DAGOREPORT
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A chi giova la caduta del Sistema Toti, con le rivelazioni su mazzette e appalti allegri, fiches e fiche, yacht e mign-yacht destinazione Montecarlo, che sta terremotando il quadro politico ed economico di Genova e dintorni?
Per ora, a 23 giorni dall'esplosione del Genova-gate, l’unico vero beneficiario dello sconquasso che ha messo fuori dai giochi il triangolo Toti-Signorini-Spinelli si chiama Gianluigi Aponte.
L’ex scugnizzo caprese, tramutatosi in un signorotto svizzero con residenza a Ginevra, azzoppato l’unico competitor (il tignoso calabro-ligure Aldo Spinelli), potrà finalmente regnare incontrastato e papparsi tutti gli affari del porto, che, grazie alla diga foranea di Genova, un maxi progetto da 1,3 miliardi finanziato con i soldi del Pnrr, diventerà il principale hub marittimo del Mediterraneo.
MARCO BUCCI - ALDO SPINELLI - GIANLUIGI APONTE - GIOVANNI TOTI
Come ricorda il sito del “Sole 24 ore”, la grande opera, “protagonista di cronache non solo economiche ma anche giudiziarie, […] dovrà essere realizzata dal consorzio Pergenova Breakwater (WeBuild al 40% e a seguire Fincantieri, Fincosit e Sifra) è considerata uno dei progetti strategici del Pnrr”.
Il ciclone giudiziario, che ha spedito ai domiciliari i capoccioni di Genova, non ha toccato nemmeno di striscio l'83enne Aponte, Gigi per gli amici, il quale non solo non è indagato, ma finora non è stato neanche ascoltato dalla Procura di Genova come persona informata sui fatti. Niente.
Dal quartier generale di Ginevra, ma il polmone finanziario dell’impero Msc è in Lussemburgo, Aponte osserva e aspetta. L’armatore segue gli interrogatori di Toti e Signorini legge le dichiarazioni di Spinelli padre e figlio (che, comunque finisca l’inchiesta, sono ormai compromessi), si informa sull’attività della Guardia di Finanza, che cerca all’estero (leggi: Montecarlo) il malloppo di denaro che avrebbe oliato il “Sistema Genova”.
GIANLUIGI APONTE GIOVANNI TOTI
Nelle ricostruzioni più o meno informate sulla genesi della “Tangentopoli al pesto” c’è chi sostiene che Aldo Spinelli abbia peccato di hybris: pur senza disporre della centesima forza politica ed economica di Aponte, ha tentato di mettere le mani sulla futura cuccagna del porto, infilandosi in un gioco enorme rispetto alle sue possibilità.
Contando sui rapporti con la politica e la magistratura locale (aveva chiamato come consulente legale l’ex capo della Procura di Genova, Francesco Cozzi), l’ex presidente del Genoa avrebbe voluto scalzare il partenopeo e parte-svizzero Aponte, considerandolo un forestiero lontano dalle dinamiche “amichettiste” della città di Grillo e Villaggio.
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Nel farlo, nel mettere i bastoni tra le ruote al colosso Msc (leader mondiale dei cargo), Spinelli ha sfidato la legge cardine del potere: “articolo quinto, chi ha i soldi, ha vinto”. Per comprendere meglio il potere dell’armatore non basta leggere i bilanci floridi delle sue società, ma occorre unire i puntini che legano una folgorante carriera a una più che interessante biografia.
Come già raccontato da Dagospia il 17 maggio 2024, Aponte deve le sue fortune alla moglie. O meglio, al suocero, il facoltoso ebreo Pinhas Diamant, uno dei fondatori dello Stato di Israele. Come scriveva nel 2007 Teodoro Chiarelli, sulla “Stampa”, il peso specifico della famiglia Diamant “certo non gli è stato di ostacolo con le banche estere che generosamente da anni lo finanziano”. Le sue navi vengono considerate a tutti gli effetti “navi israeliane”, al punto da finire più volte nel mirino dei terroristi yemeniti filo-iraniani Houthi quando provano ad attraversare il canale di Suez, tant'è che hanno ufficialmente la protezione del Mossad.
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Quando il legame con lo Stato del premier Netanyahu è così solido, è facile immaginare che ci siano rapporti e collaborazioni, a vari livelli, con tutti gli apparati di quel Paese.
In tempi di globalizzazione, chi trasporta merci attraverso acque internazionali svolge un ruolo molto delicato: attraverso i cargo passa ogni tipo di prodotto, anche quello più “sensibile”. Nulla di più rilevante per i servizi di intelligence, soprattutto in un’area – il Medioriente – funestata da guerre, pirati e turbolenze geopolitiche.
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Chissà se Gianluigi Aponte, sotto sotto, non confidasse in un passo falso di Spinelli, che mettesse la protervia di “Scio Aldo” fuori dai coglioni.
E chissà se lo scoppio dello scandalo abbia poi colto di sorpresa l’armatore, o se, dati causa e pretesto, non si aspettasse le attuali conclusioni.
Sicuramente, il sempre riservato Aponte non starà apprezzando la ribalta mediatica imposta dall’inchiesta e dalle cronache giudiziarie. Conoscendo il suo proverbiale understatement, sperava di non essere tirato in ballo in intercettazioni e interrogatori. E forse confidava che i magistrati chiudessero la pratica con più rapidità. Ma siamo in Italia, mica in Svizzera.
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