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    “DIRE CHE DARDUST SE LA TIRA È POCO” – DARIO SALVATORI: “L’INTERVISTA A DARIO FAINI DA ASCOLI PICENO, AKA DARDUST, APPARSA IERI SU "REPUBBLICA", DENOTA UN EGO TRIP ASSOLUTAMENTE INCONTINENTE. PARLANDO DI MAHMOOD DICE: ‘PER UNO COME LUI HO CAMBIATO GLI SCHEMI DEL POP’. ACCIPICCHIA. NON SOLO. AMA SPASMODICAMENTE DEBUSSY. GIÀ, QUESTI BRANI SIMBOLICI, IMPRESSIONISTI CHE ESPONGONO I TEMI A CHI LI HA DONATI? A ELODIE? E LA 'LEZIONE' DI SAKAMOTO A CHI È FINITA? A SAMUELE BERSANI?" - VIDEO


     
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    1. DARDUST, QUANTO TE LA TIRI?

    Dario Salvatori per Dagospia

     

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    Abbiamo avuto i ragazzi di via Panisperna, i ragazzi della via Paal, i ragazzi del Muretto, i ragazzi dello shake e altri. Oggi nella musica, fra i pochi iscritti al conservatorio, fanno breccia i ragazzi dell’Ottavo anno, ovvero coloro che non arrivano al diploma (nel resto dell’Europa si definiscono laureati), che gettano via lo spartito in favore del più pratico tablet.

     

    E’ stato il caso di Gigi D’Alessio (già noto da adolescente come attrazione ai matrimoni), Morgan (che smise di studiare perché il padre si era suicidato e dunque era lui a dover portare i soldi a casa), Lazza (stop al conservatorio, meglio il liceo linguistico, studi non terminati né nell’ambito musicale né in quello liceale).

     

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    L’ultimo iscritto al club dell’Ottavo anno è stato Dario Faini da Ascoli Piceno, aka Dardust. L’intervista apparsa ieri sul “Messaggero” a firma di Simona Orlando, denota un ego trip assolutamente incontinente, per esempio parlando di Mahmood, vincitore del Sanremo 2019 con “Soldi”, brano musicato proprio da Dardust.

     

    Alessandro Mahmood, padre egiziano, madre sarda (forse una dedica alla madre visto che quest’anno ha voluto con sé a Sanremo  i Tenores di Bitti), è  nato e cresciuto a Milano, in periferia, Gratosoglio, parla milanese, ama cantare salmodiando, manco fosse  l’algerino, Khaled o il senegalese Youssour N’ Dour, semmai dovrebbe preferire il “rai”, stile algerino ma adottato nei paesi del nord africano.

    LA REPUBBLICA - INTERVISTA A DARDUST LA REPUBBLICA - INTERVISTA A DARDUST

     

    No, Mahmood preferisce Pandit Pràn Nath, cantante della comunità indo-britannica. Per non parlare del “Barrio” sud-americano, dove con questo termine si indica un quartiere off limits oppure un locale sia in Argentina e in Uruguay. “Per uno come lui ho cambiato gli schemi del pop. Non mi vergogno della mia versatilità. La accolgo.”

     

    Accipicchia. Dire che se la tira è poco. Non solo. Ama spasmodicamente Debussy. Già, questi brani simbolici, impressionisti che espongono i temi a chi li ha donati? A Elodie, a Tommaso Paradiso? E la “lezione” di Sakamoto a chi è finita? A Samuele Bersani?

     

    Riguardo il suo amato Claude Debussy, è vero che la sua quarta moglie fu una cantante, più nota di lui e per giunta benestante, ma almeno aveva frequentato la classe di solfeggio, quella di pianoforte, quella di armonia, scrivendo addirittura di critica musicale per  “La Revue Blanche”.

     

     

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    Lo scorso anno in America è stato allestito  “Rhapsodie per sassofono, piano e orchestra”, a 120 anni dalla pubblicazione. Debussy lo scrisse nel 1903. Il  primo a ringraziarlo fu Coleman Hawkins, il decano dei sassofonisti afro-americani, accadde negli anni Venti del secolo scorso quando il sedicenne Hawkins, detto “Beans”, accompagnava Ma Rainey, la prima cantante di blues ad incidere dischi.

     

    2. DARDUST: “MI ISPIRO A DEBUSSY E BOLLE”

    Estratto dell’articolo di Simona Orlando per “la Repubblica”

     

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    “Rossini e Miyazaki. Debussy e la pizzica. Sakamoto e il Rondò Veneziano. Il filo che li unisce è Duality, lo spettacolo di Dario Faini alias Dardust, compositore, pianista e produttore che ha collezionato oltre 70 dischi di platino firmando successi di Annalisa, Tommaso Paradiso, Mengoni, Elodie, Ariete, Jovanotti, Pausini, Benny Benassi e Sophie and The Giants.

     

    […] Il 29 sbarca a Bologna (ospite Elisa), il 3 febbraio a Firenze (con Samuele Bersani). Un live “impressionista”?

    «Sì, perché è fatto di quadri simbolici. La musica è centrale ma, come nella visione di Debussy, contano anche costumi, colori, luci. C’è il piano solo, visual di estetica giapponese, poi tamburi, la tarantella di Rossini in chiave elettronica, mischiata a un flauto preso dalla Notte della Taranta, quando ebbi l’onore di dividere il palco con Stromae. È uno show vario, per tutti»

    CLAUDE DEBUSSY CLAUDE DEBUSSY

     

    […] Interruppe il conservatorio all’ottavo anno. Pentito?

    «Diedi la priorità alla laurea in Psicologia, ma questo mi permette di sentirmi inadeguato al piano e studiare senza sosta. Ho uno stile meno scolastico e più singolare».

     

    Un problema, per i puristi.

    «Nella classica contemporanea, essere un produttore pop è quasi inquinante. Così nell’elettronica. Ma io non mi vergogno della mia versatilità. La accolgo».

     

    E la usa. Vedi “Cenere” di Lazza.

    «C’era un linguaggio comune, anche lui suona. Mi auguro che avvicini i ragazzi allo strumento».

     

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    Il grande botto, con “Soldi” di Mahmood.

    «Altro brano non tradizionale, con elettronica, metriche urban, un certo esotismo. Non assecondava la moda e ha cambiato gli schemi».

     

    […] Il primo disco che comprò?

    «La colonna sonora di Labyrinth. Nei miei live c’è spesso l’elemento fantastico, stavolta ispirato a Miyazaki. Amo i suoi imprevedibili artifici. Poi omaggio L’ultimo Imperatore di Sakamoto».

     

    Dardust sempre più compositore e meno produttore?

    «Sono sempre prima compositore, anche nei pezzi altrui. Preparo un nuovo disco e tour in Europa, e la colonna sonora del film Mani nude di Mauro Mancini. È un percorso di libertà, lontano dalla logica dei numeri».

    dario salvatori foto di bacco dario salvatori foto di bacco

     

    Al Festival di Sanremo però ci saranno due canzoni sue.

    « Pazzo di te, di Nek e Renga, fu scritta anni fa a Berlino e ho solo saputo che è in gara. Per La noia invece sono andato in studio con Angelina Mango, un talento per l’età che ha. È un brano atipico. Comunque, non vivo i meccanismi della gara. È il tempo a premiare le canzoni».  […]

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