DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Federico Ercole per Dagospia
Non c’è nulla di ridente nel paese sardo di Gravoi, luogo fittizio ma plausibile e riconoscibile con le sue architetture virtuali derivate da studi, analisi e sopralluoghi, che sorge nell’entroterra dell’isola; l’unica ombra di una possibile e caratteristica, quasi turistica amenità la si coglie durante i primi minuti in cui vi si giunge, quando ancora una bianca luce illumina vie ed edifici con una parvenza di razionalità. Poi giunge la tenebra, un buio tinto di viola, di rossi e di verdi che sembra scaturito da quello spazio ignoto e malevolo dal quale proviene il colore indescrivibile del racconto di Lovecraft.
Benvenuti dunque in Saturnalia, videogioco allucinante e più che angosciante sviluppato dallo studio milanese Santa Ragione (con il contributo di Sardegna Film Commission), un’opera sulla confusione e lo smarrimento che non è solo alimentato da un orrore soprannaturale ma dai traumi e dalle imprescindibili difficoltà esistenziali dello sventurato quartetto di protagonisti del quale avremo il controllo.
Uscito per PlayStation 4 e 5, XBox X/S, PC e Nintendo Switch, Saturnalia muove il giocatore verso un’immediata fascinazione che all’inizio non è ludica ma estetica, grazie alla pittura e alle filosofie cromatiche della direttrice artistica Marta Gabas che stravolgono in maniera espressionista ed emozionale le architetture, conferendole una dimensione sofferta e onirica.
Inoltre, a contribuire a quel senso di smarrimento potente che alimenta tutto il gioco c’è la suggestiva caratteristica (credibile proprio per la sua naturale non naturalezza) delle animazioni che rimandano alle tecniche della stop-motion e del rotoscopio, quest’ultima (assieme al fatto che due frane di seguito non appaiano mai identici nei contorni e nelle forme) rimanda al lungometraggio dickiano A Scanner Darkly di Richard Linklater.
QUALCOSA CI DA LA CACCIA
Il primo dei personaggi nei tristi panni dei quali ci muoveremo è la geologa Anita, donna tornata in paese per rivelare all’amante locale il suo stato di gravidanza. Non lo trova, sono tutti in chiesa a celebrare la messa di Santa Lucia, che si prolunga misteriosa come un rave pagano e infernale. Frattanto cala uno spaventoso buio policromatico e qualcosa comincia a darci la caccia accompagnato dal suono sinistro di campanacci. Poi controlleremo Paul dal padre scomparso e gli schiacciati, da indicibili misteri, Claudia e Sergio.
Tutti i membri del quartetto possono estinguersi definitivamente se intercettati dalla creatura mascherata che ci bracca scampanellante, se ciò accade, secondo le regole del “roguelike”, si ricomincia daccapo ma con le idee più chiare, sebbene con ispirata crudeltà la mappatura labirintica di Gravoi cambi in maniera procedurale alimentando comunque quel sentimento di confusionaria incertezza sul quale fa leva tutto Saturnalia.
Che si fa dunque? Si esplora, si risolvono enigmi non così complessi ma interessanti, si apprendono storie “personali” e di un folklore che non è del tutto originario della Sardegna ma derivato, immaginato come nuovo, e soprattutto si fugge e ci si occulta dal mostro nella tradizione di Clock Tower e Haunting Ground.
Questa miscela di dinamiche ludiche funziona nell’illudere il giocatore di partecipare a eventi inspiegabili e spaventosi, sempre insicuro nell’incertezza di essere vittima, così che Saturnalia si rivela un ottimo horror nell’alimentare brividi, panico e disperazione, con l’ausilio di suoni e musiche riuscite, suggestive, elettro-etniche, da ascoltare rigorosamente con dei buoni auricolari.
UN FIAMMIFERO NEL BUIO
Le risorse possono scarseggiare in Saturnalia, sebbene sia raro finire senza quella più utile, ovvero i fiammiferi (non c’è la salvifica “torcia” degli smartphone, perché siamo negli anni ‘80). I cerini contribuiscono ad illuminare i tetri dedali di Gravoi e sotto di essa con una luce tremula, debole, quasi effimera ma utile per orientarsi e per edificare un atmosfera artistica di poetico orrore. Non è facile ricordarsi le mutevoli vie di Gravoi, eppure risiede proprio in questa confusione, nel perdersi e ritrovarsi per poi perdersi di nuovo, il motore horror più funzionale allo spavento di Saturnalia.
Oltre le sue storie di umanità problematica, coraggiose per temi e politica, Saturnalia seduce proprio come labirinto interiore ed esteriore, dove il disagio dello smarrimento non annoia ma propone continue variazioni di terrore, insufficienza e soprattutto sgomento.
Con il diverso, più convenzionale Signalis (almeno e solo nelle dinamiche più ispirate al “survival horror” classico) e dopo la delusione di opere dalla produzione di tutt’altra scala ma purtroppo fallimentari sotto diversi aspetti nell’incutere inquietudine e spavento come The Devil in Me e The Callisto Protocol, Saturnalia è il migliore horror dell’anno, un’opera che chi ama il brivido e l’originalità non può trascurare. Una deriva da incubo che non è mai “turistica” (come ad esempio avviene sottovalutato ma bellissimo Ghostwire Tokyo) ma “vera”, vitale e mortale, e per questo così plausibile e agghiacciante.
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