Federico Ercole per Dagospia
Travis Strikes Again
Ci sono alcuni rari momenti durante i quali vorremmo abbandonare Travis seduto sulla tazza del suo piccolo gabinetto che funge da “save-point”, e spegnere la Switch di Nintendo per il quale questo strambo (più del solito) videogioco nel videogioco è uscito in esclusiva, affinchè egli permanga in quell’intima, in questo caso maleodorante, eternità che accoglie i personaggi numerici quando l’alimentazione viene a mancare.
Accade quando Travis Strikes Again, deriva (ancora più) povera di No More Heroes, diviene d’improvviso, nel mezzo di uno scervellato e colto divertimento, frustrante per probabili errori di programmazione. E’ raro che ciò succeda, tuttavia saltare senza efficacia duecento volte di seguito da una ciambella gigante all’altra sperando infine di rimbalzare correttamente per caso e non abilità potrebbe annoiare i più e allontanarli da un’opera che invece ha molto da offrire, un non-capolavoro del trash tanto intelligente quando sciocco in maniera sublime.
Travis Strikes Again
Ma non è certo al grande pubblico che si rivolge Travis Strikes Again, oggetto videoludico underground di quel maestro della punk-art che è Goichi Suda con il suo team dei Grasshopper Studio, già autore di opere da museo d’arte contemporanea come Killer 7, Contact, Killer is Dead e Lollipop Chainsaw. Quindi andiamo avanti, superiamo i ciambelloni grazie al fato, ed ecco che, sudati e indispettiti, Suda ci premia con spettacolari climax tra non-sense, sperimentalismo, goliardia e persino bellezza. Così quasi pensiamo che l’abbia fatto apposta, che ci abbia messo alla prova, burlandoci.
VIDEOGIOCANDO DENTRO IL VIDEOGIOCO
“I videogiochi sono sostanza ed emozione. L’informatica è nata da un odio per quei due valori. Uno strumento di efficienza e consumo per distruggere l’uomo”. Travis
Travis Strikes Again
Travis è un assassino, con la sua etica da “anime”, che ha scalato i ranghi di una classifica mondiale di killer iperbolici e surreali lottando con una specie di spada-laser. Ma egli, dopo il secondo episodio, si è ritirato nei boschi vivendo solingo con il suo gatto in un camper che contiene tutta la sua oggettistica da “otaku” appassionato di gaming, fumetti e cinema. Arriva d’improviso un imprevisto nemico che lo accusa della morte della figlia e, dopo un delirante segmento cinematico diretto con la classe formale e inconciliata di un Takashi Miike, entrambi finiscono all’interno del mondo digitale reso possibile da una console clandestina.
Si tratta della DDMK II, un “congegno diabolico” creato dall’esercito e poi disperso, in grado di fotocopiare i dati genetici di chi ci gioca per trasformarli in cloni da utilizzare in guerra. Nello stesso tempo è tuttavia una macchina da gioco fenomenale, imprescindibile per un gamer come Travis. Così eccoci a sfrecciare per sette videogiochi diversi in una collezione di generi e luoghi della storia videoludica, incollati insieme da lunghi intermezzi letterari, rigorosamente verdi su nero, nello stile di una visual-novel per DOS/V.
Travis Strikes Again
Giochiamo a sparatutto vettoriali spaziali, gareggeremo con bolidi elettronici dove l’azione sul cambio è fondamentale o ci eserciteremo in fatali puzzle. Malgrado la varietà delle diverse dinamiche ludiche è il genere affetta-tutto detto “hack and slash” a dominare nel gioco, quindi attraversiamo numerosi ampli scenari eliminado nemici più o meno agguerriti con la spada di Travis e ce ne è uno davvero ispirato, dedicato a Shadow of the Damned, altra oscura meraviglia di Suda al quale lavorarono anche Shinji Mikami di Resident Evil e Massimo Guarini, il poeta dell’italiana Ovosonico responsabile di Murasaki Baby e Last Day of June.
Travis Strikes Again
Un cattivo gusto diffuso ma elevato dallo stile punk e ribelle è alternato da una narrazione visiva a tratti straordinaria, stupefacente nell sua dimensione surreale che connette le opere di Lynch alla cultura visonaria nipponica più estrema, Jesus Franco a Go Nagai, Andy Warhol a Shinya Tsukamoto. Possiamo abbigliare lo stiloso Travis con decine di magliette diverse, tra le quali tantissime sono dedicate a capolavori “indie” come Hollow Knight o Hyper Drifter Light. Un gioco da otaku per otaku.
TESORO DALL’UNDERGROUND
Travis Strikes Again
Come già ribadito, Travis Strikes Again non è un gioco per tutti, quasi nessuno dei lavori di Suda d’altronde lo è, come il cinema sommo (e così lontano) di Jonas Mekas, maestro recentemente scomparso e dimenticato da tanti giornalisti e pseudo-cinefili del web. Bisogna ammirare Suda, conoscere le sue opere e il suo linguaggio solo apparentemente volgare e sfacciato che nasconde invece genio e filosofia, per apprezzare Travis Strikes Again e amarlo come merita, così come in quelle storie d’amore appassionate ma complicate dalla follia e dall’impossibilità dell’estremo definitivo.
Travis Strikes Again
Per chi sa andare oltre le categorie tecniche e ludiche cementate da anni di critica che talvolta sembra essersi arenata all’inizio degli anni ’90, Travis No More Heroes può essere anche un’opera d’arte combattiva, un manifesto contro l’usuale.
Travis Strikes Again non è una delle ultime quattro canzoni di Richard Strauss, nemmeno un pezzo dei Led Zeppelin o dei Pink Floyd, ma una una grande canzone dei Ramones da cantare/giocare urlando e innalzando il dito medio contro il sistema.