DAGONEWS
alfonso bonafede
Che succede nella politica italiana? Ormai è abbastanza chiaro che la legislatura durerà fino al 2023, visto che al 99,9% di quelli che compongono la maggioranza non conviene far saltare un bel niente.
Renzi e Di Maio sono ai minimi storici, il Pd è cresciuto di qualche decimale ma è già nella migliore delle condizioni possibile, ovvero governare e decidere le nomine chiave del paese dal basso del suo 18%. Forza Italia è schiacciata tra Meloni e Salvini e chissà che fine farà.
MATTEO RENZI GIUSEPPE CONTE
Per questo la cagnara sulla prescrizione, spacciata come un tema da fine del mondo (non frega un cazzissimo a nessunissimo al di fuori di Roma e dai tribunali), sarà risolto con un compromesso. Nei giorni scorsi c'è stato un incontro riservato dei vertici del Csm, ovvero il vicepresidente Ermini e il presidente Mattarella. I due hanno convenuto che la legge Bonafede ha degli elementi molto deboli e altri decisamente incostituzionali.
Non solo gli avvocati, ma anche molte toghe si sono lamentate di quella che chiamano la riforma Travaglio-Davigo-Bonafede, e che solo di questo trio scalda gli animi. Le scaramucce propagandistiche tra renziani e grillini manettari si risolveranno in due modi: o con il rinvio di un anno (così vorrebbe Matteuccio) o con una norma che impone un limite massimo di cinque anni ai processi, alla fine dei quali far scattare la prescrizione.
Anche sull'Ilva sembrerebbe essere stato raggiunto un accordicchio con i franco-indiani di ArcelorMittal.
DAVIGO TRAVAGLIO
Il dente che resta dolentissimo è quello di Alitalia. Conte non ha nessuna soluzione in mano, ma qualcosa deve trovare entro giugno: la compagnia perde troppi soldi. L'idea è tornare al tavolo con Lufthansa, disposta a partecipare al salvataggio solo dopo che il governo italiano si sia fatto carico di parecchi esuberi, con scivoli a spese dello Stato. E solo con una ''modifica delle mappe''. Un modo soft per dire che Alitalia deve ritirarsi dai tragitti in cui operano anche i tedeschi.
Alla fine potrebbe rientrare in gioco anche Atlantia, come gesto di buona disposizione nella trattativa sulle concessioni. Ma finché De Micheli, Conte e Patuanelli non danno la risposta definitiva sulle autostrade, che dovrebbe includere l'addio al tratto ligure, la riduzione delle tariffe e investimenti miliardari, i Benetton non metteranno un euro.
SERGIO MATTARELLA DAVID ERMINI
La situazione generale è dunque di stallo, per tutti tranne che per Giorgina Meloni. L'invito trumpiano e gli sbaciucchiamenti con Orban sono la consacrazione della leader di Fratelli d'Italia come interlocutore affidabile nell'internazionale sovranista. Un bello schiaffo a Salvini, che l'aveva messa da parte in Emilia-Romagna e l'ha sempre trattata come una ruota di scorta.
Nel frattempo lui è stato scaricato sia da Trump che da Putin, e Merkel/Macron preferirebbero strapparsi le unghie con le tenaglie al sedersi a un tavolo con lui. Anche per questo, volenti o nolenti, non gli resta che puntare sulla Meloni.
GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN
Che inizia a essere ben vista anche da una parte del Deep State e dell'establishment, dove sono tutti piuttosto terrorizzati o traumatizzati da grillini e leghisti no-euro: al confronto la ex baby missina è un faro della democrazia occidentale. Che, e non è secondario, ha come sherpa Guido Crosetto, ex Dc ed ex Forza Italia, che garantisce per lei con Gianni Letta e l'ala moderata dei berluscones. Ma pure tra i tecnici del Quirinale, e persino in Vaticano, dove i vertici di FDI hanno incontrato il cardinal Parolin.
matteo salvini giorgia meloni 1
Il ragionamento è questo: l'elettorato di destra in Italia c'è ed è cresciuto in questi anni. Meglio ''aiutare'' la crescita una leader che ha dimostrato disponibilità al dialogo piuttosto che uno come Salvini che cerca sempre lo scontro. Lei come massima perversione fa i video in cui affetta pomodori e mette i bimbi sul seggiolino dell'auto, non va a citofonare né a sudare mojiti con le cubiste del Papeete.
Ma il lavoro del duo, il Gigante e la Bambina, non è improvvisato: va avanti da anni e ora arriva al punto più delicato proprio perché gli apparati statali si rendono conto di non aver trovato in Salvini un interlocutore ''stabile''.
giorgia meloni a washington national prayer breakfast
Il leghista vede allontanarsi la possibilità di una spallata al Conte-bis, e avvicinarsi le unghie affilate dei pm: le inchieste si sommano di settimana in settimana, tra Gregoretti, Open Arms, 49 milioni, Savoini/Metropol. L'unica consolazione, ora che sente il suocero Verdini con cadenza settimanale, è l'essersi convinto di poter prendere la Toscana, visto che Denis gli assicura il successo. Tutto da vedere.
Non bisogna mai dimenticare che il sogno perverso della sinistra, e in generale di chi appartiene alle istituzioni, è quello di scegliersi il rivale, alla ricerca di quella ''destra presentabile'' che in passato fu incarnata da Fini (e sappiamo come finì). Riuscirà la Meloni a mantenere il suo appeal popolare mentre si accredita a Washington e si fa intervistare da Bloomberg in inglese? Lo scopriremo presto.
Giorgia Meloni e Guido Crosetto CROSETTO MELONI