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    IL CODICE DAN BROWN - “NON SONO UN COMPLOTTISTA, SCRIVO STORIE CHE PIACCIONO A ME” – “L’INFERNO? L’HA INVENTATO DANTE”….


     
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    IL CODICE DAN BROWN
    Laura Montanari per "La Repubblica"

    COPERTINA DEL LIBRO INFERNO DI DAN BROWNCOPERTINA DEL LIBRO INFERNO DI DAN BROWN

    Dove si trovano le parole, come si costruisce una storia che diventa un thriller di successo, pagine che milioni di lettori a varie latitudini del mondo divorano per arrivare a una fine uguale per tutti, un punto messo a fuoco.

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    Con Dan Brown è un rischio: la fine spesso non ha i contorni così definiti e limpidi da tranquillizzarci, una volta arrivati al capolinea. «Scrivere una fiction è come scrivere della vita tagliando tutto quello che è noioso», dice Dan Brown, lo scrittore americano del mistero e dei mille segreti che circondano le sue storie, dal Codice da Vinci all'ultimo Inferno (Mondadori).

    Si racconta consegnandosi senza ombre a Vittorio Zucconi. È uno degli incontri più attesi della prima giornata fiorentina della Repubblica delle Idee, tutto esaurito da giorni. Due poltroncine sul palcoscenico, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, intorno un perimetro di affreschi e armonie artistiche. E' anche - e non a caso - uno dei luoghi dell'ultimo romanzo di Dan Brown.

    INFERNO DI DANTEINFERNO DI DANTE

    Zucconi:
    Nelle sue storie c'è spesso l'idea di poteri che ci nascondono le cose...
    Brown:
    Scrivo il romanzo che da lettore vorrei leggere.

    MATTEO RENZI E DAN BROWNMATTEO RENZI E DAN BROWN

    Zucconi:
    È vero che per farsi venire
    delle idee e far circolare meglio il sangue, a volte si appende a testa in giù?
    Brown:
    Può sembrare strano ma è così. Mettersi a testa in giù è un altro modo di vedere il mondo, cambia la prospettiva... e questo aiuta.

    Zucconi:
    Come costruisce una trama? Parte da un'idea e mette intorno un racconto?
    Brown:
    Per me scrivere è come realizzare una casa, bisogna cominciare dalle fondamenta e farlo bene, avere le grandi linee della storia in testa. Di Inferno ho scritto all'inizio cento pagine, poi ci ho lavorato su (sono diventare 522 ndr). Se non ho chiaro dove voglio arrivare, rischio di andare avanti e poi fermarmi senza trovare una via d'uscita quando sono al 99 per cento del libro.

    Mentre facevo le ricerche per Inferno e prima ancora per Il Codice da Vinci, mi sono reso conto che la filosofia e la storia della Chiesa diventavano per me sempre più affascinanti e l'influenza che ha avuto la visione dantesca dell'Inferno cristiano fosse la più precisa e la più particolareggiata. Lo so che era già stato descritto nella Bibbia e che un aldilà c'era anche nella mitologia classica, ma è Dante ad averne dato una narrazione completa, vivida e terribile. La storia prosegue anche così.

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    Zucconi:
    Certo è molto coraggioso, lei che è americano, venire qui a parlare di Dante ai fiorentini.
    Brown:
    (ride) Il mio romanzo è una lettera d'amore a Dante, a Firenze, alla vostra cultura.

    Zucconi:
    In Inferno lei parla di un misterioso Consortium e aggiunge una postilla: "È un'organizzazione privata con sedi in sette diversi paesi. Il nome è stato cambiato per motivi di sicurezza e privacy". Lei crede a quello che scrive?
    Brown:
    Assolutamente sì. Sono più uno scettico che non un teorico del complotto.

    Zucconi:
    Ci sono casi in cui le teorie complottistiche nascono per esempio, dal rifiuto di credere che 19 terroristi possano dirottare aerei e colpire il cuore di New York sconvolgendo il mondo. Ha mai pensato a scrivere un libro sull'11 settembre?
    Brown:
    Penso che non ne sarei capace, provo ancora troppo dolore. Non mi sento pronto. Quanto ai complotti, il passato ha dimostrato come a volte anche un solo uomo possa cambiare il corso della storia.

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    Zucconi:
    Cambiando completamente argomento, perché nei suoi libri non c'è quasi mai sesso?
    Brown:
    Mi sono posto come sfida di creare bestseller senza il sesso. In Inferno c'è in realtà una scena ripetuta due volte, ma lì era indispensabile. Non metto nei libri ingredienti come sesso e violenza gratuita per vendere di più, li metto soltanto se li ritengo funzionali e importanti rispetto alla storia che vado a raccontare.

    Zucconi:
    In Inferno a un certo punto spiega che Dante ha scritto in volgare per farsi capire da tutti, mi è sembrato di cogliere in quel passaggio un suo riferimento a chi la critica dicendo magari che lei non è uno scrittore raffinato, che non usa un inglese dickensiano ma una lingua nazionalpopolare...
    Brown:
    Uno scrittore o un artista o un musicista quando compongono qualcosa si lasciano in genere guidare dal proprio gusto. Scrivo cose che piacciono a me.

    il codice da vinci dan brownil codice da vinci dan brown

    Zucconi:
    In Inferno lei affronta anche il tema della crescita esponenziale della popolazione del pianeta.
    Brown:
    Negli ultimi 85 anni la popolazione del mondo è triplicata, ogni giorno nascono 200mila bambini. È un tema che mi interessa molto e di cui parlo nel romanzo, ma ho rispetto dei lettori e non suggerisco delle soluzioni, mi basta che si facciano un'idea del problema.

    La stessa cosa vale quando parlo del bene e del male, penso che anche i cattivi abbiamo delle ragioni per comportarsi in quel determinato modo e quindi bisogna interrogarsi, non smettere di farsi delle domande prima di giudicare. Farsi domande del resto è il solo modo per vincere l'apatia.

    Zucconi:
    Con Il Codice da Vinci è stato attaccato da certi ambienti della Chiesa.
    Brown:
    Non mi sarei mai aspettato che chiedersi quale fosse il senso del Cristianesimo se Gesù non fosse stato il Figlio di Dio, potesse scatenare tante reazioni. Sono vissuto in una famiglia in cui quelle domande si potevano fare...

    codice da vincicodice da vinci

    Zucconi:
    In alcuni suoi libri, penso al Simbolo perduto lei insiste sul ruolo della Massoneria: può prendere un dollaro e mostrarci i simboli che trova sopra?
    Brown:
    (frugandosi nelle tasche e tirando fuori una banconota verde e mostrandola alla sala): Qui c'è una piramide non terminata... ecco penso che una piramide non terminata sia per noi un simbolo: possiamo fare ancora delle cose e farle bene, non dobbiamo smettere di costruire. Lo penso profondamente, nel mio cuore.

     

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