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GLI STATI CHE NON DICHIARANO CASI DI CORONAVIRUS
Marta Serafini per corriere.it
Mentre i giornali di mezzo mondo titolano sull’Italia in lock-down, e mentre sono 3,800 le vittime in tutto il mondo, 111 mila i contagiati in 105 Paesi diversi, ci sono Stati che ancora si dichiarano “Covid-19 free”. Che, tradotto, significa che questi Paesi stanno affermando di non avere casi di Coronavirus al loro interno. Secondo una mappa pubblicata da Al Jazeera, basata su informazioni mondiali e sui dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità e aggiornata a oggi, gli Stati che restano “bianchi” non sono pochi. Tuttavia da ricordare come la stessa Oms non abbia ancora dichiarato ufficialmente la pandemia, nonostante ieri il direttore Tedros Ghebreyesus, abbia detto che «la minaccia di una pandemia sta diventando molto reale».
Recep Tayyip Erdogan
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Il caso più eclatante è la Turchia. Da quando è iniziata la crisi, Ankara non ha fornito alcun dato sull’epidemia. Inoltre non sono previste particolari misure contenitive all’interno, nonostante il Paese sia molto vicino all’Iran, teatro di uno dei focolai più grossi e sia confinante con Stati fragili. Certo il sistema sanitario turco è sicuramente più strutturato di quello dei suoi vicini e la Turkish Airlines — una delle compagnie aeree più utilizzate al mondo — nei giorni scorsi ha sospeso i voli con l’Italia.
Tuttavia un passeggero francese in viaggio da Londra a Singapore su un volo della Turkish è risultato positivo. E secondo quanto dichiarato dal ministro della salute turco Fahrettin Koca, giovedì tutto l’equipaggio è stato messo in quarantena per 14 giorni. Sempre lo stesso Koca rivolgendosi ai giornalisti nella capitale Ankara dopo una riunione del consiglio sulla minaccia del coronavirus, ieri ha dichiarato che il Ministero della Sanità e il resto del governo hanno adottato tutte le misure per impedire l’ingresso del coronavirus in Turchia.
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Koca ha esortato i cittadini turchi che vivono all’estero ad adottare misure di protezione. “I turchi che vivono all’estero, in particolare quelli che vivono in Europa, non dovrebbero uscire se non necessario”, ha detto il ministro. Koca ha anche esortato i cittadini turchi, in particolare quelli di ritorno dai viaggi all’estero, a mettersi in quarantena a casa per 14 giorni. “Quelli con malattie croniche e quelli di età pari o superiore a 50 anni non dovrebbero uscire se non in caso di necessità”, ha specificato. “Se hanno bisogno di uscire devono indossare una maschera e se hanno sintomi influenzali dovrebbero consultare la struttura sanitaria più vicina.
”Koca ha poi affermato che finora 2000 pazienti sono stati testati ma tutti sono negativi. “Se il coronavirus raggiunge la Turchia, sarà probabilmente trasportato da passeggeri che viaggiano dall’estero.
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I casi possono essere visti [eventualmente] in Turchia, ma è nelle nostre mani impedirne la diffusione ”, ha affermato. “Se non avessimo chiuso il nostro confine con l’Iran, circa 50.000 persone alla settimana avrebbero potuto entrare in Turchia”, ha aggiunto, riferendosi alla chiusura delle frontiere il mese scorso. Nella stessa occasione ha poi ribadito che se l’Iran avesse messo in quarantena le città di pellegrinaggio di Qom e Mashhad, il virus non si sarebbe diffuso così lontano. Koca ha anche criticato l’Europa per non aver preso le misure quando il virus mortale si è diffuso in Italia. Come dire, insomma, che la “colpa” è degli altri.
La Turchia non è l’unico Paese a dichiararsi immune. Sulla mappa resta bianca anche la Corea del Nord che, come noto, è un uno dei regimi più oppressivi del pianeta. Difficile anche qui immaginare che il virus non sia entrato, sebbene si parli di uno Stato le cui frontiere sono particolarmente chiuse. Tuttavia da tempo il regime di Kim Jong-un ha aperto ai viaggi organizzati sotto il controllo del regime dunque è impensabile che anche qui il virus non sia arrivato, tanto più che la Corea del Nord è anch’essa relativamente vicina a Paesi dove il numero di contagi è stato particolarmente elevato. Sempre in Asia fanno eccezione gli “Stan”, ossia Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan. Anche in questo caso stiamo parlando per lo più di Paesi che retti da governi autoritari ma che non sono del tutto chiusi al mondo esterno.
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Andando avanti a scorrere la mappa un’altra zona che resta bianca è la Groenlandia. In questo caso possibile spiegarlo con il bassissimo numero di abitanti (56.171) e la scarsa densità di abitanti per chilometro quadrato (una delle più basse del mondo, appena 0,027 abitanti per km²). Ma può anche essere dovuto all’assenza di controlli sanitari, se si considera che il Queen Ingrid’s Hospital di Nuuk con i suoi 156 letti è il più grande di tutta l’aerea.
Mancano poi all’appello molti Stati africani. E non si registrano casi in Yemen - già colpito da un’epidemia di colera che ha visto 2 milioni di casi sospetti in meno di 3 anni. Inoltre negli ultimi tre mesi sono decedute almeno 270 persone a causa del virus H1N1. Nel 2019 quasi 6600 persone ne sono risultati infette, inclusi 1600 casi negli ultimi due mesi. E paura anche per la Dengue che ha ucciso 78 giovani sotto i 16 anni. Il tutto in un teatro di guerra in corso da cinque anni.
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“Covid-19 free” sarebbe anche la Siria, anch’essa teatro di una guerra che proprio oggi entra nel suo decimo anno e Paese dove molte strutture ospedaliere sono state colpite. Tuttavia se le fonti governative non dichiarano alcun caso, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani voce dell’opposizione, ha scritto che secondo fonti mediche che hanno chiesto di rimanere anonime, ci sono centinaia di casi di contagio e decine di casi di decessi in 4 province siriane. Intanto i voli da Damasco a Baghdad e Teheran sono stati sospesi. I medici contattati dall’Osservatorio sostengono che i contagi sono stati originati da familiari di miliziani iraniani operanti in Siria, che sono arrivati in visita nel paese. Le province colpite sono Damasco, Tartous, Ladhiqia e Homs.
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(ha collaborato Farid Adly)