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    DAGOREPORT – DR. GIORGIA E MRS. MELONI: LA DUCETTA CAMALEONTE SI SDOPPIA TRA ITALIA E UE! IN CASA PARTE DI CAPOCCIA CON DE LUCA, IN EUROPA FA IL GIOCO DELLE TRE CARTE PER SPUNTARE UN COMMISSARIO DECENTE PER L’ITALIA. E DOPO LE EUROPEE LA PERSONALITÀ DI “QUELLA STRONZA” (AUTO-CIT.) SUBIRÀ UNA NUOVA SCISSIONE: SCHIERATA ALL’OPPOSIZIONE COME LEADER DI ECR, ALLEATA “AFFIDABILE” PER SOSTENERE URSULA – TAJANI PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE? È UNA PROVOCAZIONE DEI TEDESCHI PER METTERE ALL’ANGOLO LA DUCETTA – LE TRAME DI MACRON E SCHOLZ: MAI CON I CONSERVATORI…


     
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    PIACERE QUELLA STRONZA DELLA MELONI - INCONTRO TRA GIORGIA MELONI E VINCENZO DE LUCA

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    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

    Giorgia Meloni si sta rivelando ogni giorno di più una camaleonte bifronte. Se in casa va sotto a Vincenzo De Luca con sguardo da Regina di Coattonia, in Europa è costretta a mostrarsi indulgente, morigerata, disponibile all’ascolto.

     

    Ma se in Italia “quella stronza della Meloni” (come si è auto-definita davanti al governatore campano) può permettersi di mostrarsi come dr. Jekyll e mr. Giorgia senza colpo ferire, nelle cancellerie europee il suo atteggiamento non è più accettato, in barba alle sue vanterie (“Siamo tornati a contare nell’Ue” e via dicendo).

     

    macron scholz macron scholz

    E così, il suo grande bluff sulle nomine europee si è sgretolato di fronte al muro di Macron e Scholz. Il presidente francese e il cancelliere tedesco, i due leader che danno davvero le carte nel Continente, si sono incontrati a margine della visita di stato del “Toyboy dell’Eliseo” in Germania.

     

    Oltre a vergare un articolo a quattro mani per il “Financial Times”, in cui, su impulso del francese, hanno avvertito del rischio “mortale” dell’Ue alle elezioni del 9 giugno, invitando a dare “nuovo slancio” all’Unione, i due leader nei giorni scorsi hanno parlato ampiamente dei futuri equilibri politici a Bruxelles.

     

    VICENZO DE LUCA GIORGIA MELONI VICENZO DE LUCA GIORGIA MELONI

    Il punto di partenza è sempre lo stesso, corroborato anche dai sondaggi: Socialisti (Scholz) e Liberali (Macron) vogliono preservare lo status quo dell’alleanza con il Partito popolare europeo, che sarà confermato come prima forza all’Europarlamento. Pse e Renew non accetteranno mai un allargamento dell’alleanza a Ecr, il gruppo guidato dalla premier italiana. Il dibattito in corso riguarda solo la Meloni: Giorgia sì o Giorgia no?

     

    ursula von der leyen giorgia meloni ursula von der leyen giorgia meloni

    Nel corso dei mesi il rapporto con Macron, partito malissimo tra scazzi sui migranti e sgarbi istituzionali, si è stabilizzato, mentre l’intesa con il rigido Scholz non è mai nata.

     

    In Germania, a differenza dell’Italia, la Storia è una cosa seria: il nazismo è ancora un tabù, un complesso reale, e i tedeschi hanno un’enorme difficoltà ad aprire al compromesso con un partito post-fascista come quello della Ducetta.

     

    Dunque, che ce famo con quell’esprit de finesse della Meloni? Ursula, pur di sopravvivere alla Commissione Ue, sarebbe disponibile a imbarcare i Conservatori in toto; il Ppe apre ma ci sono molti distinguo interni sui camerati Kaczynski e Abascal, oltre all’incognita Orban (a cui è stato promesso l’ingresso in Ecr).

    Macron Scholz Tusk Macron Scholz Tusk

     

    Il premier polacco Donald Tusk, molto influente all’interno del Ppe, per esempio, non accetterà mai di allearsi con il Pis, suo acerrimo nemico interno. Il fascio di nervi spagnolo di Vox, molto caro a Giorgia, è considerato un impresentabile da tutti. E il Viktator ungherese è il cavallo di troia di Putin in Europa: filo-russo fino al midollo, non potrà mai essere inglobato in una maggioranza che fa del sostegno all’Ucraina un’architrave irrinunciabile.

     

    CONFRONTO LETTA MELONI CONFRONTO LETTA MELONI

    La sora Giorgia ha intuito da tempo la malaparata e sta solo facendo il gioco delle tre carte: l’obiettivo è negoziare un buon commissario, e nel mentre dovrà collaborare al Consiglio europeo, l’organo che riunisce i capi di Stato e di governo e che conta davvero.

     

    Insomma, la Ducetta si ritroverà di nuovo scissa in due: all’opposizione come leader del partito Ecr al Parlamento Ue, alleata come premier al Consiglio europeo, a sostegno di Ursula von Der Leyen, per  puntare una poltrona decente per l’Italia. La nomina del presidente della Commissione arriva infatti su indicazione del Consiglio europeo, dove deve essere a favore il 55% dei Paesi (che devono però rappresentare il 65% della popolazione dell’Unione).

     

    confronto enrico letta giorgia meloni corriere confronto enrico letta giorgia meloni corriere

    A proposito di poltrone, oggi “la Stampa” e “Repubblica” hanno lanciato due fanta-scenari. Il quotidiano torinese, con un articolo di Ilario Lombardo, ha favoleggiato una possibilità per Enrico Letta di diventare presidente del Consiglio europeo, mentre Tommaso Ciriaco sul giornale di Molinari l’ha sparata ancora più grossa, parlando dell’ipotesi Tajani per la Commissione europea.

     

    Cosa c’è di reale? Nulla, o quasi: l’ex premier difficilmente potrà essere in ballo come sostituto di Charles Michel. È vero che è socialista e il Pse rivendica quella poltrone. È vero anche che il suo carisma da curato di campagna si addice al ruolo (i leader non vogliono figure in grado di dominarli e metterli in ombra), ma non si capisce perché Macron e Scholz dovrebbero premiare l’Italia con un ruolo di questo livello. Senza considerare che Giorgia Meloni, schierandosi con l’ex segretario del Pd, darebbe un nuovo argomento di polemica a Matteo Salvini, che subito strepiterebbe dandole della traditrice che inciucia con la sinistra.

     

    OLAF SCHOLZ URSULA VON DER LEYEN EMMANUEL MACRON OLAF SCHOLZ URSULA VON DER LEYEN EMMANUEL MACRON

    L’ipotesi Tajani invece è nata come provocazione del Ppe, quota Germania. Quel vecchio volpone di Manfred Weber, grande amico del ministro degli Esteri italiano, e i suoi compari tedeschi, l’hanno pensata come boutade/ultimatum: “Non volete Ursula? Allora beccatevi Antonio”. Una mossa chiaramente pensata per mettere in difficoltà Palazzo Chigi e spaccare il Governo a Roma: la Meloni non potrebbe dire di no a un candidato della sua maggioranza, ma allo stesso tempo il suo “mai con i socialisti” verrebbe subito sconfessato, e lei sbugiardata…

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