DAGOREPORT
jens stoltenberg volodymyr zelensky
Ci sono due domande che affollano i pensieri degli analisti, in queste ore. La prima: Erdogan è schizofrenico? La seconda: Zelensky ci è o ci fa?
La prima questione nasce dal comportamento volubile del presidente turco. Si è sempre opposto con forza all’ingresso della Svezia nella Nato e ancora ieri mattina minacciava: “Daremo il nostro via libera solo se si riapre la trattativa per la Turchia nell’Unione europea”. Giusto il tempo di aspettare qualche ora e arriva il dietrofront: tutto dimenticato, Stoccolma può entrare a far parte dell’Alleanza atlantica. Come mai questa inversione a U?
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Erdogan ha sempre posto la questione dei “terroristi” curdi rifugiatisi in Svezia come dirimente per il suo eventuale via libera. Ma le ragioni dietro all’impuntatura erano altre: innanzitutto, le elezioni del 14 maggio. Il “dittatore” (copyright Mario Draghi) aveva bisogno di mostrare il pugno duro in campagna elettorale. Una volta ottenuta la rielezione con la vittoria su Kemal K?l?çdaroglu, è potuto tornare a trattare. Erdogan, inoltre, ha un ruolo preminente all’interno della Nato: il suo è il secondo esercito dell’organizzazione atlantica, dopo quello americano, e con l’ingresso della Svezia il suo potere “ricattatorio” aumenta. Della serie: cari alleati, ricordate che mi dovete un favore.
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Non solo. Quel vecchio volpone di Erdogan, che con le sue ultime mosse ha fatto incazzare Putin (che si sente sempre più accherchiato), in cambio del suo sì, ha ottenuto dagli Stati Uniti il tanto atteso ok alla vendita di F-16.
E veniamo ai dubbi sul presidente ucraino. Zelensky, ex comico di professione, conosce bene i meccanismi del dibattito pubblico. E anche lui, come Erdogan, utilizza le minacce anche quando sa di spararla grossa. La sua presunta incazzatura sull’assenza di un calendario chiaro per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato (“i rinvii sono assurdi e inauditi”) era solo uno specchietto per gli allocconi.
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Zelensky sa bene che Kiev non può entrare nell’Alleanza se prima non termina la guerra di Putin. Le due cose sono incompatibili per via del famoso articolo 5 del trattato della Nato, che prevede che le nazioni che fanno parte dell’Organizzazione “concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in Nord America, sarà considerato un attacco contro tutte”.
jens stoltenberg volodymyr zelensky
Tradotto: se domani Kiev entra nell’Alleanza, tutti i 31 Paesi membri saranno in guerra. È ovvio che gli Stati Uniti si siano opposti e abbiano spinto per arrivare a conclusioni più paracule, che, in merito all’allargamento della Nato all’Ucraina, parlano genericamente di “futuro” e “condizioni da raggiungere”, senza però specificare quando. È altrettanto ovvio che lo stesso Zelensky è perfettamente a conoscenza di questa logica. E allora perché alzare questo polverone? Il buon Volodymyr sperava di ottenere una promessa “temporale”. Promessa che non ha ottenuto.
jens stoltenberg a kiev
ZELENSKY ALLA FOLLA A VILNIUS, 'NATO PIÙ FORTE CON KIEV'
(ANSA-AFP) - "La Nato renderà l'Ucraina più sicura e l'Ucraina renderà la Nato più forte". Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha arringato la folla radunata per la manifestazione #UkraineNATO33 a Vilnius, a margine del vertice Nato nella capitale lituana. Il suo discorso è stato accolto da migliaia di persone con applausi, grida di sostegno e bandiere ucraine e della Nato. Zelensky e il presidente lituano hanno poi assistito all'alzabandiera in piazza di un vessillo ucraino proveniente da Bakhmut, mentre risuonava l'inno dell'Ucraina.
jens stoltenberg volodymyr zelensky
PARACULATA ATLANTICA – AL VERTICE NATO DI VILNIUS, I LEADER OCCIDENTALI TROVANO UN COMPROMESSO CHE ALLE ORECCHIE DI ZELENSKY SUONA COME UNA FREGATURA: “IL FUTURO DELL’UCRAINA È NELLA NATO, MA SAREMO IN GRADO DI ESTENDERE UN INVITO QUANDO GLI ALLEATI SARANNO D’ACCORDO E LE CONDIZIONI SARANNO SODDISFATTE. NON C’È UNA TIMELINE” – ZELENSKY STAMANI SI ERA INCAZZATO PROPRIO PER L’ASSENZA DI UN CALENDARIO, MA GLI AMERICANI VOGLIONO POSTICIPARE PER EVITARE UNO SCONTRO DIRETTO CON LA RUSSIA (E INTANTO TRATTARE CON PUTIN LA FINE DELLA GUERRA)
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