Dagoreport
zelensky putin
Il secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina si terrà nelle prossime ore nella foresta Belovezhskaya Pushcha della regione di Brest, in Bielorussia, al confine con la Polonia. La delegazione di Kiev arriverà domani mattina: ha già annunciato che non accetterà alcun ultimatum da parte russa, pretende il cessate il fuoco come condizione indispensabile per aprire una trattativa.
Putin non vuole saperne: fermare la guerra “a scatola vuota” vuol dire impantanarsi o, peggio, indietreggiare. Risparmiare vite umane non è una priorità per Mosca: vuole la testa di Zelensky, del suo governo e dei vertici militari filo-occidentali che stanno sfilando l’Ucraina dall’orbita di Mosca. Poi ci si siederà a discutere.
putin biden
L’intelligence americana, che si è confermata all’altezza dell’efficienza raccontata dagli spy-movie di Hollywood, ha fornito al presidente Biden una serie di report sull’andamento della guerra. Gli 007 di Washington, che grazie ai super droni “Global Hawk” hanno monitorato anche i sospiri dei soldati russi per mesi, hanno certificato le difficoltà dell’Armata rossa nell’avanzata sul suolo ucraino. Le truppe di Mosca si sono rivelate impreparate, mal equipaggiate, e forse non così motivate ad aggredire un popolo considerato “fratello”.
volodymyr zelensky e vladimir putin 1
Le difficoltà sul terreno hanno spinto i comandanti russi alla mossa di frustrazione: usare bombe a grappolo. Come spiega “il Giornale”, si tratta di armi “progettate per l'uso contro formazioni ammassate di truppe, veicoli non blindati ma non solo, velivoli parcheggiati (siano essi aerei o elicotteri) e altri bersagli estesi non induriti, ovvero non “corazzati”, come aeroporti e altre infrastrutture”.
Le munizioni a grappolo sono estremamente pericolose, soprattutto per la popolazione: “A volte non esplodono all'impatto e possono uccidere o mutilare i civili che in seguito entrano in contatto con esse. Queste munizioni inesplose possono rimanere pericolose per decenni”.
valery gerasimov sergei shoigu
I generali russi, è il sospetto collettivo, stanno guidando l’avanzata nel miglior modo possibile? C’è chi ne dubita. Anche perché non tutti, tra i vertici delle forze armate, hanno esultato alla decisione del Cremlino di invadere l’Ucraina. Il coriaceo ministro della Difesa e fedelissimo di Putin, Sergej Shoigu, si è dovuto imporre in malo modo sui generali che, pur non dissentendo apertamente, hanno manifestato perplessità all’attacco. Conoscendo bene il terreno di scontro, forse avevano previsto più difficoltà di quelle che gli ossequiosi burocrati del Cremlino hanno “venduto” a Putin per non contraddirlo.
PUTIN E BIDEN
D’altronde - come scrive Anna Zafesova su “la Stampa” - “una dittatura patisce sempre dell'assenza del feedback negativo, nessuno ha il coraggio di riferire informazioni sgradite al capo supremo, e quello che chiunque fosse stato per un giorno a Kyiv sapeva - che gli ucraini potevano essere divisi sui leader, i partiti e le idee, ma unanimi nell'amore per l'indipendenza nazionale - si è trasformato in qualche passaggio moscovita nelle rassicurazioni che non vedevano l'ora di tornare sotto la mano del Cremlino”. Un soldato russo catturato dagli ucraini, infatti, ha confermato che Putin “pensava di vincere in tre giorni”.
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“Mad Vlad” si ritrova una resistenza imprevista, tenace e ostinata. Questa coraggiosa diga all’avanzata russa deve aver sorpreso anche gli americani, che avevano proposto al presidente Zelensky, che ha poi rifiutato, di trasferirsi in Polonia per continuare a guidare il paese da un posto sicuro.
Sui giornali occidentali si leggono paginate su una possibile exit strategy dalla guerra: qualcuno, in Russia, dovrà far fuori Putin. Ma è plausibile un golpe che deponga un uomo al potere da così tanti anni che, da ex capo del Kgb, conosce alla perfezione le insidie del tradimento?
vladimir putin.
Come scrive Paolo Valentino sul “Corriere”: “La prima risposta di molti analisti e imprenditori è che Putin sia ancora in pieno controllo di tutte le leve del potere e inoltre disponga di uno zoccolo duro nell’opinione pubblica, che ne appoggia le scelte anche grazie alla forza e penetrazione della sua propaganda”.
Affinché il suo sistema di potere vada gambe all’aria, devono incastrarsi (e non è facile) tre fattori-chiave:
1. Il “cerchio magico” del Cremlino deve sgretolarsi. Per ora, invece, gli uomini di fiducia di Putin sono tutti allineati e coperti e non osano contraddire il capo supremo. Chi, come il ministro degli Esteri Lavrov, è considerato troppo “morbido” rispetto all’azione militare, è visto con sospetto.
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2. Gli oligarchi devono coalizzarsi contro il Cremlino. Un manipolo di affaristi, avvoltoi e miracolati, seppur ricchissimi, può contrastare l’uomo a cui deve tutto e di cui ha una paura smisurata? Tra loro prevale la linea dell’obbedienza, vista anche la brutta fine fatta da chi, come Mikhail Khodorkovsky, ha osato ribellarsi.
3. Deve venire meno il consenso popolare verso Putin. La fascia più anziana della popolazione è con lui, soprattutto gli over 70 nostalgici della potenza dell’Urss. Gli under 50, che usano i social, viaggiano, vogliono godere delle “mollezze” e delle comodità occidentali, sono invece contrari alla guerra.
VLADIMIR PUTIN
E qualche scricchiolio, a conferma che qualcosa si sta muovendo in Russia, c’è stato. “In un Paese che scende progressivamente verso una fase di incertezza, durezze economiche e isolamento dal mondo - prosegue Paolo Valentino - sono i 6 mila arresti operati dalle forze di sicurezza in pochi giorni nelle manifestazioni spontanee. È il fremito di petizioni e lettere aperte, moderni samizadt contro la guerra che fioriscono da un capo all’altro del Paese, per tutte quella dell’oppositore Lev Schlossberg che ha raccolto 700 mila firme. Sono le prese di posizione pacifiste di alcuni oligarchi come Fridman e Deripaska, di 300 eletti locali che chiedono di trattare, di personaggi dello sport e dello spettacolo. O le decine di migliaia di post sui social media, che invitano a cessare l’aggressione. E sono i fiori, migliaia di bouquet depositati davanti all’ambasciata dell’Ucraina a Mosca”.
putin xi jinping
A rendere la situazione più confusa e instabile, ci sono le condizioni di salute mentale di Putin. Come sta davvero? E’ in sé? “Gli analisti - scrive il Washington Post - lo descrivono come un leader nervoso, alimentato dalla paranoia dopo aver sottovalutato la determinazione dell'Occidente. Ora, messo alle strette, potrebbe reagire in modo imprevedibile? Tali preoccupazioni hanno portato alcuni politici a notare come la Nato abbia ripetutamente precisato che non interverrà direttamente nella guerra”.
vladimir putin
L’ordine di portare le forze nucleari russe a un livello più alto di allerta, ha spinto le agenzie di intelligence ad approfondire il profilo psicologico di Putin che potrebbe essere stato alterato dall’isolamento vissuto nei due anni di pandemia…
L’ambivalente comportamento della Cina è un’altra rogna per Putin. Pechino, finora, ha avuto tre posizioni diverse: si è astenuta all’Onu e si è rifiutata, con l’India, di condannare l’aggressione all’Ucraina. Poi il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha prima detto di “comprendere le legittime preoccupazioni della Russia sulla sicurezza” e poi ha precisato che “la mentalità da Guerra Fredda dovrebbe essere del tutto abbandonata a favore del dialogo e la negoziazione”. E infine ha chiesto il “rispetto della sovranità e dell’integrità dell’Ucraina” e "deplorato lo scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia” dichiarandosi “estremamente preoccupato per i danni ai civili". Insomma, fumisterie cinesi. A riprova che Xi Jinping gioca più partite contemporaneamente.
XI JINPING E VLADIMIR PUTIN
La Cina si è anche proposta di mediare tra Mosca e Kiev. Ma se gli ucraini hanno detto sì, Putin ha nicchiato. Non vuole un paese più strutturato e potente del suo a gestire la mediazione. Anche Israele si era offerta di aprire un tavolo di trattative ma è stata rintuzzata da Mosca: Zelensky è ebreo e Tel Aviv non sarebbe stata insensibile al dettaglio. L’ipotesi Vaticano, con il Segretario di Stato Parolin in prima linea a mediare, non dispiaceva ai due schieramenti ma la Chiesa ortodossa russa, molto vicina a Putin, ha frenato sul coinvolgimento della Santa Sede.
MARIO DRAGHI E VLADIMIR PUTIN
L’Unione europea, dopo le sanzioni e le prese di posizione dei suoi leader contro Putin, non è più considerata equidistante. Al Cremlino non sarebbe dispiaciuto avere Draghi come interlocutore: non è un politico e ha un indiscusso prestigio internazionale. D’altronde Mariopio era atteso a Mosca per un incontro diplomatico. Ma le resistenze americane e la ritrosia di Draghi a sobbarcarsi un ruolo così delicato, hanno fatto sfumare l’ipotesi.