Candida Morvillo per ''Sette - Corriere della Sera''
fausto bertinotti a fine anni settanta
Fausto Bertinotti, 79 anni compiuti a marzo, un passato da sindacalista, poi da leader del Pci e quindi di Rifondazione comunista, dal 2008 solo nonno, conferenziere e direttore della rivista Alternative per il Socialismo, sprofonda sul divano in velluto arancione di casa, in una scenografia di molti quadri di pregio, molte statuine di damine e cavalieri, di cui dice «tutta opera di Lella, io mi considero un ospite, un commentatore ex post». Solo i libri che tappezzano le pareti, tripartiti fra letteratura, Marx e dintorni, e filosofia e religione, sono stati scelti da entrambi: «Molti da giovani, facendo debiti coi librai, che pagammo coi regali di matrimonio».
achille occhetto leoluca orlando fausto bertinotti
Quanti libri ha?
«Tanti, ma meno di quelli che mi piacerebbe. Molte prime letture le devo alla clemenza del libraio Ottavio di Novara, che quando ero studente, mi prestava i volumi chiedendo di ritornarli non stropicciati».
Tante letture, eppure fu bocciato tre volte.
«Semplicemente, non andavo a scuola, ma in biblioteca. Gli studi da perito elettrotecnico non mi erano graditi quanto le letture di filosofia».
Come sono stati undici anni lontano dalla politica attiva?
«Mi sono mancati le donne e gli uomini con cui ho camminato, quel rapporto, l’assemblea, la riunione... Mai mi è mancata la politica istituzionale».
fausto bertinotti con george clooney e michail gorbaciov
Che errori si riconosce?
«In 50 anni, tanti. In generale, non aver saputo rinnovare le ragioni dei “vinti ma giusti”. L’ultimo, aver protratto Rifondazione comunista oltre il tempo politicamente maturo. Serviva il coraggio di scioglierlo nel movimento altermondista. Siamo stati protagonisti nei social forum da Porto Alegre a Mumbai, moltitudini di giovani si erano rimessi in cammino... Invece, quel passaggio non l’ho visto».
Tra gli errori, annovera il cachemire e le serate nei salotti per cui la chiamavano BertiNight?
«Era in larga misura una campagna sistematica di denigrazione. Per esempio, da Maria Angiolillo, andai, per cortesia e solo da presidente della Camera, una o due volte. Detto questo, ho sottovalutato l’onda contro la casta, ho reagito come in tempi in cui erano consentite buone frequentazioni e ho avuto la presunzione che aver distribuito milioni di volantini dovesse immunizzarmi dalle critiche. Dal punto di vista esistenziale, difendo tutto. Sulla tattica politica, dovevo essere più sorvegliato».
due dei tre ritratti di mao di andy warhol a casa bertinotti
Alla fine, quanti pullover di cachemire ha?
«Dovrei chiedere a Lella, ma l’unico comprato fu il primo. Lo prese lei al mercato dell’usato, però quando la leggenda prese corpo, me ne furono regalati. Il più bello da due operaie di una fabbrica di cachemire. Me lo mandarono con una lunga lettera. Scrivevano: fa male ad arrabbiarsi per le polemiche, noi siamo proletarie e vorremmo che lei valorizzasse il nostro lavoro».
I tre Mao di Andy Warhol appesi in salotto sono veri?
«Sì, regali ed eredità di Mario D’Urso. Tutti i quadri della casa sono donati o dagli autori, come i Dorazio, o da amici, come gli Schifano».
fausto bertinotti nella sua casa romana sotto i tre quadri di andy warhol
Le statuine di Limoges?
«Tutte dono di un’amica regista».
Lei ce l’ha un Rolex da «comunista col Rolex»?
«Porto da sempre un Rado bellissimo, regalo di compleanno di un compagno e amico, podologo».
È un regalo pure l’orologio?
«Lella, scherzando, dice sempre: viviamo di carità. Mi fu regalato da Rubinacci pure il cappotto con cui entrai in Parlamento. L’età induce alla nostalgia, ma il mio mondo era popolato da persone meravigliose. Quando feci le rimostranze all’amico per l’orologio, lui disse: non posso fare un regalo al mio segretario? Erano persone meravigliose perché erano comuniste. In questo senso, analogamente ai cristiani».
pietro ingrao con fausto bertinotti in cachemere
Ultimamente, frequenta i meeting di CL, è diventato credente?
«No, tuttavia, la ricerca di Dio da parte dei credenti ha una ricaduta su società e uomini da cui i non credenti non possono prescindere».
Come vede la politica?
«Mi coglie in una fase di pessimismo».
Fase iniziata quando?
«È un processo durato un quarto di secolo e acutizzato negli ultimi 15 anni. Però, sebbene abbia sempre pensato secondo il principio gramsciano del pessimismo dell’intelligenza e dell’ottimismo della volontà, a me rimane un ottimismo della speranza come lo intendeva Ernst Bloch, come intrapresa e investimento in ciò che accade e anche nell’imprevisto».
fausto bertinotti con la moglie lella
E in quale imprevisto, ora, riporrebbe la speranza?
«Nella rivolta».
Lei ha speranze impudenti.
«Parto da Machiavelli e da quel fenomeno che, nei momenti di crisi, riattiva i processi di cambiamento. Per cui, la rivolta di cui vedo le tracce mi pare obbligata».
Dove vede le tracce?
«È rispuntato persino lo sciopero dei metalmeccanici, che sembrava una citazione. Soprattutto, guardo alla lotta dei rider, degli addetti della logistica, al protagonismo del sindacato Usb dei migranti... Siamo in ambiti in cui il conflitto si credeva impossibile, poiché non c’è la concentrazione di lavoratori, la fabbrica fordista. Delle rivolte di Algeri, sa che immagine mi ha emozionato?».
clemente mastella fausto bertinotti foto di bacco
Quale?
«Quella di un tavolo lungo forse chilometri, dove le persone mangiano insieme. Ci ho visto un ritorno alla forma più ancestrale della politica, al mettersi in comune. Lo dico perché Algeri, qualche anno fa, sembrava un regime stabile, poi scoppia questa rivolta dal nulla che non si ferma mai e, alla fine, cosa deposita? Una lunghissima mensa. Nel mio linguaggio, questo si chiama: annuncio di comunismo».
Mi dica un modo in cui lei e sua moglie siete stati comunisti.
«Penso all’investimento di vita dei primi anni: Lella, che faceva l’impiegata, mi ha consentito di fare il sindacalista guadagnando la metà di lei».
veronica gentili lella bertinotti foto di bacco
Momenti di difficoltà?
«In 54 anni, ce ne sono stati, ma non sono mai uscito di casa, come è stato scritto».
Compirà 80 anni, che bilancio farà?
«Con autoironia, prendo in prestito San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”. Io certamente ho conservato la fede socialista».
enrico vanzina fausto bertinotti maria giovanna maglie
CARTA D’IDENTITA’
Fausto Bertinotti
Chi è - Fausto Bertinotti è nato a Milano, nel quartiere di Precotto, a Milano, il 22 marzo del 1940, da Enrico, macchinista delle Ferrovie dello Stato, e da Rosa, casalinga. Ha un fratello, Ferruccio.
Gli studi - Nel 1962 si è diplomato perito elettrotecnico all’istituto Omar di Novara con tre anni di ritardo in seguito ad alcune bocciature.
I ruoli - Iscritto al Partito socialista italiano nel 1960, entra nella Cgil nel 1964 diventando segretario della Federazione italiana degli operai tessili (Fiot) di Sesto San Giovanni. Aderisce al Pds nel 1991 per poi uscirne nel 1993 e iscriversi al Partito della Rifondazione comunista, del quale sarà segretario dal 1994 al 2006. È stato presidente della Camera dal 2006 al 2008.
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Fausto Bertinotti e Mario D urso LELLA e FAUSTO BERTINOTTI