Federico Ercole per Dagospia
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Dopo essere stato afferrato da un braccio troppo lungo e magro che spunta da un grande baccello nei pressi di rovine insanguinate, eccomi nelle terre ombrose di Shadow of the Erdtree, che invece sono addirittura soleggiate quando vi giungo e abitate da una fauna di animali selvatici mai vista così numerosa e vitale nell’Interregno: cervi, conigli e scoiattoli che saltellano tra l’erba alta, nei pressi di un vicino bosco, tra le lapidi eteree che si dissolvono in un niente quando mi avvicino per ricomparire solo vagamente luttuose poco dopo, come se facessero parte di una surreale flora locale.
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Allargando lo sguardo ecco apparire lontano le ferite dell’orrore e della morte, rovine, fiamme, alberi spogli da cui pendono cadaveri impiccati e colossi incendiari che si muovono immensi e ottusi tra lo sfacelo arrecato dal loro fuoco. Mi addentro tra le fronde di una selva amena, riflettendo sulla strana bellezza e vitalità del posto in cui sono giunto quando mi attacca d’improvviso una specie di “wolverine” dei fumetti Marvel in versione horror, la prima volta mi uccide e anche la seconda, punendo la presunzione di chi ha già sconfitto il gioco principale e si sente onnipotente. Non fate mai questo errore, in Shadow of the Eldtree, perché qui Hidetaka Miyazaki intende da subito insegnarci una nuova umiltà anche se siete “stati” fortissimi.
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La convivenza di bellezza e orrore è ancora più estrema in questa espansione che parrebbe un videogioco intero per la mole di spazi, occasioni e avventure che propone, trascorrendo i panorami da colorate praterie fiorite a cave dove pendono stalattiti che sembrano cordoni ombelicali recisi, da coste cerulee ad abissali paludi tra le cui piante morte si muovono creature che alimentano un senso di terrore addirittura inconsueto tra i tanti terrori consueti, da lussureggianti rovine montane a desolate pietraie dove si ergono colonne a forma di dita contratte da un orribile rigor mortis.
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La contraddittoria pittura elettronica di Shadow of the Erdtree è il vertice artistico dell’illustrazione di From Sofware, un affresco smisurato dove convivono il disegno di Caspar Friedrich, di William Blake, di Kentaro Miura, di Francis Bacon, di HR Giger. E c’è persino l’occasione di fermarsi per una contemplazione, solo dopo la vittoria, perché qui tutto ciò che non è già morto uccide, persino dei buffi funghi/nematodi capelluti che potrebbero essere usciti da un film dello Studio Ghibli e se ne stanno tranquilli a vivere o vegetare finché non sono disturbati e, comunicando con i “compagni” tramite qualche sotterraneo micelio, attaccano tutti insieme in maniera letale.
ARDUA È LA VIA PER ENIR-ILIM
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Ci possono volere anche una sessantina di ore, forse più se giocate lenti come merita ogni grande videogame, per portare a termine Shadow of the Eldtree, un’impresa che può rivelarsi ardua ma non lo è mai troppo, checché se ne dica, e lo è solo perché è pensata per alimentare una crisi, per annullare certezza nei giocatori navigati, per negare il ricordo di ormai antichi successi.
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Inoltre è proprio il desiderio di esplorazione e di osservazione ad essere fondamentale per il reperimento dei Frammenti di Albero Ombra, utili come mezzo di potenziamento offensivo e difensivo SOLO nelle terre di questa espansione. Non mi è parso tuttavia inutile, come molti affermano, continuare a potenziarsi anche in una maniera convenzionale, perché le statistiche del proprio personaggio comunque aumentano, le armi e le magie nuove scalano in potenza e questa consueta attività dona a chi gioca un ulteriore senso di sicurezza che qui è messo sempre in crisi.
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Talvolta l’esplorazione è contorta non solo a causa dei nemici, che si tratti di ruderi, di catacombe, di foreste o di magnifici manieri; trovare una via sottopone chi gioca a inaspettate derive, allo smarrimento e allo sgomento, a salti vertiginosi o a spettacolari quanto spaventose ascese e discese. Ma lo spazio conquistato con fatica è sempre premiato dalla presenza di un cosiddetto “check-point”, pietosa occasione per registrare i progressi nello spazio.
Ci sono tuttavia luoghi difficili da raggiungere, mete la cui scoperta appare impossibile sebbene si vedano in lontananza, come ad esempio l’Entroterra... Senza un ausilio, ammetto, non avrei mai capito come arrivarci.
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Nella relativa concisione di Shadow of the Erdtree anche il racconto risulta più efficace e meno diluito, così che la collaborazione tra Miyazaki e il celeberrimo Martin delle Cronache del ghiaccio e del Fuoco, risulta di una qualità raggiunta più raramente in Elden Ring, come per la vicenda dello straziato Igon e del Drago Bayle o della cattedrale di Manus Metyr, dove infine si vivrà un incubo per aracnofobici e aptofobici insieme, qualcosa che rimanda a quel terrificante racconto sulle mani di Clive Barker contenuto nei suoi Libri di Sangue.
FUOCO CAMMINA CON ME
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Ci sono davvero tanti “boss” o nemici unici da sconfiggere in Shadow of the Erdrtee, sebbene solo quattro siano davvero obbligatori. Decine, quasi ottanta. Ma privarsi della gioia e del dolore della tenzone con questa eccezionale opzionalità priverebbe davvero il gioco del suo valore, oltre che rendere il confronto con il quartetto principale assai più ostico, visto che molto spesso gli avversari secondari rilasciano armi e oggetti utilissimi per qualsiasi tipologia di personaggio abbiate deciso di sviluppare e controllare.
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Nulla è tuttavia impossibile, nessuna impresa non si può portare a termine, neanche quando si affronta un terribile ibrido di uomo e serpente infuocato che attacca senza sosta e in maniera ipercinetica e imprevedibile con una lancia fiammante. Ci vuole impegno, strategia e opportunismo. Inoltre per chi piace giocare “online” (secondo chi scrive ciò nega quel fascino cavalleresco dello scontro e l’ebbrezza della solitudine) c’è sempre la possibilità di “evocare” altri giocatori in aiuto.
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Shadow of the Ertdree è un’opera sublime e tremenda, romantica nella più pura accezione del termine, la migliore espansione, quasi un seguito, di un gioco che ha diffuso anche tra il grande pubblico la poetica e la ludica di Hidetaka Miyazaki e From Software, indicandogli la via per straordinarie, oscure avventure e convincendolo che chiunque e non solo i presuntuosi “campioni del videogioco”, possono compiere imprese in apparenza impossibili. C’è chi dice “non è un gioco per tutti” intanto Shadow of The Erdtree, in una settimana, ha già venduto sei milioni di copie.
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