DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Federico Ercole per Dagospia
Quando uscì nel 2014, il tedesco Lords of the Fallen fu il primo videogame a intraprendere l’arduo sentiero tracciato da Demon’s Souls e Dark Souls di From Software, modelli nuovi e al contempo antichi di immaginare il gioco d’azione e avventura con qualche elemento ereditato dai giochi di ruolo e con un peculiare scenario fantasy virato verso oscurità horror.
Si trattò di un epigono solo a tratti davvero interessante, sufficiente tuttavia a placare il desiderio di punizione/esaltazione degli appassionati di questo ostico sotto-genere prima dell’arrivo di una nuova opera originale di Hidetaka Miyazaki e compagnia, un’opera traballante sotto il peso della sua ambizione che si ricorda tuttavia per poche ispirate, rare pulsazioni di un’eccellenza mai raggiunta ma solo sfiorata.
Nove anni dopo ecco giungere, fin troppo presto purtroppo, un nuovo Lords of the Fallen questa volta sviluppato tra Barcellona e Bucarest da Hexworks per PlayStation 5, Xbox e PC, utilizzando l’avveniristico motore grafico “unreal engine 5” che si è rivelato bestia assai ardua da domare malgrado alcuni panorami del gioco siano più che suggestivi, almeno se li si osserva da fermi, come il viandante di Friedrich il mare di nebbia.
Dispiace scrivere di opere disprezzabili, parole sprecate, invece qualcosa di significativo in questo Lords of the Fallen novello senza dubbio c’è, tanto da continuare a giocarlo persino quando le “patch” non erano ancora disponibili per correggere gli errori più grossolani, malgrado i rallentamenti iperbolici e un bilanciamento squilibrato dell’esperienza. C’era già del buono anche fra tutta l’imprecisione di quest’opera sofferente e prematura.
Ad oggi Lords of the Fallen sta migliorando le sue prestazioni in maniera costante e notevole, rivelandosi in tutto superiore al suo antesignano, ma se è vero che non bisogna essere From Software per fare giochi alla From Software e lo dimostra il recente e bellissimo Lies of P, ci vuole arte e consapevolezza anche nell’imitazione di un originale e soprattutto delle sue profonde fondamenta che contribuiscono a non fare vacillare l’edificio ludico fino ad un possibile crollo.
TRA I MONDI
La storia si cui si regge Lords of the Fallen è affascinante quanto confusionaria, anzi il suo fascino nasce proprio da questo caos violento tra banalità e originalità. C’è un dio demoniaco estintosi nel passato, ma i suoi mostruosi eserciti sono di nuovo in marcia per favorire il suo ritorno all’ombra dei Pilastri della Luce ormai avvelenati dal male.
Nelle armature di guerrieri o nelle tuniche da incantatori di Crociati Oscuri si comincia quindi questo viaggio per sventare la minaccia suprema; un’avventura che parrebbe subito convenzionale ma che grazie alla migliore intuizione del gioco si rivela non esserlo: il protagonista ha a disposizione una lanterna magica che lo trasporta in un’altra dimensione detta Umbral, un mondo simile e diverso, ancora più oscuro e mortifero di quello principale, dove per alcune spettacolari e “gigeriane” mutazioni degli ambienti è possibile risolvere enigmi o modificare l’altrove.
Utilizzando a volontà la lanterna si vede il mondo dietro al mondo, ed è cosa degna di nota, ma si finisce ad Umbral anche in caso di morte, un luogo laddove tutto risulta più punitivo ma al contempo più gratificante, perché a causa dei suoi nemici più numerosi e cattivi è possibile, con il tempo, il rischio e l’impegno, guadagnare più punti esperienza. Si “muore” davvero solo quando si muore a Umbral, quindi se un “boss” ammazza chi gioca nella terra dei vivi si può continuare a combatterlo nelle tenebre.
Questo “flippare” tra realtà diverse funziona per lo più bene, ma talvolta rende l’esplorazione degli spazi già spesso non così limpidi, davvero fastidiosa e ingannevole.
Ci sono nemici dal disegno ispirato, magnifici nella loro mostruosità, ma può succedere che quando li si combatte non si realizzi più nulla della loro forma, finendo eliinati da colpi micidiali dei quali non si intuiscono la schematicità o la provenienza, come la gigantesca “progenie rifiutata”che si combatte in un villaggio in fiamme, luogo evocativo quanto dispersivo.
Se i mostri abnormi risulterebbero favolosi in un artbook, lo sono assai meno da affrontare e non si tratta di difficoltà, ma di una parziale impossibilità di comprensione; alla fine si vince ma non si capisce come. Ci sono comunque anche “boss” cavallereschi con i quali la tenzone è appassionante e calcolata. Riusciti sono il panorama sonoro e quell’estetica cristiano-horror che rimanda a Blasphemous.
UN GIOCO POSTUMO
Ci sono tante criticità strutturali, soprattutto nell’architettura a tratti contorta e incomprensibile dei suoi spazi di gioco, nella ritmica che scandisce le ondate di nemici comuni, nelle collisioni.
Lords of teh Fallen non è da condannare comunque in maniera definitiva e convinta, sia perché il tempo e l’impegno costante dei suoi autori continuano a migliorarlo, sia perché proprio quando si è sul punto di lasciarsi configgere in maniera definitiva da una bruttura ecco che subito dopo c’è qualcosa di interessante. Il difetto principale di Lords of the Fallen è proprio quello di essere uscito troppo presto, se fosse stato più meditato e curato avrebbe potuto essere una nera meraviglia favolosa, come dimostrano i suoi apici. Un videogame mediocre, ma c’è sempre bellezza anche nella mediocrità ed è cosa stimolante riuscire a trovarla, un gioco dentro al gioco, un’opera che possibilmente andrà oltre, un videogame postumo.
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