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    RICCI REPLICA AD ACHILLE LAURO: ''ROLLS ROYCE E' L'ECSTASY E LUI LO SA BENE'' - DALLA GALERA A SANREMO: LA VITA STUPEFACENTE DELL'IGGY POP DELLA BUFALOTTA, CHE MOLLO' LA SCUOLA E SI FECE 2 MESI DI GALERA PER SPACCIO - QUANDO DISSE: “SCRIVO SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI” - VIDEO


     
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    Stefano Mannucci per il “Fatto quotidiano”

     

    ULTIMO, UN PREDESTINATO: GIÀ DUE DISCHI DI PLATINO E L' OLIMPICO A GIUGNO

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    Un altro figlio della Roma esterna, uno di quelli che deve macinare chilometri, magari con bus che non passano mai, per arrivare fino in centro. Dove c' è il conservatorio di Santa Cecilia. Aveva otto anni, Niccolò, quando solfeggiava e studiava musica nel "tempio" di Trastevere, pensando che un giorno, forse, avrebbe fatto il cantautore. Come il "fratello maggiore" Fabrizio Moro, tutti e due di San Basilio, il quartiere che se lo decifri e lo rispetti ti accoglie, altrimenti sono problemi seri. Niccolò Moriconi, alias Ultimo, ha capito presto che anche da casa sua poteva cercare ispirazione e verità per scrivere pezzi che non paressero prefabbricati, uccisi nella culla dell' ispirazione dai diktat dei discografici e dei talent. Forte dell' esempio di Moro, anche Niccolò ha difeso con tutte le sue forze la propria identità artistica. Un anno fa stravinceva il contest sanremese delle Nuove Proposte, e il suo Ballo delle incertezze ha superato 40 milioni di visualizzazioni su YouTube, conquistando pure il doppio platino delle vendite Ultimo de che? Una tournée già trionfale, e il 4 luglio sarà il più giovane tra i big della nostra musica a esibirsi in uno stadio: l' Olimpico. Mamma Roma lo proteggerà anche lì, come è giusto che sia per un talento come lui, su cui è lecito scommettere per il futuro. E anche per Sanremo, viste le quote che lo danno per favorito. Faccia gli scongiuri, Ultimo, e si guardi le spalle da Irama. Andrà come andrà.

     

    ACHILLE LAURO: PERIFERIA, SPACCIO, CARCERE. ORA IL PEZZO CHE SORPRENDE

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    Oltre i confini del Tufello, storica borgata capitolina. Lauro è cresciuto alla Bufalotta, Roma è una distanza quasi imprendibile, laggiù. Il rapper ha provato ad afferrare la città dal confine estremo, ma la sua arma era solo la droga. Tutti i coetanei si facevano, lui ha mollato la scuola e ha cominciato a spacciare. Due mesi di galera, una legnata sul corpo e sull' anima di quelle che rischi di non uscirne più. L' ha salvato la musica. Lauro De Marinis, finito in una breve di cronaca nera, si è scelto un nome d' arte da intrigo internazionale: la nave da crociera assaltata dai palestinesi, l' ebreo americano Klinghoffer buttato a mare, Craxi che resiste a Washington, il braccio di ferro di Sigonella. Troppa storia, per ribattezzare un techno-rapper che rivendica l' invenzione dello stile "samba trap". Con il suo produttore Boss Doms, Achille Lauro ha condiviso mille avventure, compreso il giro del mondo per il reality Pechino Express: ha provato a reinventare un suono contemporaneo, urbano e tribale, cazzaro e sintetico, maliziosamente ambiguo e antimachista. Poi viene a Sanremo e ti spara un rock' n'roll che ti fa pensare più a un Vasco in sedicesimo che al rivale di Sferaebbasta. Achille cita nel testo Elvis, Hendrix, Axl Rose, Miami Vice e perfino l' ex laziale Paul Gascoigne. Iconografia da figurine poco rare, doppioni da scambiare. E un titolo, Rolls Royce, che è uno spot di quelli proibiti dal regolamento sanremese, o quasi. E con Frankie Hi Nrg che lo accusa di plagio perché sarebbe troppo simile a 1979 degli Smashing Pumpikins. Occhio però, perché se mette la marcia giusta, Achille potrebbe scappare via fino al traguardo.

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    RANCORE NON È TRA I BIG, MA I SUOI BRANI SONO PUGNI IN VISO

    Uno spettro sul palco dell' Ariston. Non è ufficialmente in gara, ma è come se. Un clandestino, un antagonista, un nonsisacosa con il cappuccio e la felpa, buttato su un banco, stravaccato, pervaso dal mal di vivere della generazione degli anni Dieci. Si chiama Tarek Iurcich, è italiano, anzi romano, ma non ditelo a Salvini, perché potrebbe eccepire qualcosa sul padre croato e la madre egiziana. Si fa chiamare Rancore e anche lui, come Achille Lauro, viene dal Tufello, dove il rap cresce e monta per estirpare la gramigna che i ragazzi di periferia sentono dentro l' anima. Non è ufficialmente in gara e vai a capire perché, forse una questione di tempistiche sull' iscrizione al Festival del brano di Daniele Silvestri, Argentovivo, che peraltro vede Rancore come coautore, anche se il suo cognome viene misteriosamente storpiato in Lurcich. Sembra inafferrabile, 'sto ragazzo, come si conviene a uno spettro in scena che quando tocca a lui spacca tutto, un intervento poderoso su una Canzone con la C maiuscola, il trentenne Rancore e il cinquantenne Silvestri che rendono del tutto credibile la storia di un sedicenne afflitto da un disagio che gli adulti comprendono poco o niente. Se volete scoprire Tarek ascoltate il suo album Musica per bambini, o pezzi con titoli che sono tutto un programma: Depressissimo, Ipocondria. Le donne? Ce ne è uno dei primi tempi che si intitola S.M.S.. (Sei Molto Stronza). Arrivano come cazzotti in faccia, perché quando un freestyler parla di cose diverse dai Rolex fa male, male davvero.

     

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    MATTEO BOCELLI: BELLO, BRAVINO, STUDIOSO. POI LO "MANDA" PAPÀ

    Chissà quante volte papà Andrea gli avrà raccontato della propria gavetta: prima cantante da piano bar, poi l' incontro chiave con Zucchero, infine il "do" di Pavarotti. Passo indietro: Adelmo Fornaciari va a casa del tenorissimo per convincerlo a partecipare con una parte lirica in Miserere: Big Luciano nicchia, e l' altro, per impietosirlo, butta nel camino acceso la cassetta con il provino, interpretato proprio da Bocelli Sr, all' epoca buona canna per locali versiliani e nulla più. Alla fine Pavarotti si decide (quella distrutta dal fuoco non era l' unica copia del nastro, era un trucco di Zucchero), ma la performance di Andrea non passa inosservata agli addetti ai lavori. E venne il giorno di Sanremo, 25 anni fa.

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    L' altra sera la consegna rituale del "chiodo" di quell' esordio all' Ariston, il passaggio di consegne tra il babbo e il figliolo. Un pennellone con la faccia da modello (ha posato per un servizio fotografico con Jennifer Lopez) che nel tempo di un duetto familiare all' Ariston ha conquistato i social, con le ragazze a sospirare per lui, e le loro mamme a sognare il matrimonio perfetto. Genealogia italiana a 360 gradi: il successo mondiale dei Bocelli e il sogno della gente comune. Matteo non nasconde di essere agevolato dalla nascita, ha già duettato con il padre al Madison Square Garden, studia al conservatorio, ha vinto un cammeo nel disco con cui Andrea ha sbancato le classifiche globali. Non canta malissimo, il bel giovanotto. Chissà se è disposto anche lui a farsi il mazzo al piano bar.

     

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    Franco Grilli per il Giornale

    Scoppia la polemica sul testo di Achille Lauro. Dopo le accuse di plagio per la sua canzone al Festival di Sanremo, ora è il testo a finire nel mirino.

     

     

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    A sollevare i dubbi è Striscia la Notizia, secondo cui il singolo "Rolls Royce" in gara all'Ariston è "un inno all'ecstasy".

     

    Il motivo, spiegano dal giornale satirico di Mediaset, è che Rolls Royce è il nome con cui viene definita una pasticca di ecstasy. Il simbolo della casa automobilistica, infatti, è chiamato anche "Spirit of Ecstasy" (Spirito dell'estasi) e rappresenta una figura femminile con le ali gonfiate dal vento. Il suo nome sarebbe però finito col diventare anche un nome per le pasticche di Mdma.

     

    "Il direttore artistico era in sé quando l’ha ascoltata e scelta per il Festival di Sanremo?", si chiede ironicamente la redazione di Striscia la Notizia che in questi giorni ha dedicato ampio spazio alla kermesse della musica italiana.

     

    È davvero così? È davvero la droga il significato nascosto della canzone di Achille Lauro? Lui, in una intervista al Giorno, diceva che "conoscendo il problema della droga, mi guardo bene dal propagandarla", ma "ne uso un po’ solo per comporre".

     

    Il diretto interessato però si difende: "Io non ho mai sentito neanche parlare di questa cosa, la Rolls Royce è l'icona principale e mondiale di eleganza, ed è a questo che mi sono ispirato", dice all'Adnkronos. "Non avevo mai nemmeno sentito parlare di questa cosa, l'ho sentito dai giornali -dice il trapper- e comunque sono contento che, almeno, non critichino la canzone"

     

    LA REPLICA DI STRISCIA

    DA www.striscialanotizia.mediaset.it

    Ma come, c’è un trapper che non sa (o finge di non sapere) certe cose?  Achille Lauro, che si vanta di conoscere bene certi ambienti, non sa che Rolls Royce è uno dei nomi di più comuni per chiamare le pasticche di ecstasy? Tutto nasce dalla famosissima statuetta (una donna con le braccia aperte e le vesti gonfiate dal vento) posta sul radiatore delle Rolls Royce. Il suo nome (nato ovviamente molto prima della droga sintetica) è Spirit of Ecstasy, Spirito dell’ecstasy: da qui l’abitudine a chiamare Rolls Royce le pasticche sintetiche. E del resto basta una velocissima ricerca su internet per trovare l’immagine di decine di pastiglie di droga con impresso il marchio con la doppia erre. Ma Achille Lauro tutto questo non lo sa (o finge di non saperlo). Evidentemente la droga fa male, anche alla memoria.

     

    E spesso provoca deliri di onnipotenza che ti fanno credere di poter prendere in giro il resto del mondo. Perché, nella canzone che ha portato al Festival, oltre alla Rolls Royce ci sono pure Amy Winehouse, Jim Morrison e Jimi Hendrix: Achille Lauro non conosce le loro vite (e le loro morti)?  Si è dimenticato di aver scritto in Sono io Amleto (il libro autobiografico pubblicato da Rizzoli) un capitolo intitolato “Confessioni di un pusher”? Non ricorda di aver rilasciato un’intervista, La musica mi ha salvato dalla galera, In cui dichiarava, tra l’altro: “Nel mio quartiere, alla periferia di Roma, girava tantissima droga. Così iniziare a fumare marijuana, hashish o prendere droghe chimiche fu naturale. Lo facevano tutti, lo facevo anche io”. E ancora: “Entrai in contatto con famiglie criminali. Compravo chili di droga che facevo vendere a una squadra di spacciatori che avevo creato. Divenni ricco, avevo una bella vasca idromassaggio”. Uno che è stato pusher non sa quello che sa chiunque frequenti le discoteche? Forse, più banalmente, Achille Lauro non ha il coraggio di difendere quello che ha scritto.

     

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