DAGOREPORT
ELLY SCHLEIN GIORGIA MELONI
Se Giorgia Meloni si può permettere di imprimere la sua svolta da Ducetta al Paese e alla politica italiana, è merito soprattutto dell’assenza di opposizione. La segretaria del Pd, Elly Schlein, si occupa soltanto di diritti Lgbt, migrazioni, battaglie femministe e identitarie notoriamente scaccia elettori.
Eppure Schlein, di occasioni per mettere all’angolo la Regina della Garbatella, ne avrebbe avute. L’ultima, le è stata servita su un piatto d’argento dalla Lega, che oggi ha ripresentato in aula, al Senato, l’emendamento al “Dl elezioni” per il terzo mandato per i presidenti di Regione, già bocciato in commissione (e respinto anche dall'Aula di Palazzo Madama).
Chiunque capisca un minimo di politica, non avrebbe avuto dubbi sul da farsi: votare insieme al Carroccio per far andare sotto il Governo e mettere in difficoltà Meloni. E invece Schlein che fa? Per andare in culo a Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca, suoi avversari interni nel Pd, si allea con la Ducetta in un perverso gioco di opportunismi. Io legittimo te, e tu ricambi riconoscendomi come unica avversaria: tu non avrai opposizione, io mi libero di “nemici” interni ed esterni (Conte).
elly schlein stefano bonaccini - manifestazione piazza del popolo
Un atteggiamento da turista della politica che ignora i fondamentali di un’arte in cui il Pd ha sempre espresso notevoli volponi in grado di galleggiare e condizionare le partite che contavano per il Paese.
Oggi, invece, il nulla: ad esempio, dov’è Elly quando il sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, in tandem con il capo di gabinetto, Gaetano Caputi, s’incaponisce sullo scorporo della rete Tim con cessione di quest’ultima al fondo americano Kkr?
Un’operazione che sta provocando grossi sconquassi, non solo all’interno della compagnia telefonica (tracollata l’altro ieri in borsa), ma anche internazionali, con i mugugni del primo azionista, i francesi di Vivendi, nei confronti dell’ipotetico arrivo degli americani.
giovanbattista fazzolari giorgia meloni
Cosa ha bofonchiato Schlein sul dossier Ita o su Ilva? Poco o nulla, eccezion fatta di qualche ovvietà di rito, come nel caso dell’acciaieria di Taranto, su cui non è riuscita ad andare oltre un generico: “Deve tornare pubblica”. Non certo un vasto programma.
Sarebbe stato più saggio da parte della segretaria multigender organizzare quello che una volta si sarebbe chiamato “governo ombra”: una squadra di mastini per azzannare l’esecutivo Ducioni ad ogni inciampo. Finora, però, più che governo-ombra, c’è solo l’ombra.
GIORGIA MELONI VS ELLY SCHLEIN
Altro esempio su cui i dem sono riusciti a farsi prendere d’infilata: la commissione d’inchiesta sul presunto dossieraggio alla Direzione Nazionale Antimafia. Qualcuno ha sentito un sussulto da parte di Elly-tre-passaporti, che non fosse la solita ciancia sulla “libertà di stampa” a rischio o una vaga invocazione di “rispetto per i magistrati”? Le uniche parole della piddina sul tema sono state “È uno scandalo di gravità inaudita. È necessario che cose come questa non accadano più”. Uh la la, che banalità!
giorgia meloni e il pizzo di stato - vignetta by emiliano carli
Sulla riforma fiscale e l’ultimo regalo della Meloni agli evasori sulle cartelle esattoriali, la buona Elly si è limitata a stigmatizzare le parole della Ducetta sulle tasse (“Non dirò mai che sono bellissime”), con una frasetta ad effetto: “Bellissime sono la sanità pubblica e la scuola pubblica, ma questo governo impegnato a trovare slogan ogni giorno si dimentica delle esigenze concrete delle persone”. Un temino da assemblea di istituto: poca ciccia, tanto fumo.
Perché non battagliare in Parlamento e in piazza contro una norma ingiusta per milioni di lavoratori dipendenti e pensionati, che le tasse sono costretti a pagarle a causa della detrazione a monte? Perché neanche un fiato su una legge che favorisce i soliti autonomi, partite iva e imprenditori che spesso non brillano per dovizia di fatture? E invece, anche qui, nisba.
Sul Pnrr che arranca? Durante la campagna elettorale in Abruzzo, Elly ha tentato poco convintamente un assalto, accusando il governatore, Marco Marsilio, e il centrodestra, di “tagli al Pnrr”, e di essersi dimenticati di “ascoltare il territorio”. Poi ha parlato di “furto mascherato, un gioco delle tre carte” in merito ai 720 milioni di euro ripescati dal Fondo di Sviluppo e Coesione: “Promesse da mercanti di un governo incapace di mandare avanti il Paese”. Una posizione legittima, ma difesa con il carisma di un comodino.
GIORGIA MELONI ELLY SCHLEIN - 8 MARZO - VIGNETTA BY MACONDO
Anche sul dossier nomine (Cdp-Ferrovie) e sulla Rai, Schlein, non tocca palla, ma sembra quasi indifferente mentre il suo “alleato”, Giuseppe Conte, tenta disperatamente di farle le scarpe. Del resto, il suo uomo di fiducia a Viale Mazzini e Francesco “Ciccio” Boccia, marito di Nunzia De Girolamo (valchiria di Tele-Meloni e autrice di uno dei più sonori flop della Rai di Giorgia, “Avanti Popolo”).
Fino ad arrivare al capolavoro di tafazzismo: il terzo mandato. Se Elly Schlein fosse una politica di razza, non avrebbe dubbi: voterebbe seduta stante l’emendamento leghista, giusto per creare un imbarazzo a Giorgia Meloni. Come ha fatto notare perfidamente Stefano Bonaccini, in un’intervista rilasciata alla “Stampa”: “Un partito di opposizione che vuole essere alternativa di governo deve avanzare una controproposta in Parlamento. Permettere ai cittadini di scegliere non mi pare impopolare”.
schlein boccia
Anche perché senza l’attuale presidente del Pd e Vincenzo De Luca, per la fluida Elly non c’è speranza di vincere in Emilia Romagna e Campania. A cosa punta Schlein? A rinsaldare la sua poltroncina nel partito o al governo del Paese? L’alleanza con il Movimento 5 Stelle è la bussola per la sua segreteria o un fuoco fatuo destinato a spegnersi con l’elezione di Alessandra Todde in Sardegna?
Ps. Avvisate Elly che nel campetto pentastellato c’è un sommovimento per l’alleanza con il Pd. Se il vicepresidente M5s, Michele Gubitosa, vuole escludere dal campo largo Renzi e Calenda, il fu Rasputin di Conte, Marco Travaglio, è contro l’ammucchiata tout-court del centrosinistra: “Gli elettori questa sbobba non la vogliono”. Chissà se il direttore del “Fatto quotidiano” non ha affondato il colpo solo per mollare uno sganassone all’altro “consigliori” di Peppiniello Appulo, Rocco Casalino.
1 – EMENDAMENTO LEGA SU TERZO MANDATO,GOVERNO SI RIMETTE A AULA
(ANSA) - Il governo, secondo quanto si apprende, si rimetterà all'Aula in Senato sull'emendamento al dl elezioni presentato dalla Lega sul terzo mandato. L'esecutivo tenne la stesse linea in commissione qualche settimana fa.
2 – SUL TERZO MANDATO LA LEGA CI RIPROVA CERCANDO LA SPONDA DELLA MINORANZA DEM
Estratto dell’articolo di Alessandro Di Matteo per “La Stampa”
LUCA ZAIA MATTEO SALVINI
La Lega insiste, il partito di Matteo Salvini ripresenta in aula al Senato l'emendamento per il terzo mandato per i presidenti di Regione, una modifica al "Dl elezioni" che già era stata bocciata in commissione tre settimane fa. I leghisti non mollano, il presidente del Veneto Luca Zaia non potrà essere ricandidato, il prossimo anno, se non verrà cambiata la legge e Salvini non ha nessuna intenzione di scontentare proprio ora, in un momento di difficoltà, uno dei big del partito.
matteo salvini luca zaia pontida 2022
Il vice-premier sa bene che Fdi è pronta a rivendicare la guida di almeno una delle regioni del nord – attualmente tutte in mano a Fi e Lega – e già avverte: «In Abruzzo abbiamo fatto vincere il centrodestra. Il Veneto ovviamente era – e per quello che mi riguarda rimarrà! – orgogliosamente a guida leghista». […] il modo migliore per stoppare le prevedibili richieste di Fdi sarebbe ricandidare Zaia.
Fdi è fredda, per non ha detto un no definitivo a cambiare le regole, ma di fatto rimanda la questione. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, meloniano di ferro, ha più volte spiegato che il tema dovrà essere valutato […] nell'ambito della riforma del Testo unico degli enti locali, […] che non sarà approvato prima della fine dell'anno.
giorgia meloni matteo salvini
Un rinvio che alla Lega non piace, anche perché Giorgia Meloni comunque non ha preso nessun impegno su questo punto. Ieri sera quindi, all'ora di cena, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha confermato che l'emendamento per il terzo mandato dei presidenti di Regione verrà ripresentato oggi.
«Sono i territori a chiederci di portare avanti questa battaglia di democrazia», ha spiegato. «È giusto dare ai cittadini la possibilità di poter scegliere liberamente chi votare. A maggior ragione se si tratta di un candidato uscente che ha ben governato». I leghisti provano a giocare di sponda con una parte del Pd, perché sanno che a favore del terzo mandato c'è anche il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini e i sindaci democratici (perché c'è la discussione è aperta anche sui primi cittadini), nonostante la contrarietà di Elly Schlein.
Su questo i democratici si sono spaccati, quando si è votato in commissione, ma ieri hanno trovato il modo di evitare una nuova divisione: il Pd dirà no, oggi, all'emendamento della Lega, chiedendo però di votare un ordine del giorno che rimanda la questione dei mandati – sia per i sindaci che per i governatori – alla riforma del Tuel. […]
3 – TERZO MANDATO LA LEGA CI RIPROVA IL NO DEL PD
Estratto dell’articolo di M. Cre. per il “Corriere della Sera”
STEFANO BONACCINI ELLY SCHLEIN
[…] Il Pd è sì contrario (in parte) al terzo mandato. Ma ora, sull’altro piatto della bilancia, potrebbe spuntare l’opportunità di mandare in tilt il governo. Il capogruppo Boccia raffredda: «Ribadiamo la nostra posizione contraria». Ma Piero De Luca e Simona Malpezzi (Corrente Energia popolare di Stefano Bonaccini) propongono un ordine del giorno che «tenga conto della possibilità di ampliare i mandati elettivi di sindaci e presidenti di Regione». Per tutto il giorno, la domanda è: cosa farà la Lega? Manterrà l’emendamento rendendo plateale la divisione del governo solo per farsi bocciare le residue speranze di terzo mandato? Un leghista la vede così: «Se Salvini mantiene l’emendamento, manda sotto il governo.
Se lo ritira, manda sotto la Lega». In un momento in cui il fronte interno alla Lega è tutt’altro che calmo, il vice premier sceglie: si va avanti. Ma potrebbero esserci sorprese.
enrico letta elly schlein stefano bonaccini VINCENZO DE LUCA MANIFESTAZIONE A ROMA VINCENZO DE LUCA MANIFESTAZIONE A ROMA