Dagoreport
sergio mattarella e mario draghi
Chi conosce il Quirinale e i suoi sfarzosi corridoi racconta di un Mattarella in cupa tribolazione per la faida scoppiata all'interno della magistratura.
Prima il caso Palamara, con libro a seguire, poi le beghe all'interno della procura di Milano per il processo Eni-Nigeria e ora i verbali dell'ex avvocato dell'Eni, Piero Amara, che vagheggia delirando fantomatiche logge di toghe e pezzi da novanta: per il Colle la misura è colma.
sergio mattarella mario draghi
Il presidente della Repubblica, che tace e patisce, viene strattonato da più parti per infilare il bisturi e operare a cuore aperto il corpaccione malato della magistratura.
"La destra - come scrive oggi Carlo Bonini su "Repubblica" - ha afferrato l'affaire Amara e l'inchiesta sui corvi del Csm per tornare a chiedere al Capo dello Stato Sergio Mattarella (lo aveva già fatto nei giorni della tempesta del caso Palamara) quello che neppure uno studente al primo anno di giurisprudenza chiederebbe. 'Un intervento' che dovrebbe azzerare l'attuale Consiglio superiore della magistratura". Una follia, ovviamente.
sergio mattarella e mario draghi
"Lo scioglimento dell'organo di autogoverno della magistratura - chiarisce Bonini - non è un atto discrezionale, né politico. È un atto dalla procedura complessa, che richiede il coinvolgimento dei presidenti delle Camere e dell'ufficio di presidenza del Consiglio e che, soprattutto, ha quale suo presupposto l'impossibilità del Consiglio di assicurare le sue funzioni per ragioni legate alla decadenza o alle dimissioni della metà più uno dei suoi membri togati.
Di più: il provvedimento di scioglimento - che è un atto eccezionale - spetta al presidente della Repubblica non in quanto presidente del Csm, ma in quanto Capo dello Stato". E può un Capo dello Stato, a pochi mesi dall'inizio del suo semestre bianco (agosto 2021), far deflagrare una bomba politica come lo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura? No, cari Belpietro-Feltri-Sallusti, non può.
luca palamara al csm
Ecco perché Mattarella sceglierà una strada più vicina alla sua discrezione istituzionale: magari poche parole, affilate come una sciabola, al prossimo Plenum del Csm o lascerà che a proferirle sia il vicepresidente Ermini (domani il presidente sarà al Csm per assistere alla proiezione del documentario su Rosario Livatino ma non è previsto che prenda la parola).
Una riforma del Csm e della magistratura - è la convinzione del Colle - non è più procrastinabile. Gli scandali, le inefficienze, le correnti trasformate in partiti, le trame per far carriera, le lotte intestine e gli sgambetti tra toghe hanno dimostrato che "il Sistema", come direbbe Palamara, non è più in condizione di auto-legittimarsi.
ermini eletto vicepresidente del csm 4
Solo immaginare una riforma della magistratura, però, fa venire l'itterizia al povero Mattarella che già annusa da lontano le resistenze e le insofferenze di una "ultracasta" che vive come "ingerenza" ogni intervento da parte della politica.
Anche per questo il presidente non vuole prendere in considerazione l'ipotesi di prolungare il suo mandato al Quirinale oltre la scadenza di gennaio 2022, come avvenne per Giorgio Napolitano.
renato brunetta mario draghi
Ha già detto no a un biennio-ponte fino al 2023 per permettere a Mario Draghi di mettere a terra il Recovery plan, realizzare le indispensabili riforme che l'Europa pretende entro la fine della legislatura per poi ascendere, a missione compiuta, al Colle più alto. Mattarella non se la sente, pur riconoscendo la ragionevolezza dello schema. Eppure le spinte, in Italia (i partiti) e all'estero (Bruxelles, Washington, Berlino), saranno così forti nei prossimi mesi che il 79enne Sergione potrebbe essere costretto ad accettare…
RENATO BRUNETTA MARIO DRAGHI
Anche perché a Draghi, e al suo scudiero-ministro Brunetta, servirà tempo per portare a termine la più delicata delle riforme: quella della Pubblica Amministrazione. Che senso ha far piovere sull'Italia i 209 miliardi del Recovery plan se poi questa montagna di denaro rischia di incepparsi in lungaggini, burocrazie, ricorsi, controricorsi, Tar, battaglie legali e bizantinismi procedurali?
E' come pompare benzina in un catorcio: grandi consumi, scarsissima resa. Ci sarà bisogno di riorganizzare la PA dalle fondamenta, progettando l'assunzione di personale aggiornato, preparato, in grado di svolgere e pensare in modo moderno la funzione della pubblica amministrazione. E' finito il tempo di mettere timbri e archiviare fascicoli.
DRAGHI SALVINI
SuperMario ha bisogno di tempo, dicevamo, ma anche di appoggio politico. Non si realizza un'opera titanica senza il supporto incondizionato del Parlamento e dei partiti. E lì, nella metà campo della maggioranza, scalpita come un puledro Matteo Salvini. Anche se nei sondaggi la Lega viene lentamente sgonfiata (è scesa al 21%), il "Capitone" non vuole perdere il treno Draghi-Europa e resta agganciato al governo con la cieca dedizione di una groupie innamorata.
L'intervista di oggi al "Messaggero" con cui si è proposto in modalità "bimba di Mario" ("Abbiamo in Draghi una figura di indiscutibile profilo e competenza") è la vittoria della linea Giorgetti ma anche una risposta affilata a Enrico Letta, che ha rivendicato quello di Draghi come "governo del Pd".
ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI
E' la contraerea del "Capitone" che non intende lasciare ai dem la primazia su SuperMario il quale, con grande delusione di Letta e della sinistra, ha persino sposato (con tutte le cautele del caso: "rischio ragionato") la linea di riapertura chiesta a gran voce dalla Lega. Gli attacchi del segretario del Pd a Salvini, in sostanza, portano a poco. Anzi rischiano di essere un boomerang per Enrichetto a livello popolare.
L'idea di crearsi un nemico trinariciuto, oggi che è rientrato nell'ovile europeista, apartiene a un'altra era politica, infatti non sta funzionando. Soprattutto perché il leghista si è rimangiato tutto il possibile sovranismo d'antan e non intende sfilarsi dal governo come fece con il Conte-1, con gli annunci dal Papeete.
travaglio conte
Draghi, che ben conosce l'economia italiana e la sua strutturale fragilità, ha capito che virus o no bisogna ripartire. L'obiettivo di rianimare commercio, turismo e attività produttive, assumendosi dei ''rischi ragionati" sul lato epidemiologico, ha nel Cts un possibile freno d'emergenza.
Draghi e Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico, si sentono al telefono costantemente. Un aggiornamento quotidiano per fissare la rotta basandosi su due pilastri: numero dei ricoverati e intasamento delle terapie intensive. Al primo allarme, si tira il freno.
rocco casalino con giuseppe conte
E in questo scenario, dove si colloca Peppiniello Conte? E' in uno stato di prostrazione depressiva, indeciso a tutto, rintontito dal pantano grillino. Non vuole mollare il suo progetto di rifondazione per non dare soddisfazione ai detrattori e per non lasciare praterie a Luigino Di Maio che, in versione Forlani 2.0, da "Coniglio Mannaro" aspetta il momento giusto per riprendere le redini del M5s.
beppe grillo
L'avvocato di Padre Pio resiste ma è bloccato anche perché il fedele "Roccobello" Casalino, non ha completamente abbandonato l'idea di un "partito contiano" sganciato dalle macerie grilline. Conte sa bene che il M5s è ancora nelle mani, almeno sul piano della insindacabilità della leadership, del fondatore Beppe Grillo.
ciro e beppe grillo
Anche se "l'Elevato di torno" è riuscito a mettersi tutti contro con il video-embolo a difesa del figlio Ciro, è pur sempre un totem che fa ombra. Se c'è lui, si corre per il secondo posto. Grillo, che tiene d'occhio costantemente il duplex Casaleggio-Di Battista, ha confidato ai suoi che vuole tornare alla politica attiva, convinto com'è (e forse ha ragione) che gli italiani alla lunga dimenticano tutto, soprattutto le rogne giudiziarie.
A ottobre, quando si voterà per le elezioni amministrative, il M5s avrà un primo, pesante referto sulle proprie condizioni di salute: il paziente sarà vivo o mezzo defunto? Le prospettive non sono incoraggianti e per invertire la rotta servirebbe una campagna elettorale scoppiettante, con un front runner in grado di accendere e sedurre gli elettori. Ma chi lo fa? Non certo Conte.
beppe grillo giuseppe conte luigi di maio
A maggior ragione dopo la decisione della Corte d'appello di Cagliari che ha dichiarato inammissibile il ricorso di Vito Crimi, in qualità di reggente M5s, contro la nomina di un curatore speciale del Movimento. Crimi aveva chiesto di revocare la nomina dell’avvocato Silvio De Murtas, decisa dal tribunale dopo l’espulsione della consigliera regionale Carla Cuccu. Ora l'unico rappresentante legale del movimento è De Murtas, almeno fino alla nomina del nuovo organo collegiale.
Per evitare a Conte di essere inghiottito dai flop elettorali e dalle beghe legali, Casalino e il "consigliori in chief" Marco Travaglio spingono affinché la pochette dal volto umano esca dal M5s e crei il suo partito, lasciandosi alle spalle Grillo, Casaleggio e tutto il cucuzzaro grilloide. Risultato? Conte aspetta, temporeggia e rinvia.
giuseppe conte beppe grillo luigi di maio 1
Chissà che questa leadership smoscia e cacadubbi non abbia instillato un sospetto nello stesso Travaglio. Della serie: non sarà che dopo Di Pietro e Ingroia, ho puntato le mie fiches sul cavallo sbagliato? Avrò preso un altro bluff? Qualche "addetto ai livori" fa notare come sulle pagine del "Fatto quotidiano", nelle ultime settimane, siano notevolmente diminuiti gli articoli in lode di "Giuseppi". Uno smarcamento in corso? Ah, non saperlo…
travaglio conte