Davide Cerbone per ''Il Mattino''
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Quali aulici post ci regalerebbe Dante se si iscrivesse a Facebook? Caravaggio pubblicherebbe le proprie opere su Instagram? E quali capolavori di ermetismo dispenserebbe Montale su Twitter? Risposta non c'è, e nemmeno Roberto D'Agostino, nel suo quasi-monologo di un'ora e un quarto, riesce a dissipare il dubbio. In compenso, all'uditorio di Villa Pignatelli, un centinaio tra studenti e addetti ai lavori che affollano la Sala Rosa, il giornalista e scrittore fornisce strumento per azzardare qualche ipotesi.
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Sky Arte ha pensato a lui per raccontare lo «switch» tra l'epoca analogica e quella digitale: «Qualcosa di molto simile a quello che avvenne con Gutenberg, che inventando i caratteri a stampa segnò il passaggio dal Medioevo al Rinascimento. Se il tema è come ripensare l'arte nel mondo digitale, dobbiamo partire da quell'altro passaggio epocale per capire il presente», esordisce D'Agostino, dialogando con il direttore del canale satellitare Roberto Pisoni, che lo ha chiamato a raccontare il rapporto con l'arte al tempo del web.
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«Nel 1400 i libri che gli amanuensi copiavano passavano direttamente all'élite che era al potere, lasciando al buio il popolo. Con Gutenberg, invece, il sapere si è moltiplicato ed è arrivato a tutti. Per questo, a mio avviso, la sua scoperta vale più di quella di Colombo o delle opere di Michelangelo: sapere è potere, dunque anche il potere è arrivato al popolo.
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Ecco perché Sky Arte, con la sua capacità pedagogica, svolge un ruolo importante, di grande stimolatore», afferma D'Agostino, che sul canale 120 di Sky conduce «Dago in the Sky». «Sono i salti tecnologici a segnare i passaggi tra le epoche - continua l'istrionico relatore - Non a caso, i mecenati cercavano i più grandi artisti come Michelangelo o Raffaello: dovevano raccontare la loro identità. Con il passaggio alla fotografia, alla fine dell'Ottocento, il racconto lo fa la foto».
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A proposito di foto: «Nella rivoluzione di Internet il fondamento è il selfie: ognuno cerca la propria faccia, per raccontare non ciò che è, ma ciò che vorrebbe essere - dice il fondatore di Dagospia - Con i social, ciascuno rappresenta se stesso senza intermediazioni, ognuno ha la sua identità. Anche se, certo, la vita sempre connessi è una vita durissima, che ci crea affanni e insicurezze. Ecco: per vivere bene dovete trasformare la vostra ansia in curiosità», si raccomanda il critico di costume.
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E conclude: «Poiché l'arte è l'arrivo del nuovo nel vecchio, la sfida oggi è portare la tecnologia nell'arte. Per farlo, serve creatività, dote finita in soffitta: ormai ricicliamo tutto, non creiamo niente di veramente nuovo».
Mentre D'Agostino termina il suo discorso, nella splendida Veranda con vista sui giardini della Villa va in scena una puntata live di «Muse Inquietanti», il programma condotto da Carlo Lucarelli. Con il pubblico napoletano, lo scrittore indaga tra le pieghe dell'avventurosa vita del grande trombettista Chet Baker.
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Non solo: in una sorta di lezione partecipata, coinvolge gli ascoltatori nel processo creativo che porta alla scrittura di un programma televisivo. «È stata una riflessione a voce alta su come nascono le puntate - spiega - Ho preso tutto quello che c'è attorno a Chet Baker, dalla musica alla droga, dal mistero della sua morte al rapporto con la sua musica e con quella metà oscura che gli permetteva di essere un musicista straordinario. Abbiamo provato a raccogliere tutte queste suggestioni e a metterle in ordine in un'opera di costruzione collettiva».
2. IL FESTIVAL DI SKY ARTE
Davide Cerbone per ''Il Mattino''
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Il lungomare come una galleria a cielo aperto. Una rassegna di volti e di espressioni, di sguardi e sorrisi. Ritratto di popolo in orizzontale, in una rappresentazione che, da piazza Vittoria a Borgo Marinari, invade via Partenope per tutta la sua larghezza, occupando anche l'ampio marciapiede che costeggia la scogliera. Una camminata lunga 3100 scatti, tutti in bianco e nero, nella quale incontri giovani e giovanissimi, uomini e donne di mezza età, ma anche stranieri.
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Tutti, comunque, residenti a Napoli. A cominciare dal primo cittadino Luigi de Magistris (che passa ad ammirare il lungomare «occupato» intorno alle 9,30) e dagli assessori Calabrese e Palmieri: anche loro ci hanno voluto mettere la faccia.
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È l'installazione dell'enigmatico artista di strada parigino Jr, vincitore del famoso Ted Prize e noto in tutto il mondo per le sue opere a forte impatto pubblico. Il suo progetto «Inside out», centrato sulla potenza dell'immagine e sul ruolo che l'arte può avere nella trasformazione della realtà (dal 2011 ad oggi, più di 130 mila persone da oltre 100 paesi hanno inviato le loro foto), ha coinvolto a Napoli una cinquantina di persone tra realizzazione e organizzazione, per un'azione di gruppo in linea con il tema del Festival di Sky Arte: la rigenerazione. Una rinascita che più partecipata non si potrebbe: la scia, lunga cinquecento metri e larga nove, è un puzzle di primi piani dall'effetto scenico evocativo.
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A tappezzare questa striscia di asfalto trovi tutte le facce di Napoli, o quasi: quella dell'associazionismo e dello sport, della scuola e della cultura, dei movimenti e della società civile. Tutte disposte qui, occhi rivolti al cielo che si fa minaccioso: i manifesti dovrebbero restare a terra per una decina di giorni, ma la pioggia e il caplestio della movida cominciano da subito a rovinare la festa. «Nel 2012 una cosa del genere era stata già fatta in venti comuni italiani, ma ogni installazione arrivava a non più di cinquecento ritratti.
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Questa è di gran lunga la più grande che sia stata fatta in Italia da Jr», spiega Agnese Da Col, group leader di Arts For, l'agenzia milanese che cura le attività dell'artista in Italia (al progetto domenica 14 maggio Sky Arte HD dedicherà in prima visione e in esclusiva il film «Jr - Inside Out»). «Siamo qui da giovedì, ma fino al 20 aprile per tre settimane eravamo stati in giro per la città a scattare. Per un mese abbiamo cercato tra associazioni, movimenti, società sportive, e non solo. Ed ecco il risultato», spiega.
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Sono le 11, e i ragazzi del collettivo «Inside Out» stanno ancora appiccicando a terra i grandi poster. «Abbiamo cominciato stanotte alle tre, finiremo verso le tredici», racconta Stefano Carparelli, strategic manager dell'evento. Dieci ore per incollare tremila e più facce che alla fine diventano una sola. Sono in tanti a fermarsi per incrociare gli sguardi rappresentati dai fotografi che hanno lavorato al progetto.
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Tra questi, anche Mario Spada, noto fotoreporter che qui è anche immortalato. Chi passeggia o fa jogging guardando il Vesuvio cerca di scansare il percorso dell'arte visiva tracciato da Jr. Qualcuno, però, non riesce ad evitare una caduta. Una signora di mezza età è appena scivolata sulla colla fresca, mentre davanti a lei un ciclista coi capelli brizzolati, la tuta azzurra e gli occhiali da sole, mantiene a stento l'equilibrio e impreca urbi et orbi.
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Insidie a parte, però, il clima è di festa. «In questa fotografia sto proprio male», si rammarica dopo aver appiccicato sull'asfalto il sei per tre che la ritrae Sara Cotronei, 27 anni vissuti a Fuorigrotta e un lavoro da baby sitter per arrangiare. «In compenso - ammette con un sorriso - mi sono divertita». Con lei ci sono le amiche Marcella e Roberta. «Ho accettato perché mi sembra un bel modo per sottolineare l'appartenenza e la voglia di partecipare», risponde Roberta Salzano, che ha trent'anni, fa la psicologa e collabora con l'Asd Free Climbing Napoli.
«È bello, anche se non capisco che senso ha questa cosa», confessa un pizzaiolo ad un amico mentre scruta la distesa di facce. Il senso prova a spiegarlo la coreografa Letizia Improta, che non è qui di passaggio. «Sono una fan di Jr: molti di quelli che passano e magari calpestano l'opera non lo sanno, ma è una star di livello mondiale», assicura mentre mostra una foto con il libro JR: Can art change the world?.
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Una speranza inscritta in un punto interrogativo che oggi rimbalza anche davanti al Vesuvio. Può l'arte cambiare Napoli? «I ventenni di oggi sono molto interessati alla cultura - osserva Improta - Se la cultura civilizza, c'è da essere ottimisti»