piacere e l'intimità, diceva. Invece era una trappola. Giocava con noi come nella roulette russa». Talluto, però, si è sempre ritenuto innocente. «Ho voluto bene a tutte. Nessuna volontà di fare del male. Non ho mai sviluppato sintomi», si era difeso un giorno in aula.
Tra i casi più gravi il contagio di un'adolescente di 14 anni, figlia di ex datori di lavoro. A volte capitava che l'accompagnasse a scuola e il giorno che le ha rubato la verginità le ha trasmesso la malattia. Un altro sfregio a una ex fidanzata: le aveva fatto visita perché lei aveva subìto un intervento al cervello. Guarita dal tumore si è ritrovata a fare i conti con l'Hiv.