Federico Ercole per Dagospia
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Sono trascorsi quattordici anni dall’ultima avventura del principe persiano inventato nel 1989 da Jordan Mechner per il suo avveniristico, ancora oggi una fondamentale lezione di game design e di pensiero ludico, Prince of Persia. Non è tuttavia un principe il protagonista di Prince of Persia The Lost Crown, sebbene il principe ci sia ma questa volta è un po’ come Zelda delle leggende di Nintendo, sta nel titolo ed è importantissimo nel videogame ma qui non si “gioca”.
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Sviluppato da Ubisoft Montepellier che è il ramo più sperimentale e meno prevedibile della casa di Assassin’s Creed o Far Cry - responsabile negli anni di cose di valore e coraggiose come Rayman, Beyond Good & Evil, King Kong o Valiant Hearts- Prince of Persia The Lost Crown si inserisce nel mai troppo abusato filone dei “metroidvania”, quindi un gioco in due dimensioni a scorrimento verticale e orizzontale dalla progressione non lineare ma resa possibile da eventuali potenziamenti in grado di permettere l’accesso a nuove aree.
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E se i “metroidvania”, salvo rare eccezione, sono quasi sempre derivativi (ad esempio il recente e bellissimo The Last Faith) come d’altronde vuole lo scomodo e dissonante nome che lo classifica fondendo in un neologismo Metroid e Castlevania, questo novello Prince of Persia introduce idee affascinanti che forse saranno seminali, oltre a nuove e suggestive tipologie di poteri davvero originali e funzionali. Lodevole è inoltre la possibilità di giocare quest’avventura orientale, magica e misteriosa con il doppiaggio in “Farsi” (sottotitolato in italiano), una lingua indoeuropea che fa parte dell’insieme linguistico del persiano.
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Si può giocare anche in inglese o francese ma come intuì Mel Gibson nel suo Passion in aramaico, latino ed ebraico, risulta strano ascoltare in “americano” la storia degli ultimi giorni di Gesù; e così vale per un gioco ambientato in una Persia leggendaria. Chissà quanto sarebbe stato coinvolgente ascoltare Kratos di God of War esprimersi in greco antico... Esempi da seguire sempre.
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NEL CORSO DEI TEMPI
Niente principe dunque, siamo quindi un giovane guerriero chiamato Sargon, membro di un gruppo selezionato di super-guerrieri detti gli Immortali . Durante le celebrazioni di una vittoria il principe Ghassan viene rapito e ci tocca viaggiare fino al Monte Quaf dove il tempo è soggetto a continue anomalie, le selve sono alterate da presenze aliene e le architetture rese letali da diabolici trabocchetti.
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Cominciamo ad esplorare ambienti dal disegno labirintico e grandioso mentre eliminiamo, con le doppie spade del protagonista, nemici più o meno minacciosi, umani e non umani, in una progressione che non stanca ma gratifica grazie ad un sistema di combattimento valido, vario e stratificato nelle sue possibilità offensive e difensive. E nel frattempo ci si imbatte in enigmi ambientali complessi, dalla risoluzione appagante, e acquistiamo poteri utili e nuovi come quelli che permettono di lasciare nello spazio un clone effimero, di alterare le ambientazioni, di assorbire nemici per poi rilasciarne il poter, di orientare la traiettoria di un chakram...
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Si attraversano templi solenni e distorti, foreste contorte dal fogliame scarlatto, catacombe rischiarate dallo spirito vago di una fiammetta, desolati porti, archivi invasi da tomi polverosi, deserti spinosi dove si muovono insetti abnormi mentre l’idea del viaggio si amplifica come quella dell’impresa, supportata da una narrazione che non esclude interessanti colpi di scena e da una difficoltà crescente ma non frustrante, perché Prince of Persia è un videogame che può adattarsi alla volontà ludica e all’abilità di ogni giocatore.
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UN GIOCO PER TUTTI
Prince of Persia The Lost Crown può essere difficile, difficilissimo o semplice e semplicissimo, sia per quanto riguarda l’enigmistica che ciò che concerne i combattimenti e le fasi di “platform”. Si tratta di un capolavoro d’accessibilità che può punire chi lo desidera e metterlo in crisi così come lusingare il giocatore. Nell’illusorio caos del “metroidvania” risulta assai utile la possibilità di “fotografare” parti dello scenario non accessibili o tesori ancora impossibili da raccogliere per non dimenticare la loro qualità e posizione.
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Prince of Persia The Lost Crown, di una Ubisoft che produce opere milionarie, è un esempio virtuoso per un’industria dei videogiochi in crisi che non può più sostenere spese clamorose che vanno oltre i budget di colossal hollywoodiani e richiedono anni di sviluppo e sacrifici di lavoratori. Cose più piccole ma più che valide prodotte e distribuite anche da potenti come Ubisoft, opere sostenibili e comunque assai valide.
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Questo nuovo Prince of Persia, per Switch Nintendo, Playstation, Xbox e PC, è una squisita sorpresa, la prima del 2024, un gioco in cui non era facile credere, anzi, ma che stupisce per la sua ricchezza e fantasia, per la passione e la cura con la quale sembra essere stato programmato, per il rispetto verso il suo pubblico qualsiasi esso sia. Da non perdere, senza indulgere nella nostalgia degli antichi episodi, per vivere una grande avventura che di bidimensionale ha solo la forma, perché va oltre lo spazio ed il tempo, non solo durante il suo svolgimento, diventando così un nuovo classico.
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