NERI PARENTI DUE PALLE DI NATALE
Dal bombastico libro di Neri Parenti appena uscito, Due palle di Natale, Gremese editore, che svela "aneddoti e retroscena dei cinepanettoni che non troverete su Wikipedia", abbiamo estrapolato il delirante capitolo su Diego Maradona in "Tifosi" capolavoro di Neri, prodotto manco a dirlo da Aurelio De Laurentiis appena diventato presidente del Napoli, e interpretato da Massimo Boldi, Christian De Sica, Diego Abatantuono e Nino D'Angelo.
In Tifosi la questione che teneva banco, quello di cui tutti parlavano era Diego Armando Maradona. Aurelio De Laurentiis era da poco diventato presidente del Napoli Calcio, si iniziava ad appassionare sempre più per quello sport che prima conosceva meno. Ed ebbe l’idea di coinvolgere Maradona per il film Tifosi. Naturalmente doveva interpretare se stesso. Un bel colpo mediatico e un bel regalo ai tifosi del Napoli.
Noi, che lavoravamo alla sceneggiatura, eravamo dubbiosi. Maradona stava passando bei guai per questioni fiscali in Italia, senza parlare del resto. I rischi di un’operazione del genere ci sembravano superiori ai vantaggi.
Ma Aurelio credeva nella sua idea e soprattutto ci pagava. Quindi iniziammo a scrivere un soggetto per Maradona.
Il soggetto dell’episodio era questo… Un ladruncolo napoletano Gennaro Scognamiglio, interpretato da Nino D’Angelo e l’amico e complice Ferdinando, interpretato da Peppe Quintale, si introducono in un lussuoso attico con l’intenzione di svuotarlo. Con i proventi del furto Gennaro vuole saldare un pesante debito, salvando dalla rovina e dalla strada la sua famiglia composta da moglie e quattro figli, due maschi, Diego e Armando, e due femmine, Mara e Dona.
tifosi di neri parenti con maradona
Nell’attico dove si introducono trovano un decoder satellitare. E Gennaro e Ferdinando, invece di rubare, finiscono per seguire alla TV la partita del loro adorato Napoli. La voce si sparge, e per seguire la partita nel salotto dell’attico si riunisce mezzo quartiere, tra cui due agenti di polizia, ignari di trovarsi nel luogo di uno scasso.
A fine della partita, Gennaro e Ferdinando si rimettono all’opera e svuotano l’attico, salvo poi scoprire che appartiene al loro idolo Diego Armando Maradona. Con una scusa, i due riescono a rimettere ogni cosa al suo posto. Solo alla fine Diego scopre le loro iniziali intenzioni, ma è colpito dalla loro devozione nei suoi confronti e si adopera per risolvere il problema economico di Gennaro, permettendo al suo usuraio, anch’egli ammiratore di Diego, di fare autografi e foto insieme a lui e rivenderseli.
Ecco in sintesi l’episodio di Maradona. Aurelio, però, per precauzione ci chiese di scrivere due sceneggiature: una che prevedeva la presenza fisica di Maradona, l’altra dove il giocatore non si vedeva mai, ma si sentiva solo la sua voce, e si intravedeva la sua controfigura. A quel punto ci sembrò proprio di aver fatto un lavoro inutile, convinti che Maradona non ci sarebbe stato, quindi immaginando un episodio con una controfigura riccioluta.
neri parenti con maglietta firmata da maradona
Misi da parte l’episodio di Maradona, e iniziai a girare a Milano un’altra storia del film, quello di Massimo Boldi che era ispirata al film Fratelli d’Italia scritto da Enrico e Carlo Vanzina. Tra le nuove trovate, c’era il nome scelto per il personaggio di Massimo: Silvio Galliani, un omaggio all’allora presidente del Milan e all’amministratore delegato.
Una sera, mentre già pensavo al modo migliore di mascherare l’assenza di Maradona nel film, ricevo la telefonata di De Laurentiis che mi dice di rientrare a Roma: Maradona aveva accettato di girare il suo episodio.
Quel genio di Aurelio lo aveva convinto.
Diego ci concedeva solo tre giorni di riprese. Questa era una limitazione accettabile, il tempo era più che sufficiente per girare tutte le sue brevi scene. Ma i tre giorni erano nella settimana corrente.
Quindi mi precipitai a prendere un aereo notturno e arrivato a Roma mi incontro con Maradona in un hotel del centro. E subito si profilavano due palle. A cominciare dal casino che in quel momento stava succedendo a Milano, dove Boldi andò sul set e non trovò il regista.
Diego Maradona intanto mi pone le sue condizioni.
Nell’ordine: non voleva avere orari di lavoro prestabiliti, ma girare, sempre a Roma, quando se la sentiva, e non voleva fare scene in cui gioca a pallone, tranne che nel teaser di lancio. Tutto venne naturalmente accettato. Tagliammo ogni scena con il pallone, ci ingegnammo per realizzare gli esterni di Napoli a Roma, Trastevere divenne Forcella. Poi mettemmo in piedi due troupe, una pronta a girare dalle otto alle diciannove, l’altra dalle ventuno alle sei di mattina. Così, in qualsiasi momento Diego avesse deciso di girare, con due troupe coprivamo le 24 ore.
neri parenti sul set con maradona e nino d angelo
Il set era qualcosa si simile a un pronto intervento riprese.
L’unica cosa non duplicabile era il regista. E quindi mi avevano allestito una stanza all’interno dell’attico dove si svolgevano le riprese, ero sempre lì, h24 pronto a girare. Una follia. Un incubo. Appena Diego arrivava tutta la troupe si animava e cominciava a lavorare alla scena. Poi senza alcuna spiegazione e senza motivo, Diego se ne andava e tutto si fermava, e nessuno sapeva quando sarebbe ritornato.
Non si poteva, però, non perdonarlo. Era evidente che Diego stava passando un brutto momento, e quando si ripresentava perdeva più tempo a scusarsi con tutta la troupe che a girare. Tutti gli volevano bene.
Quindi passai tre giorni così... Venivo svegliato nel cuore della notte dal direttore di produzione che mi diceva che Maradona era tornato. E io, senza capire se era sogno o realtà, mi ritrovavo dietro la macchina da presa con tutta la troupe che allestiva la scena il più in fretta possibile.
Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. L’episodio fu girato, ed era venuto anche bene. Mancava solo il teaser. E come da accordi, solo per il teaser, Maradona aveva concesso l’uso del pallone.
neri parenti foto di bacco
La scena di promozione consisteva in una partita a calcetto di Maradona contro tutto il resto del cast. Come al solito si aspettava Diego senza sapere quando sarebbe arrivato. Quell’ultima ripresa sembrava una cosa semplice, ma sentivo montare nei ragazzi della troupe una strana agitazione. Scoprii che tutti sognavano di fare un passaggio a Maradona.
Temendo la reazione di Diego, riunii tutti i ragazzi e minacciai la troupe: avevamo poco tempo a disposizione, quindi il primo che avesse solo tentato di inseguire il sogno di palleggiare con Maradona sarebbe stato licenziato in tronco. - Semo professionisti, - mi rassicurò il capo macchinista detto il tazzina perché gli mancava un orecchio.
MARADONA E DE LAURENTIIS
Diego arrivò sul set. Prese la palla, iniziò a palleggiare e, caso rarissimo, perse la palla che ruzzolò fuori campo dove era schierata la troupe. Io fulminai con lo sguardo tutti, nessuno osava toccare il pallone, ma quando Diego Maradona urlò: - Pasame la pelota, - nessuno riuscì a trattenere i ragazzi della troupe che accettarono il rischio di perdere il posto pur di raccontare di aver palleggiato con El Pibe de Oro.
Alla fine tutto andò meglio di come avevamo immaginato, tutta la fatica per portare a casa quell’episodio fu ricompensata: conservo ancora come un cimelio la maglia biancoceleste dell’Argentina con il numero 10 e la dedica di Diego Armando al suo regista preferito, Nery.
MARADONA DE LAURENTIIS