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C’eravamo tanto amati. Il grande elettore di Paolo Dal Pino in Lega era stato Claudio Lotito, che era riuscito a convogliare sul manager milanese i voti degli scontenti della gestione Micciché, a sua volta fortemente appoggiato da Giovanni Malagò e da Urbano Cairo.
In pochi mesi l’idillio sembra essersi tuttavia rotto, e la ragione del contendere è stata la volontà di Dal Pino di far entrare nella controllata Lega Servizi un fondo di private equity, che porterebbe tantissimi soldi alle squadre ma anche un cambio di governance, rendendola più simile a quella dei modelli anglosassoni, impedendo così a Lotito di proseguire a comandare.
claudio lotito foto mezzelani gmt042
Così, quando Dal Pino ha dato l’esclusiva al fondo americano CVC, che ha come adviser la Rotschild del presidente del Milan Paolo Scaroni, Lotito è andato fuori di matto.
Ha costretto il presidente della Lega a far cadere l’esclusiva e a fare una gara per la scelta del fondo che entrerebbe con una quota di circa il 20% in Lega Servizi, affidando la selezione alla Lazard di Marco Samaja. In pochi giorni si sono fatti avanti molto fra i maggiori private equity mondiali, come Bain, che ha come consulente Marco Fassone, e Advent, che ha fatto un accordo con FSI di Maurizio Tamagnini.
Tutti disponibili a cacciare anche 3 miliardi per entrare nella partita del calcio italiano. Ma ora, a poco più di una settimana dal 24 giugno, quando le offerte vincolanti dei fondi dovrebbero essere presentate, Lotito sta cercando il colpo gobbo: insieme all’ex infront Marco Bogarelli vorrebbe sabotare la gara, proponendo al posto di un private equity l’ingresso di Fortress, che però non porterebbe soldi freschi nelle casse della Lega ma si limiterebbe a una cartolarizzazione, ovvero a una trasformazione dei crediti in liquidità. Lasciando ovviamente in mano a Lotito la governance della Lega.
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