Pierpaolo Lio per www.corriere.it
la casa dove e stata trovata morta la piccola diana a ponte lambro 1
«Nessuna causa evidente di morte». La piccola Diana Pifferi è morta di stenti. Ci vorrà tempo prima di riuscire a stabilire con certezza cosa più precisamente abbia provocato il decesso della bambina di 18 mesi abbandonata per quasi una settimana dalla madre, la 36enne Alessia Pifferi, in un appartamento di via Parea, a Ponte Lambro.
E serviranno altri approfondimenti anche per individuare il giorno del decesso, che in base alle primissime osservazioni è stato ipotizzato possa essere avvenuto almeno 24 ore prima del ritrovamento del corpo, mercoledì mattina, quando la madre ha fatto ritorno dopo sei giorni passati a Leffe (Bergamo) insieme al suo compagno.
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Per la Procura il quadro probatorio è comunque talmente solido che si arriverà probabilmente nei prossimi mesi a una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della donna.
Saranno decisive le analisi su quel velo di latte rimasto nell’unico biberon lasciato da Alessia Pifferi nella culla della bambina. Gli esami della polizia scientifica dovranno verificare se nel latte ci fossero tracce di benzodiazepine. Il sospetto degli investigatori è infatti che Diana possa essere stata sedata per impedirle di urlare e richiamare l’attenzione dei vicini.
alessia pifferi
Gli esperti dovranno verificare anche il contenuto del flaconcino di «En», un potente sedativo ritrovato nell’appartamento, per verificare che si tratti davvero di benzodiazepine. Infine, gli investigatori dovranno individuare pure se vi sia o meno il Dna della bimba sul beccuccio del biberon.
I risultati, che dovrebbero arrivare non prima di una decina di giorni, saranno fondamentali per stabilire le aggravanti: se venisse accertato che la madre ha fatto assumere benzodiazepine alla piccola, per stordirla e fare in modo che non piangesse, l’accusa di omicidio volontario si potrebbe aggravare riconoscendo il «dolo pieno» e la premeditazione.
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I nuovi difensori della donna, gli avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli, intendono chiedere una consulenza «neuroscientifica e psichiatrica» su Alessia Pifferi. I due legali hanno già affidato l’incarico a i professori Giuseppe Sartori, ordinario di Neuropsicologia forense e Neuroscienze cognitive all’Università di Padova, e a Pietro Pietrini, ordinario di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica all’Università di Pisa.
«A breve comincerà un lavoro — hanno spiegato — per capire il percorso mentale che ha potuto portare a un fatto così tragico». I due consulenti tecnici della difesa si sono occupati di parecchi casi di omicidi, tra cui la strage di Erba.
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