Federico Ercole per Dagospia
MANEATER
Disse il biologo marino Matt Hooper, mentre un grande squalo bianco si cibava dei turisti e dei cittadini di Amity, che quell’esemplare era da considerare “una macchina perfetta, una macchina divoratrice di uomini, un vero miracolo dell’evoluzione che non fa altro che mangiare, nuotare e produrre piccoli squali”.
Ecco dunque che in Maneater, appunto divoratore di uomini, anche il giocatore non fa altro che nutrirsi e nuotare. Durante l’introduzione si produce anche un piccolo squalo che sarà poi il vero protagonista di questo videogame per PlayStation 4, XBox One e PC, ma ci verrà strappato dal ventre di pesce morente mentre pendiamo dal gancio della barca di un cattivissimo pescatore “cajun”.
MANEATER
Ecco che dopo questo semi-tragico preludio, che mette in moto una curiosa storia di vendetta ittica, cominciamo dunque a nuotare e nutrirci nel corpo longilineo del piccolo squalo orfano, un charcharinus leucas, ovvero uno squalo leuca in italiano ma chiamato in inglese “bull shark”, traducibile come squalo toro, appellativo che nella nostra lingua indica un’altra specie, ovvero il charcharias taurus. Si può creare confusione, tra questi due pesci, ma qui si tratta proprio di un charcarinus leucas, considerata una delle specie più pericolose per l’uomo e inoltre in grado di sopportare anche l’acqua dolce di estuari e paludi costiere.
MANEATER
Fatte le doverose precisazioni zoologiche, torniamo dunque a tuffarci nelle acque di un immaginario sud-est degli Stati Uniti in stile Louisiana, ma attenzione fatelo solo se davvero siete appassionati di squali, di quelli che hanno visto innumerevoli volte il film di Spielberg ma non disprezzano neppure la serie Sharknado. In quest’ultimo caso Maneater potrebbe davvero dilettarvi, altrimenti, dopo poche decine di minuti, rischiereste di assopirvi dalla noia al suono conciliante del liquido marittimo. Maneater è un gioco originale, qualche volta persino sorprendente, ma non per tutti.
LA SPASSOSA MONOTONIA DELL’ESSERE PESCE
Maneater è assimilabile al genere del gioco di ruolo d’azione, quindi mentre nuotiamo e divoriamo possiamo migliorare le nostre statistiche per trasformare il cucciolo di squalo in bestione, poi in mostruosità mutante e infine in un gargantuesco megalodonte. Divoriamo dunque i pesci piccoli, sguazzando per le acque di una palude, ci ingozziamo di decine di esemplari di pesci gatto e tartarughe finché non possiamo nutrirci dei più pericolosi lucci.
MANEATER
Crescendo ecco che ci buttiamo ad azzannare i prima letali alligatori e così via: altri squali, orche assassine, capodogli. Ovviamente ci mangeremo anche gli uomini ma è un’attività pericolosa perché richiama l’attenzione dei cacciatori di squali, quindi conviene azzannare gli umani con discrezione.
In Maneater ci sono tantissime specie diverse di pesci e altri animali marini, uno degli pregi del gioco, e c’è anche un minimo approfondimento sulla loro natura. Tuttavia, e questa è una nota dolente, la narrazione del gioco è affidata alle parole ispirate alla retorica di un “reality show” tipo quelli trasmessi da DMAX sui pescatori e i pesci assassini. Purtroppo il tono esasperato di questo tipo di racconto penalizza quella che avrebbe potuto essere una disumana poesia sottomarina. Sarebbe stato preferibile il silenzio illusorio delle acque, oppure una sobria voce narrante da documentario BBC per illustrarci con passione naturalistica le meraviglie del pianeta sommerso.
MANEATER
SOGNI (E INCUBI) LIQUIDI
Ci sono aree acquatiche diverse e varie, anche se molte destano una strana claustrofobia, costringendoci a nuotare in spazi ristretti come dedali scogliosi, foreste di alghe, condotti e caverne labirintiche. L’estasi del grande blu oceanico si prova raramente e sono pochi i livelli ambientati in mare aperto. Tuttavia Maneater offre panorami in grado di affascinare, talvolta addirittura da ammirare per la loro caotica bellezza: ruderi di luna park affondati dalle alluvioni, imponenti foreste di alghe, geometrie multicolori di coralli, legni e metalli squarciati di relitti.
Maneater è un gioco di serie Z, ma non necessariamente un brutto videogame, e sebbene possa esasperare con la sua ripetitività non risulta frustrante ma rilassante, un impossibile tuffo in acqua che si rivela un’avventura bizzarra anche se purtroppo mal riuscita proprio laddove avrebbe dovuto eccellere restituendo al giocatore un’illusione di pura bestialità che qui invece è stravolta, mediata dall’intervento continuo dell’uomo nella sua più sgraziata dialettica televisiva.
MANEATER
È prevedibile che tra poche settimane troviate questa avventura subacquea a prezzi irrisori e che l’innegabile fascino della sua superficie carnivora vi induca a provarla. Chissà che allora non possiate scoprire che in questo videogame storto ma brillante c’è qualcosa che con un sentimento irrazionale ma innegabile vi induce al piacere. E potreste quindi amare Maneater, perché non si ama solo l’eccellenza.