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    POLITICA DA STADIO – DOPO AVER SOSTENUTO VELTRONI TARDELLI ‘SCENDE IN CAMPO’ CON RENZI ALLE EUROPEE MA I CALCIATORI IN POLITICA FANNO FLOP – DALLA RISSA DELL’EX DIESSINO MAURO COL ROMANISTA GRAMAZIO AL FASCIO TACCONI CHE SI CANDIDÒ CON IL NUOVO MSI DI SAYA


     
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    1. TARDELLI, FIGURINA PD E TUTTE LE FIGURACCE DA TACCONI ALLE RISSE
    Luca De Carolis per ‘Il Fatto Quotidiano'


    Il pallone rotola ovunque, perfino nelle urne. E stavolta il candidato rubato alle figurine potrebbe essere Marco Tardelli. L'uomo dell'urlo: faccia deformata dall'esultanza e corsa verso la panchina azzurra, dopo un gol che vale una carriera. Era l'11 luglio 1982, e l'allora centrocampista aveva appena segnato il 2 a 0 in Italia-Germania, finale di Coppa del Mondo a Madrid, davanti a un Sandro Pertini che saltava come un bimbo. Quasi 34 anni dopo, Tardelli, 59enne di Capanne di Careggine (Lucca) corre verso una candidatura alle Europee con il Pd.

    Un'idea dei vertici renziani, nata quasi come una battuta. Domani la direzione dei Democratici potrebbe renderla una cosa seria. "Questa storia è un discorso aperto, vediamo se mi chiameranno" ha ammesso il fu campione al programma Mix 24 su Radio24, a cui collabora la figlia Sara. Sul web circola un video di Gazebo del 3 aprile scorso. Renzi, guarda il caso, incontra Tardelli in un ricevimento a Londra, dove l'ex mediano della Juventus, ora allenatore, vive da anni. "È vero che hai un po' di idee politiche? Ne sarei entusiasta", gli chiede il premier. Tardelli annuisce, lievemente imbarazzato. Poi risponde a un cronista: "Che consigli dare a Renzi? Io in politica non sono molto ferrato". Il web si sta già divertendo con la parodia della campagna Dem per le Europee: "Fermare lo strapotere tedesco, ce lo chiede Bearzot (il ct dell'Italia nel 1982, ndr)".

    Sotto, foto del Tardelli esultante. II renziano Matteo Richetti segue la scia: "Nell'idea del ridimensionamento dei tedeschi in Europa qualche precedente Tardelli ce l'ha". Nel 2007 l'ex azzurro sottoscrisse il manifesto a sostegno di Walter Veltroni come candidato alla segreteria del neonato Pd. Non sarebbe il primo ex calciatore a inseguire voti al posto del pallone.

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    Viene in mente Massimo Mauro: anche lui ex centrocampista della Juventus, titolare nel Napoli di Maradona. Nel 1996 viene eletto deputato in Calabria per l'Ulivo. Alla Camera resta fino al 2001, nelle file dei Ds. Nel 2006 viene eletto consigliere comunale a Torino, sempre per l'Ulivo. Ora fa il commentatore per Sky. Della sua parabola nel Palazzo si ricorda una lite a Montecitorio con Domenico Gramazio (An), che in aula ringhiava contro "gli arbitri venduti" e "lo strapotere Juve". Mauro replicò: "Buffone". E fu caos, con il romanista Gramazio trattenuto a stento dall'interista Ignazio La Russa. Il presidente della Camera Violante alzò i cartellini: 15 giorni di sospensione per il deputato di An, censura per Mauro.

    Molto più british l'ex bandiera del Milan Gianni Rivera: uno dei più grandi calciatori italiani, dalla lunga storia politica. Inizia con due legislature di fila alla Camera con la Dc, a partire dal 1987. Nel 1994 torna a Montecitorio con il Patto Segni, nel 1996 viene eletto per l'Ulivo. Nel mezzo delle sue continue peregrinazioni tra i vari partiti di centrosinistra, l'ex fantasista trova il tempo di fare il sottosegretario alla Difesa per i governi Prodi, D'Alema e Amato, con esiti decorosi. Nel 2001 la grande sfida nel collegio di Milano con Berlusconi, che l'aveva allontanato dal suo Milan. Perde. Eppure nel 2011 Rivera sostiene la ricandidatura di Letizia Moratti a sindaco per il centrodestra, presentandosi con una lista civica. Rimedia 20 voti. Nel 2013, l'ultimo tentativo alle Politiche con la Lista Tabacci. Niente da fare.

    Si passa a destra con Luigi Martini, ex terzino della Lazio campione d'Italia del 1974, quella delle scazzottate negli spogliatoi. Pilota Alitalia, amico di Gianfranco Fini (sono compagni di immersioni), Martini viene eletto nella lista di An alla Camera per due volte di fila, nel 1996 e nel 2001. Nel 2009 viene nominato presidente dell'Enav. Indagato per reati fiscali, viene assolto su richiesta del pm nel 2013.

    TardelliTardelli

    Poi c'è Stefano Tacconi, ex portiere della Juventus. Nel 1999 si candida alle Europee con An, ma rimane fuori. Nel 2005 annuncia la candidatura a governatore della Lombardia per il Nuovo Msi, quello di Gaetano Saya, baffuto leader spesso in divisa nazi-fascista. Ma non raccoglie le firme necessarie. Mesi dopo Saya viene arrestato, e Tacconi sul Giornale prende le distanze: "Ho accettato la candidatura dopo essermi informato un po' in giro, ora sono spaventato. Sono di destra, non fascista". L'anno dopo ci riproverà a Milano, con An: 57 voti.


    2. IL TARDELLI DELL'UNITÀ È LA DIMOSTRAZIONE CHE PIÙ DI GRAMSCI POTÉ IL CAV.
    Stefano Di Michele per ‘Il Foglio'

    Perché non possiamo dirci berlusconiani - e perché tutti, alla fine, più o meno lo siamo. Mentre il Cav. se ne sta (politicamente, moralmente) spiaggiato tra Dudù e Ghedini, il berlusconismo dilaga: la politica come spettacolo, lo spettacolo come ricerca del consenso, la beltà in lista e casomai ai ministeri, la simpatia ostentata, la vanità esibita, tutti dal palco al palcoscenico, gli spiritosi in servizio permanente, i battutisti col dono dell'avanspettacolo - le barzellette, ci siamo quasi, seppur ancora pudicamente nascoste sotto l'abito decente degli aneddoti.

    Stefano TacconiStefano Tacconi

    Ha ben scavato, la vecchia talpa di Arcore! Ha seminato impetuosamente, non c'è segmento della politica italiana - a destra, a sinistra, sopra, sotto, tra gli anti e tra i filo - che non porti impresso il suo marchio come negli argenti di pregio, che non sia stata figliata da qualche suo embrione, che non replichi qualche suo azzardo: più produttiva dell'egemonia gramsciana si è rivelata quella berlusconiana, la conquista dei talk-show piuttosto che delle casematte residuali, che cento fiori fioriscano - il vivaio adesso si presenta rigoglioso.

    Di Renzi si è detto, fino alla noia si è detto, ma per una nuova conferma ieri bastava puntare l'attenzione sulla pagina sei dell'Unità. Dove si annunciava la candidatura per le prossime europee di Marco Tardelli. Non che ci sia niente di male, anzi - e pazienza se il saggio Tardelli ammette candidamente e onestamente di non essere "molto ferrato" in politica: le Frattocchie (e simili, ammirevoli istituzioni) non esistono più, ma sono all'opera maniscalchi provetti, capaci di mutare, prima di due puntate di "Ballarò", pure Ronzinante in Varenne. Non è certo questo il caso - e del resto, Tardelli ha tutte le carte in regola per ben figurare a livello europeo, avendo di suo benissimo figurato a livello mondiale.

    GIANNI RIVERA E RICKY ALBERTOSI jpegGIANNI RIVERA E RICKY ALBERTOSI jpegMASSIMO MAUROMASSIMO MAURO

    Ma era il tono dell'annuncio sull'Unità, vergato da Valerio Rosa, seppur con mestizia e rigore aperto da una citazione di Claudio Magris, che è un vero omaggio all'epica berlusconiana, all'urlo trattenuto per il ventennale di Forza Italia, alla fascinazione tra il politico e il pallonaro, così, in quell'eroica, mondiale serata spagnola, non meno che per le eroiche settimane elettorali che seguiranno, "mentre Tardelli impazzito di gioia, posseduto dal dio Odino, correva travolgendo qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. E urlava, come un ossesso. E con lui urlava l'Italia, l'Italia con gli occhi aperti nella notte scura (...). E urlavano i nostri padri e i nostri nonni, partigiani e prigionieri di guerra...". E tante glorie sportive, rammenta l'Unità, dalla politica sono state tentate - da Rivera a Mennea, alla Idem alla Vezzali. Simboli, ma nessuno tanto simbolo come Tardelli: forse per via dell'urlo, che a memoria ricordiamo, "meglio del Pianto antico e delle preghierine che ci propinavano a scuola". Niente di male, niente che il Cav. non sottoscriverebbe con meno entusiasmo - l'essere suo, che altrove si riversa.

    MASSIMO MAUROMASSIMO MAUROGiorgio e Domenico GramazioGiorgio e Domenico Gramazio

    Un po' come quella leggenda degli uomini negli specchi, roba di un gesuita del Settecento, che raccontava che specchi e uomini una volta non erano così separati, ma gli uni con gli altri si riflettevano, dagli specchi si entrava e si usciva. Poi, quelli degli specchi invasero la terra, ma furono sconfitti dall'Imperatore Giallo. Che li imprigionò (il resoconto è, ovviamente, di Borges) negli specchi stessi, "impose loro il compito di ripetere, come in una sorta di sogno, tutte le azioni degli uomini", "meri riflessi servili". Ma sempre la leggenda dice che un dì il magico letargo finirà - specchi e uomini torneranno a confondersi. E' perfetta metafora del destino berlusconiano: in ciò che fu tutti si riflettono, pur se ognuno nega di farlo. Ma se quello, per caso, un giorno ripassa dall'altro lato dello specchio...

    CROSETTO GIORGIA MELONI E IGNAZIO LA RUSSA CON LA TESSERA ELETTORALE AL QUIRINALECROSETTO GIORGIA MELONI E IGNAZIO LA RUSSA CON LA TESSERA ELETTORALE AL QUIRINALE

     

    Gaetano SayaGaetano Saya
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