Andrea Ducci, Enrico Marro, Mario Sensini, Claudia Voltattorni per www.corriere.it
TUTTE LE NOVITÀ DELLA MANOVRA 2020
«Le coperture ci sono tutte, sono anzi più di quelle necessarie. Ogni misura ha i suoi pro e contro, si tratta di scegliere. E questo - spiega un’autorevole fonte del Tesoro - è sempre il momento più difficile». La conferma è che, a poche ore dalla consegna a Bruxelles del Documento con tutti i numeri della manovra, i veti incrociati ancora impediscono un’intesa nella maggioranza.
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Benché lo stesso ministero dell’Economia, in zona Cesarini, abbia trovato altri 3 miliardi di entrate per il 2020 da usare per la manovra. Il gettito delle tasse pagate dagli autonomi e da chi ha un regime forfettario, quest’anno, è più alto del previsto di un miliardo e mezzo. Così si è deciso di far slittare la seconda rata delle loro imposte 2019 al 2020, col risultato di accrescere le entrate del prossimo anno di 3 miliardi. Il che semplifica molto, ma non risolve tutti i nodi «politici» della manovra.
L’ultimo emerso nella serata di lunedì, mentre ancora non è chiaro il destino di quota 100 e del taglio del cuneo fiscale, è la stretta sul contante, con l’idea di portare il limite di utilizzo dagli attuali tremila a mille euro. Lo chiede il premier e l’Economia è d’accordo, perché questa misura aiuterebbe lo sviluppo dei pagamenti elettronici su cui si basa il piano anti-evasione per recuperare 7 miliardi, ma che rischia di non produrre risultati senza i disincentivi prima previsti, poi cassati.
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Per quota 100, al momento, si profila un allungamento delle finestre per le uscite previdenziali, con un possibile risparmio di 5-600 milioni. Ma resta aperta anche la discussione sul cuneo fiscale: la dote per il 2020 sale a 3 miliardi, ma il M5S vorrebbe darne una parte alle imprese in cambio del salario minimo, mentre il Pd chiede sia destinato solo ai lavoratori. La coperta resta corta, nonostante i maggiori fondi trovati dal Tesoro, che anzi stimolano ulteriori appetiti.
Così rispuntano nel menu della manovra anche i tributi ambientali, e quelli a carico delle fasce più ricche della popolazione, come le detrazioni fiscali legate al reddito. L’idea è quella di una riduzione progressiva delle aliquote di detrazione a partire dai 100-120 mila euro di reddito annuo, fino al loro esaurimento per chi dichiara oltre 300 mila euro annui.
Dall’anno prossimo potrebbero esordire le prime detrazioni in «conflitto di interesse», per le spese in settori dove si sospetta un’ampia evasione. Rispunta anche la «plastic tax» su contenitori ed imballaggi, così come l’idea di commisurare una parte delle imposte delle imprese alle loro emissioni inquinanti. E ritornano in ballo pure le tasse sulle merendine. In compenso prende forma un nuovo «fondone» per la famiglia da 2 miliardi di euro annui.
IMU E TASI
ACCORPAMENTO DI IMU E TASI
Una conferma, i bonus per le ristrutturazioni, e un rischio, il possibile aumento della tassazione. La manovra di bilancio 2020 riguarda anche case ed immobili, anche se dall’orizzonte è sparita la temutissima riforma del catasto, che in molti casi avrebbe comportato un aumento delle rendite, e delle relative imposte. L’ipotesi di un inasprimento fiscale non è però del tutto scampata. Nei programmi dell’esecutivo c’è infatti la riforma di Imu e Tasi, che verrebbero nuovamente accorpate con un’aliquota unica massima dello 0,86 per mille. Aliquota che è pari alla somma dell’Imu (massimo lo 0,76 per mille) e della Tasi (lo 0,1), ma che oggi molti comuni non arrivano ad applicare. Il rischio è che qualche sindaco, approfittando della riforma, colga anche l’occasione per arrotondare i tributi.
Il bonus per le ristrutturazioni edilizie sarà confermato, così come ecobonus e sismabonus, anche se il livello delle detrazioni deve essere stabilito. Oggi il bonus edilizio è pari al 50% di detrazione, su una spesa massima di 96 mila euro, spalmabile in dieci anni, come l’ecobonus sulla riqualificazione energetica degli edifici (la detrazione in questo caso è del 65%). Il sismabonus prevede una detrazione che può arrivare all’85%, scontabile in 5 anni. Le detrazioni di sismabonus ed ecobonus possono essere cedute all’impresa costruttrice, in cambio di un pari sconto sul prezzo dei lavori. Da pagare sempre con mezzi tracciabili.
QUOTA 100, FINESTRA DA 6 A 9 MESI
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Quota 100, il canale per andare in pensione prima (bastano 62 anni d’età e 38 di contributi) resterà. Non cambieranno, cioè, i requisiti introdotti dal precedente governo (5 Stelle-Lega), ma c’è ancora trattativa, o meglio scontro, nella nuova maggioranza sulle cosiddette «finestre». I tecnici del ministero dell’Economia hanno messo a punto una proposta che prevede di allungare di tre mesi il tempo di attesa tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione. Ora le «finestre» d’attesa sono di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e di 6 mesi per i dipendenti pubblici. Passerebbero, rispettivamente, a 6 e a 9 mesi. Così, nel 2020, verrebbero liquidate meno pensioni (perché una parte slitterebbe al 2021) e si risparmierebbero circa 600 milioni, destinati poi a salire a un miliardo.
Su questa ipotesi la maggioranza si è appunto divisa. Il Pd è nella sostanza favorevole, Italia viva (il nuovo partito di Matteo Renzi) va oltre e vorrebbe la cancellazione da subito di Quota 100. Leu e i 5 Stelle, invece, sono contrari a qualsiasi modifica, come sottolinea per i pentastellati la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. Su un punto invece sembrano tutti d’accordo: bisognerà studiare un meccanismo di uscita soft da Quota 100 (che, a norme vigenti, cesserà alla fine del 2021) per evitare un salto troppo brusco tra la possibilità di andare in pensione a 62 anni e l’età ordinaria a 67 anni. Ma di questo non si parlerà in questa manovra.
TASSE
CUNEO FISCALE, PREVISTI FINO A 3 MILIARDI
Il taglio del cosiddetto cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro, dovrebbe essere uno dei punti qualificanti della manovra per il 2020. Tanto che nel governo ci sarebbe accordo per aumentare un po’ le risorse indicate nella Nota di aggiornamento al Def, pari a 2,7 miliardi nel 2020 e a 5,4 nel 2021. Secondo le ultime indiscrezioni, il ministero dell’Economia sarebbe pronto ad aumentare a 3 miliardi di euro i fondi a disposizione per l’anno prossimo. Resta il fatto che lo sconto partirà a luglio. La sua messa a punto è infatti affidata a un disegno di legge di accompagnamento alla manovra che verrà approvato in Parlamento nella prima parte del 2020 (questo spiega perché per l’anno prossimo è previsto uno stanziamento pari alla metà di quello necessario dal 2021 in poi). Sul tavolo si confrontano due ipotesi.
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La prima, che sembra aver più chance, prevede di trasformare gli 80 euro del bonus Renzi in una detrazione fiscale (per gli attuali percettori non dovrebbe cambiare nulla dal punto di vista del netto in busta paga) da estendere, ma con importi decrescenti, a chi ha un reddito superiore a 26.600 euro, alzando il tetto fino a 35mila euro lordi l’anno. Il beneficio, sia pur ridotto, andrebbe così ad altri 4,5 milioni di lavoratori, oltre i quasi 10 milioni che prendono il bonus Renzi. La seconda ipotesi prevede invece di erogare un assegno crescente (fino a 80 euro) agli “incapienti” (circa 3,7 milioni) ovvero i lavoratori con redditi inferiori a 8mila euro, finora esclusi dal bonus.
EVASIONE FISCALE
Un pilastro della prossima legge di Bilancio è la voce relativa alla lotta all’evasione fiscale. La stretta dovrebbe garantire 7,2 miliardi, necessari a sterilizzare l’aumento dell’Iva. Per centrare l’obiettivo, che commentatori e opposizione valutano molto ambizioso, l’esecutivo ha previsto un pacchetto di interventi. La prima mossa si fonda sugli incentivi all’utilizzo dei pagamenti tracciabili con carte di credito e bancomat. Gli acquisti con moneta elettronica daranno diritto a degli sconti fiscali, oltre che la possibilità di partecipare ad una lotteria degli scontrini, con premi in denaro. Dal 2020 sarà possibile detrarre solo per le spese effettuate tramite carte o bonifico, escludendo dunque i pagamenti in contanti non tracciabili.
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Il contrasto all’evasione prevede un giro di vite sulle compensazioni dei crediti fiscali e previdenziali, degli oltre 7 miliardi da recuperare una buona metà è stimato che arrivi dalle misure contenute nel decreto fiscale, in particolare proprio dai controlli sulle compensazioni tra crediti e debiti con il fisco. Nel piano rientra un utilizzo più intensivo delle banche dati per scovare chi non versa il dovuto all’ erario. Il premier Conte sta inoltre spingendo per abbassare la soglia di utilizzo al contante a 1.000 euro, una misura che il M5S potrebbe accettare se verranno eliminate le commissioni sui pagamenti fino a 5 euro con carte elettroniche e ridotte per le spese di importo superiore ai 5 euro.
DETRAZIONI COMMISURATE AL REDDITO
Ci saranno tagli a quelle esistenti, ma ne saranno introdotte di nuove, anche in chiave anti evasione. La manovra di bilancio profila una vera e propria rivoluzione per le detrazioni fiscali. Dal 2020, intanto, dovrebbero essere commisurate al reddito. Si parla di una soglia tra 100 e 120 mila euro di reddito lordo annuo a partire dal quale le detrazioni comincerebbero a ridursi, fino a sparire del tutto per chi guadagna oltre 300 mila euro annui lordi. Il taglio progressivo dovrebbe riguardare tutte le spese detraibili, fatta eccezione per quelle sulla prima casa, sugli interessi del mutuo e quelle relative alle ristrutturazioni edilizie, pluriennali. Altra regola che scatterà certamente nel 2020 è l’obbligo di effettuare le spese che danno luogo alle detrazioni con mezzi di pagamento tracciabili, cioè bonifici, bancomat, carte e assegni non trasferibili.
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Si discute ancora sulla possibilità di ampliare le detrazioni possibili, includendo le spese in alcuni settori dove ci sono ampi margini di evasione. I contribuenti, ad esempio, potrebbero detrarre le spese del ristorante, dell’idraulico, del meccanico, purché ovviamente siano fatte con mezzi elettronici, a fronte di una regolare fattura. Dal 2020, inoltre, potrebbe esserci un primo disboscamento della giungla delle spese fiscali, che oltre alle detrazioni conta su sconti, agevolazioni, regimi speciali. L’obiettivo è risparmiare un miliardo con tagli mirati e selettivi.
I BONUS PER LE FAMIGLIE
Un fondo unico per la famiglia per il 2020 che preveda asili nido gratis per i redditi più bassi. Il governo punta ad inserirlo subito nella manovra e ha una dote da 500 milioni di euro cui si aggiungerebbero altri circa 1,5 miliardi provenienti dagli attuali bonus — nascita, bebé, mamma — che verrebbero riordinati e riuniti nel fondo. Questo subito. Poi, con un’apposita legge delega si pensa all’introduzione dell’assegno unico dalla metà del 2020, o forse più avanti, nel 2021, destinato ad ogni figlio fino ai 18 anni. Il fondo per la famiglia è solo un punto di partenza. Perché, come ribadiscono sia Luigi Di Maio sia esponenti del Pd, la famiglia resta una priorità del governo.
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E quindi in Parlamento, durante l’esame del disegno di legge di Bilancio, non si escludono ulteriori novità da inserire in corso d’opera. D’altronde la stessa ministra della Famiglia Elena Bonetti ha promesso di «ribadire ancora una volta l’importanza del Family Act al prossimo consiglio dei ministri», perché «le famiglie sono la forza di questo Paese ed è da loro che vogliamo riparta l’Italia». Più scettico invece il leader del Forum delle Famiglie Gigi De Palo, che da tempo insiste per un assegno unico già dal 2020 e che parla sì di «grande vittoria del fondo unico» ma definisce anche «insufficiente la proposta dei 500 milioni». Sarebbe meglio, spiega, «riordinare i 30 miliardi che già ci sono, tra detrazioni, bonus e gli 80 euro di Renzi per arrivare a dare 250 euro a figlio».
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