Grazia Longo per “La Stampa”
WILLY MONTEIRO
«Sentire come Gabriele Bianchi si difende mi fa male al cuore. Riapre una ferita mai del tutto chiusa». Lucia Monteiro Duarte, madre di Willy, il ventenne ucciso a botte il 6 settembre 2020 a Colleferro, centellina le parole ma bolla come «senza senso» le affermazioni di uno degli imputati principali al processo per l'omicidio di suo figlio.
Alle 11,45 il presidente della Corte concede 15 minuti di pausa e lei, protetta dal marito Armando, da una parente originaria come loro di Capo Verde e da un gruppetto di amiche italiane, si concede uno sfogo lontano dall'aula.
«Io so solo che Willy non ha mai fatto del male a nessuno - racconta -, studiava all'alberghiero e lavorava in un ristorante. Con i soldi che guadagnava come aiuto cuoco dava una mano anche in casa, a volte mi pagava la spesa. Era un figlio modello».
MARCO BIANCHI
Il papà, Armando, aggiunge: «Si era anche aperto un conto in banca per mettere da parte i soldi. Aveva lavorato pure qualche mese in un ristorante in Calabria, era tanto volenteroso. Ora lui non c'è più e non può tornare indietro, ma giustizia deve essere fatta.
Ci aspettiamo una condanna grave». E due ore più tardi, quando ormai l'udienza è conclusa e l'avvocato dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi ha appena chiesto la loro assoluzione, la mamma di Willy chiosa: «Cosa devo dire? Io ho perso mio figlio, che ora non c'è più, e di certo non si è ucciso da solo. Qualcuno è stato».
Ieri mattina, all'inizio dell'ultima udienza del processo - la sentenza è prevista il 4 luglio - Gabriele Bianchi rende dichiarazioni spontanee: «Sono un po' agitato, Willy e la sua famiglia meritano giustizia. Mi auguro con tutto il cuore che dopo la sentenza i familiari trovino pace e serenità».
GABRIELE BIANCHI
E sul suo ruolo precisa: «Willy non l'ho toccato nemmeno con un dito. Io non sarei stato in grado, nemmeno se lo avessi voluto, di fare quello di cui mi si accusa. Vorrei tornare a quella notte e cambiare tutto, il pm mi ha descritto come non sono. Ho sempre detto la verità». Sia per lui, sia per suo fratello la procura di Velletri ha sollecitato l'ergastolo, 24 anni per gli altri due imputati, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli.
Ieri, in un'aula affollata e accaldata, si è svolta l'arringa difensiva dei fratelli Bianchi, esperti di arti marziali. Sono entrambi nella gabbia degli imputati e indossano una camicia bianca aderente che a stento contiene i muscoli di spalle e braccia. Il loro avvocato, Massimiliano Pica, insiste sulla loro innocenza: «Nessuno dei 25 testimoni oculari poteva vedere con chiarezza quanto successo la notte del pestaggio di Willy. Al momento del pestaggio, era buio e nessuno era in grado di vedere con chiarezza quello che stava succedendo a causa della troppa gente presente».
I FRATELLI BIANCHI
Pica, per rendere più efficaci le sue parole, mostra una ricostruzione del luogo dell'aggressione con foto e diapositive. Precisa: «Quella notte la visibilità era scarsa o del tutto assente. Era impossibile per i testimoni distinguere i ragazzi, i colpi. E gli imputati hanno pagato lo scotto di una pressione mediatica subita da tutti, da me per primo. Si deve cercare di non lasciarsi condizionare, di vedere effettivamente quello che è accaduto».
E ancora: «I testimoni sono stati sentiti dopo giorni, quando la tv dall'inizio ha definito colpevoli i fratelli Bianchi, senza mai usare il termine presunto. Ma non solo. Il professor Potenza, incaricato il 9 settembre dalla procura di Velletri di fare l'autopsia sul corpo di Willy, non ha mai parlato nella sua perizia di un calcio anteriore ma di insufficienza cardio respiratoria. È morto per le percosse, Willy, ma il calcio frontale non c'è mai stato. La lesività è sulla parte sinistra, dove infatti troviamo i segni». Poi l'avvocato incalza: «Gabriele non ha colpito Willy e Marco ha colpito un punto che non ha portato alla morte del ragazzo».
Da qui le conclusioni: «Chiedo l'assoluzione per entrambi gli imputati per non aver commesso il fatto, la derubricazione a omicidio preterintenzionale e chiedo di guardare attentamente tutti gli atti processuali». Il papà di Willy, assistito dall'avvocato di parte civile Domenico Marzi, ascolta in silenzio e scuote il capo. Poi, a udienza ultimata, dice: «Non voglio usare parole forti, ma certo è una vergogna se quei ragazzi non vengono condannati. Io e mia moglie lo abbiamo detto sin dal primo giorno: non chiediamo vendetta ma giustizia. Giustizia vera, però». -
I FRATELLI BIANCHI