MUSEO DEL FALSO A BIELLA SALA DONAZIONE COSTANTINO
Mario Baudino per “la Stampa”
Non è proprio un fantasma, ma poco ci manca: di fronte alla sua cena imbandita, il signore trecentesco del castello di Verrone si materializza su un grande schermo e lancia un benvenuto piuttosto ambiguo. Siamo nel «Falseum» alle porte di Biella, il museo interattivo del falso (che apre le porte venerdì in concomitanza con Fake festival) e tutto dunque non è esattamente quel che sembra. In tavola, guarda caso, c’è un bel tacchino, oltre alle aringhe, alle pannocchie di mais, alle patate e ai pomodori, tutti realizzati in silicone da un maestro come Davide Furno, e dunque già con il Trecento qualcosa stride, anche se non ci sono risposte, solo indizi.
Il resto va cercato nelle altre sale, dove tra marchingegni elettronici che paiono videogiochi il nuovo museo dispiega la sua raccolta virtuale di falsi: non Rolex o borsette, non si parla qui di taroccamenti commerciali, ma di «grandi falsi», quelli culturali, di cui spesso viviamo e che in un modo o nell’altro hanno fatto la storia. Si va dalla Donazione di Costantino (cui la Stampa ha dedicato di recente un articolo della nostra serie su falsi e falsari) alle fotografie di «spettri» scattate da veggenti e medici infatuati fra Ottocento e Novecento, nel periodo d’oro dello spiritismo; dai falsi calunniosi e razzisti (per esempio quelli contro gli ebrei) alle grandi favole storiche.
MUSEO DEL FALSO A BIELLA SALA FALSO SIGNORE
Un esempio assai spettacolare è costituito da un grande schermo che permette di entrare di persona - o quantomeno in immagine - in un cripta di templari e immergerci in una delle storie popolari più diffuse in Europa durante e dopo la rivoluzione francese, in tutto degna di Alexandre Dumas. Racconta che quando Luigi XIV ebbe la testa mozzata dalla ghigliottina, tra la folla in delirio si fece avanti un vecchio dall’aspetto sciamannato che, bagnandosi col sangue del re, lanciò un grido terribile: «Giacomo di Molay, sei vendicato!» Ed eccolo al Falseum il Gran Maestro in persona, ultimo capo dell’ordine di monaci guerrieri nati nel 1220 e distrutti dal Re di Francia per motivi di ordine più che altro monetario. Arso nel 1314 da Filippo il Bello, lancia il suo messaggio di rovente dolore, trapassato ormai da una solida tradizione esoterica alla cultura pop.
La macchina (tecnicamente si chiama «kenetic»), consente anche di afferrare oggetti virtuali con le nostre mani diventate virtuali, ottenendo spostandoli in primo piano interessanti approfondimenti. Possiamo impugnare il Santo Graal, proprio come Sean Connery in Indiana Jones e l’ultima crociata, ed è già una bella soddisfazione. Oppure entrare in un mini studio televisivo e costruire o decostruire un falso mediatico, o ancora nella sala della scienza ottenere qualche ottima spiegazione dal ritratto animato di Galileo, quello famoso realizzato nel 1636 da Justus Suttermans, che in più ha il solo piccola problema di una mosca noiosa intenta a svolazzargli sul naso.
MUSEO DEL FALSO A BIELLA SALA TORRE IN ATTESA DI RESTAURO
Falsi libri con titoli veri che si riferiscono a una ideale bibliografia del falso, i favolosi sfondi della leggenda del Prete Gianni ma anche quelli delle «guerre preventive», basate spesso su menzogne, falsi di falsi, complotti, storie dove il sogno, la fantasia, l’invenzione - ma anche la malafede e la stupidità - si sono ossidate in modo indelebile: è il mondo dell’illusione, che grazie all’illusione informatica è in grado di crescere su se stesso e di cambiare o arricchire di giorno in giorno la collezione, perché come spiegano gli organizzatori i «pezzi» sono tutti software, eccetto forse uno specchio di Michelangelo Pistoletto, affidato dall’artista come forma di sostegno per l’impresa: uno specchio che riproduce uno specchio, il che è se vogliamo una discesa vertiginosa nella geologica commistione di falso e vero.
Ci sarà anche un altro oggetto materiale, anzi tre, dall’apertura e fino al 18 ottobre, in una saletta dedicata: le tre «teste di Modigliani», fatte ritrovare da beffardi artisti nei canali di Livorno, correva l’estate 1894, centenario di Modigliani, e in un primo tempo attribuite senza incertezza al maestro.
Ci cascarono tutti i maggiori critici, tranne Federico Zeri. Il museo è stato realizzato con Fondi Europei che hanno consentito innanzi tutto il restauro di una parte cospicua del Castello, ed è il frutto del lavoro di associazioni e società del Biellese, oltre alla Pro Loco di Verrone, che si sono messe insieme ispirandosi un’idea di Enrico Buonanno (autore di Sarà vero. La menzogna al potere, Einaudi), nominato direttore scientifico.
a livorno la mostra con le false teste di modigliani
Punta a fare molta attività con le scuole, ma non solo. I progetti - l’idea guida è di andare avanti senza altri fondi pubblici - sono tanti: per esempio la costruzione di una cafeteria, oppure di un «giardino dei falsi», che sarà l’«Hortus Sconclusus», nella corte del castello: ispirato ai giardini medioevale, come ci spiega Fabrizio Botelli, esperto botanico, ma anche al ricordo di un grande naturalista biellese, Fabrizio Zumaglini, che abitò il maniero nell’Ottocento. Sarà un orto dedicato a tutte le piante «falsificate» o che si «falsificano» per assicurare la propria riproduzione. A riprova che il mondo del falso non è un’esclusiva umana. Anche se a volte, va da sé, è fin troppo umano.
MUSEO FALSO BIELLA