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Prima del Consiglio europeo, previsto per domani a Bruxelles, il presidente francese, Emmanuel Macron, avrà un bilaterale piuttosto pepato con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Il toyboy dell’Eliseo ha due questioni da approfondire con l’ex portaborsette di Angela Merkel. La prima è relativa alla protesta degli agricoltori che sta bloccando, dalla Francia all’Italia, dalla Germania all’Olanda, strade e autostrade. La seconda è relativa al summit organizzato dal Governo italiano, a Roma, con i rappresentanti delle nazioni africane per presentare il fantasmatico Piano Mattei.
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La Francia era ovviamente non pregata di partecipare al vertice Italia-Africa, che ha visto Giorgia Meloni ergersi a Ducetta-in-chief del continente nero. Un’assenza pesantissima, vista l’influenza che esercita Parigi in molte ex colonie africane. Macron ha intenzione di chiedere a Ursula come mai ha deciso di essere presente, insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e Roberta Metsola a Roma, dando un avallo politico al progetto di Giorgia Meloni.
L’incazzatura del portaborsette di Brigitte è dovuta al fatto che l’evanescente piano Mattei non è stato discusso né approvato al Consiglio europeo. Anche agli occhi dell’Eliseo, la grancassa mediatica messa in campo dal Governo italiano appare un mezzo di distrazione di massa, soprattutto perché il Piano Mattei non potrà essere sviluppato senza una robusta iniezione di fondi europei, che però nessuno, finora, ha quantificato né deliberato.
EMMANUEL MACRON BOLA TINUBU
I francesi hanno mangiato la foglia, capendo che la disponibilità della Von Der Leyen verso Giorgia Meloni punta a ottenere, in caso di necessità, il sostegno dei Conservatori europei, in vista della riconferma al vertice della Commissione.
Ma aldilà dell’insofferenza di Macron, il summit romano non ha prodotto risultati concreti: c’è stata una sovrabbondanza di buone intenzioni, progetti, iniziative di cooperazione, ma siamo ancora a zero carbonella. Le lacune mostrate sono il frutto rinforzano la disillusione dei Paesi africani, già scottati in passato dai roboanti annunci di aiuti e investimenti verso l’Africa, a cui solo Russia e Cina hanno dato seguito.
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Tra i 54 Paesi africani, oltre a Mali e Burkina Faso, mancava il più importante e ricco, la Nigeria, il cui presidente, Bola Tinubu, ha preferito volare proprio a Parigi, per incontrare Macron, a dimostrazione che più di una ruggine è rimasta con l’Italia, nonostante il vecchio contenzioso tra il governo di Lagos e l’Eni si sia formalmente risolto (la Nigeria avanzò una richiesta di risarcimento 1,1 miliardi contro il cane a sei zampe, poi ritirata).
CLAUDIO DESCALZI E GIORGIA MELONI
Soltanto 34 paesi hanno inviato a Roma capi di Stato o di governo. Alcuni stati molto importanti (come Egitto, Algeria e Sudafrica) hanno mandato esponenti di serie B: non si sono visti gli uomini forti Al-Sisi e Ramaphosa, ma ministri, delegati, sottosegretari, ambasciatori come a voler marcare una prudenza e una distanza rispetto al progetto meloniano.
Otto paesi hanno disertato: oltre alla Nigeria Niger, Gabon, Guinea, Liberia, Mali e Burkina Faso (quasi tutti della fascia del Sahel, oggetto negli ultimi mesi di colpi di Stato e guerre e dove sostanzialmente, comanda la brigata Wagner)
Moussa Faki, il presidente della Commissione dell’Unione africana (quello vero) ha manifestato così lo scetticismo comune nel Continente rispetto al Piano Mattei: “Avremmo voluto essere consultati”.
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Nonostante la stampa amica abbia raccontato il vertice romano con le vuvuzela della propaganda, Giorgia Meloni potrebbe pagare scotto per la sua intraprendenza, perché la Francia, e soprattutto la Germania, a pochi mesi dalle europee non hanno nessuna voglia di consegnare a un governo di destra-centro, amico di Orban, alleato di Le Pen, Vox, Afd, un successo politico internazionale. non a caso gli addetti ai livori annusano una immediata “retaliation” nell’applicazione futura del nuovo patto di stabilità.
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