Da www.leggo.it
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Ormai, non si tratta più di una novità, ma di una vera e propria costante: la Gran Bretagna torna ad attaccare un prodotto simbolo dell'Italia, molto consumato Oltremanica, come il prosecco. Niente di nuovo: si tratta di attacchi che si sono succeduti diverse volte negli ultimi anni. Spesso, però, ci sono ragioni nascoste dietro le tante critiche al vino bianco, prodotto in Veneto e Friuli-Venezia Giulia ma conosciuto (e consumato) ormai in tutto il mondo.
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Questa volta, come riporta il portale Londra, Italia, gli attacchi al prosecco sarebbero giustificati da motivi etici. È il Guardian, in questo caso, a cavalcare la crociata anti-prosecco divenuta ormai un'abitudine in Gran Bretagna. Secondo il quotidiano inglese, infatti, il prosecco danneggerebbe l'ambiente: l'aumento della richiesta, soprattutto all'estero, costringerebbe i produttori ad effettuare coltivazioni intensive che sfruttano in modo eccessivo il suolo, con conseguenze drammatiche per quanto riguarda l'erosione e la tenuta idrogeologica delle zone di produzione.
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A corredo della tesi, il Guardian ha anche illustrato uno studio condotto dai ricercatori dell'università di Padova e dall'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (Arpa). La motivazione scelta dal giornale britannico è in apparenza nobile, ma di certo non si può dire che la modalità con cui è stato affrontato l'argomento sia corretta. Uno degli autori dello studio, il dottor Salvatore Pappalardo, ha infatti commentato così: «Il nostro lavoro è appena stato pubblicato e ci fidiamo dei nostri dati, ma nessuno studio dovrebbe essere preso per oro colato mentre è ancora in fase di peer review, proprio come nel nostro caso».
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Sembra proprio, quindi, che il Guardian abbia deciso, forse per la troppa fretta, di addurre ragioni ambientali per l'ennesima campagna britannica contro il prosecco. Le ragioni, anche in questo caso, potrebbero essere economiche: Londra, Italia non ha mancato di ricordare quando Boris Johnson, allora ministro britannico, aveva intimato all'Italia, nella fase più ottimistica della Brexit, di abolire le tariffe per la vendita in Gran Bretagna. In quel caso, però, le dichiarazioni di Johnson furono smentite, per non dire ridicolizzate, dai 26 ministri dell'Economia dei paesi Ue, ma anche e soprattutto da Carlo Calenda, allora titolare del Ministero dello Sviluppo Economico.
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