Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”
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In principio era la Carne, poi la Carne si è fatta Verbo. Una fetta importante di letteratura non ci sarebbe stata se gli scrittori non fossero diventati padri e non avessero messo al mondo carne della loro carne. La loro opera ce lo dimostra: spesso bisogna farsi genitori per scoprirsi autori, cominciare dalla paternità biologica per concedersi una paternità letteraria.
La festa del papà si può così celebrare ricordando quei grandi scrittori che diventarono "padri" due volte, cominciando dal Figlio per arrivare al Foglio. Se vogliamo, il modello supremo è Dio stesso che partorì la sua opera più bella, il Vangelo, dopo aver rivelato al mondo suo Figlio. Senza di Lui, non ci sarebbe stato il Libro.
Scendendo su un piano più profano, si può ricordare Lev Tolstoj, per cui la paternità segnò un momento di svolta. Aveva trascorso la gioventù tra feste e bagordi, «venti anni orribili di depravazione al servizio dell' orgoglio, della vanità e del vizio», li definiva. Fu l' incontro con Sof' ja Andrèevna a dargli stabilità, avviando un periodo di rinascita spirituale e di fecondità letteraria. Il 1863, l' anno in cui nacque suo figlio Sergej, coincise col momento in cui Tolstoj avviò la stesura del suo primo capolavoro, Guerra e Pace, che lo avrebbe consacrato.
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Un percorso umano e letterario condiviso da Alessandro Manzoni, che ebbe a sua volta una gioventù scapestrata, segnata dall' amore per il gioco d' azzardo e la trasgressione, al punto che dovette intervenire suo padre Pietro per distoglierlo da quella vita dissipata. Ma dove non poté l' autorità paterna, riuscì il fatto di diventare lui stesso padre. Conosciuta Enrichetta Blondel, Manzoni ebbe poco dopo da lei la prima figlia: alla nascita di Giulia seguì la decisione dello scrittore, fino ad allora indifferente alla religione, di battezzarla, primo segnale della conversione che lo avrebbe portato ad abbracciare la fede cattolica. La rivoluzione umana e spirituale coincise con una rivoluzione letteraria.
Cominciò di lì a poco "il quindicennio creativo" di Manzoni in cui lui avrebbe composto gli Inni Sacri, le Odi civili, le maggiori opere teatrali, nonché la prima versione de I promessi sposi.
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l' arrivo di adeodato Don Lisander si poneva sulla scia di un altro gigante che, molti secoli prima, aveva vissuto una conversione ancora più travagliata e cominciata con la nascita di un figlio. Il futuro Sant' Agostino era un giovane degenerato che si concedeva qualsiasi forma di licenziosità, anche sessuale, primeggiando nel peccato. Aveva conosciuto una donna, Monica, con la quale viveva in concubinato.
Fu lei a dargli un figlio, Adeodato, letteralmente «dato da Dio»: nel nome un destino dal momento che, con quella nascita, iniziò il suo percorso di ravvedimento che lo avrebbe portato prima a volgersi alla filosofia, quindi ad approdare al manicheismo e neoplatonismo e infine ad aprirsi al cristianesimo.
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Se Agostino diventò grande filosofo, santo e padre della Chiesa lo dovette anche al fatto di essere divenuto padre di quella creatura.
le lettere di pentimento Ma la paternità ha segnato un momento cruciale anche nell' opera di alcuni immortali del Novecento. Si pensi a John Fante che sbloccò la sua crisi creativa grazie anche alla nascita di quattro figli: dopo pubblicò Una vita piena, racconto di una gravidanza e suo unico grande successo in vita. E si pensi a Hemingway: quel giovinastro ingenuo, che sognava di fare la guerra da eroe, mise la testa a posto e sui libri nel momento in cui trovò il suo equilibrio familiare: nel 1923 ebbe un figlio dalla prima moglie e quello stesso anno pubblicò i primi racconti. Qualche anno dopo, nel 1929, diede alle stampe Addio alle armi, uno dei suoi romanzi più celebri, pochi mesi dopo la nascita del secondogenito.
All' altezza di questi mostri sacri si mette adesso il belga Eugène Savitzkaya, poeta maledetto, a lungo nella cerchia di Foucault e Guibert, milieu noto per proporre un modello umano, tra droghe e sesso estremo, e ideologico, con la critica al principio di autorità, distantissimo dall' immagine del buon padre di famiglia. Ora però lo stesso autore sforna un gioiello intriso di spirito lirico e pathos umano, intitolato Marino il mio cuor (Prehistorica, pp. 112, euro 12), ode in cui lui celebra la nascita del suo primogenito.
ALESSANDRO MANZONI
Savitzkaya presta ascolto al linguaggio del figlio, ne segue i movimenti e le abitudini fino a immedesimarsi nella sua visione del mondo, quella di un «nano», lontanissima dal mondo dei «giganti», ma per questo molto più originale e vicina all' origine.
La sua è una sorta di amorevole lettera scritta al figlio, speculare a un' altra opera degna di nota, Lettere al padre (Morellini, pp. 204, euro 15,90), in cui ventitré autori e autrici mandano missive al papà lontano, perduto, tradito o incompreso. Avvertendone sottotraccia la nostalgia ma traendone anche linfa per farne scrittura.
E convincendosi che non è mai troppo tardi per diventare genitori e avere così una buona ragione per mettere al mondo un libro.
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