Federico Ercole per Dagospia
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Mentre risulta sempre più catastrofico per i lavoratori, l’industria e persino per i giocatori, un sistema produttivo fondato su troppo sporadici colossal miliardari che richiedono anni di sviluppo, ecco giungere su una Playstation 5 che necessita di un parco giochi più ampio, diversificato e soprattutto giapponese, un videogioco realizzato in tempi non iperbolici e con uno sforzo economico non eccessivo. Si tratta di Rise of the Ronin, un’esclusiva PS5 che la comunità sempre insoddisfatta, antipatica, spesso incompetente e arrogante dei “veri gamer” sta già etichettando come prodotto vecchio e sbrigativo, lamentando soprattutto una grafica non al passo con i tempi.
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Peccato, perché c’è bisogno di videogame come questo, di cose senza dubbio buone senza essere capolavori, opere più che dilettevoli che ampliano e diversificano l’offerta, sebbene si rifacciano a canoni forse abusati ma non per questo riciclati con pigrizia e cattivo gusto, in questo caso quelli dell’ “open world”, un mondo da esplorare con una relativa libertà alle cui regole e dinamiche il Team Ninja (maestri giapponesi di uno “sword & sorcery” complesso e talvolta eccelso come nei due Nioh) non hanno saputo applicare la stessa sapienza e rigore dimostrate in altri ambiti creativi.
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Tuttavia non temiate, l’esplorazione di Rise of the Ronin, sebbene non sia una fonte di meraviglia panoramica se non in rarissimi momenti, è assai più interessante e gratificante, funzionale al gioco, che in tanti “open world” più blasonati e belli da vedere, soprattutto quelli di Ubisoft e dei loro ultimi Assassin’s Creed. Questo perché malgrado le ambientazioni talvolta suggestive, anche se sembrano provenire dalla precedente generazione Playstation (Ghost of Tsushima sulla quarta console di Sony stupiva lo sguardo assai più dell’opera di Team Ninja sulla quinta, ma quanto sarà costato di più?)
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Rise of the Ronin vanta un sistema di combattimento davvero eccezionale, appagante e vario oltre che una trama narrativa talvolta persino emozionante, che affascina grazie al suo tappeto storico. Insomma, se amate il Giappone più o meno antico, vi state crogiolando in Shogun o avete visto tutto lo straordinario Kenshin, e preferite una giocabilità che esalta alla grafica strabiliante, Rise of the Ronin potrebbe dilettarvi per innumerevoli ore, risultando più “vero”, proprio perché giapponese, del comunque bellissimo, diverso, Ghost of Tsushima che è una produzione invece occidentale.
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QUANDO L’OCCIDENTE ARRIVÒ IN GIAPPONE
Rise of the Ronin si svolge durante il crepuscolo degli anni detti “Bakumatsu” , tardo periodo Edo, quando il “Bakufu”, ovvero la reggenza degli Shogun, si sta esaurendo con l’avvento delle civiltà occidentali in Giappone. Siamo a metà circa del 1800 e controlliamo uno dei due gemelli appartenenti ad un ordine ancestrale di guerrieri. Solo uno, perché dopo un colpo di scena assai efficace dovremo scegliere con quale di questi, femmina o maschio, proseguire la storia. Capiterà tuttavia che alcuni alleati lotteranno con la o il protagonista.
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Eccoci dunque dopo fughe e drammi nei pressi di Yokohama, dove l’occidente sta diffondendo la sua presenza colonialista, le sue architetture e i suoi modi. Questa chimerica compresenza tra antichità e un nuovo presente è dipinta con arte e studio, risultando uno scenario più che affascinante dove complotti, tradimenti, tentativi di rivoluzione e fantasmi di dominio miscelano una drammaturgia “shakespeariana “ alla storia giapponese, che “shakespeariana” sembra esserlo a priori e inconsciamente, come ha dimostrato ad esempio Akira Kurosawa con Ran o Il Trono di Sangue.
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Così viaggiamo, liberiamo villaggi oppressi, giochiamo a dadi, fotografiamo panorami e persone con un prototipo, planiamo con le ali di un aliante, cementiamo o inaspriamo fino al conflitto i rapporti con innumerevoli personaggi anche storici sebbene romanzati, ma soprattutto combattiamo e questa è l’azione migliore offerta dal Team Ninja. Ah, e per chi ama i gatti c’è un’attività opzionale tenera e dilettevole.
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MILLE MODI PER UCCIDERE
Si possono usare ovviamente spade come katane e persino lame occidentali, le “odachi” ovvero spadoni tipo quello di Sephiroth, lance, stelle ninja, archi o armi da fuoco; combinandole nella proria strategia offensiva e difensiva. Si para, si reagisce all’attacco, si schiva, si libera con una veloce scossa la lama dal sangue nemico per riacquistare energia. Tecnica, velocità e personalizzazione dello stile marziale, che diventano tattica dell’azione, compiuta, quasi perfetta. Inoltre c’è un’attenzione notevole, come in altri giochi di Team Ninja, all’estetica e alla varietà delle armi, all’abbigliamento.
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Ci sono decine e decine di vesti e di armi, così che persino i nemici generici sembrano tutti diversi, come il protagonista la cui forma cambia sempre grazie ad un nuovo kimono, un’armatura, delle calzature. Rise of the Ronin, incompreso e forse addirittura travisato, diventerà probabilmente un’opera di culto, un territorio numerico esclusivo per appassionati di storia, cultura e arte giapponese, oltre per chi ama dilettarsi con virtuosismo e piacere in una marzialità virtuale raramente così profonda e precisa.
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