DAGOELEZIONI
gianni letta silvio berlusconi
Gianni Letta, un bel po’ di anni fa, impiegò parecchio tempo per capire quella formula che Berlusconi gli bisbigliò. Era milanese stretto e per un abruzzese trapiantato nella Capitale era una lingua sconosciuta. “Ofelè fa el to meste”, con gli anni, è diventato una specie di mantra alla corte berlusconiana. La traduzione grossolana del proverbio vuol dire che ognuno deve fare il proprio mestiere. E quello di Letta non è mai stato quello di compilare le liste elettorali.
gianni letta e luca lotti
Per queste ragioni, sua Eminenza Azzurrina è stato tenuto all’oscuro dei vari giochi di potere consumati all’ombra delle candidature. Anche perché, i suggerimenti di Gianni in passato non hanno brillato per “fedeltà al Capo”, come richiede la Corte del Cav. Ad esempio. Franco Carraro e Bernabò Bocca (troppo filo renziano) hanno sempre avuto un’eccessiva autonomia di pensiero (questo il rimprovero).
letta mattarella
Così, Gianni è rimasto in panchina per le liste. Al Cav “allenatore” la sua professionalità tornerà utile più tardi, quando si tratterà di negoziare la nuova maggioranza e si tratterà di fare la spola con il Quirinale ed il Giglio Magico.
bossi salvini maroni
Soprattutto se dovesse realmente materializzarsi la spaccatura della Lega. Salvini è sempre più irrequieto: sa che la mossa di Maroni potrebbe portare l’ala governativa dei lumbard ad abbracciare un’ipotesi di governo delle larghe intese con la promessa di qualche posto. Non si fida più un granchè nemmeno di Giancarlo Giorgetti che non lo seguirebbe in una soluzione pro-5 Stelle. Ed è per gestire momenti del genere che serve Gianni Letta…