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    DATEVI UNA KARMA-TA! IN INDIA I FUTURI MANAGER A LEZIONE DI ETICA E KARMA - CORSI DI SPIRITUALITÀ PER CONTENERE LA CORRUZIONE CHE AFFLIGGE IL PAESE IL GOVERNO IMPONE ANCHE LAVORI UMILI PER LIMITARE EGO E ARROGANZA


     
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    Carlo Pizzati per la Stampa

     

    Come  risolvere il problema della questione morale in uno dei Paesi più corrotti al mondo? Facile. Imponendo ai futuri business leader delle scuole di management lo studio dell' etica indù tratta da un testo scritto duemila anni fa.

     

    Succede in India. Quest' anno l' organo governativo incaricato di approvare il curriculum di istituti tecnici e scuole di management obbliga tutti a iscriversi a un nuovo corso: «L' ethos indiano e l' etica nel business».

     

    Gli studenti di master dovranno analizzare le complesse leggi della cause ed effetto del karma (diventando karma-nagers?), studiando i testi filosofici dei Veda e la mitologia del Mahabharata. Con raro spirito ecumenico, in quest' era di fondamentalismi, sono stati aggiunti anche il Corano e la Bibbia.

     

    Gli studenti dovranno ripristinare il metodo del «gurukula», la «casa del guru», su cui si basano ashram spirituali in tutto il mondo dove gli studenti vivono senza distinzioni di caste con il professore-guru, eseguendo lavori umili per castigare l' ego e l' arroganza.

     

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    Il testo sacro più importante di questo nuovo corso è il famoso «Arthashastra», Scienze politiche, attribuito a Kautilya, ma con tutta probabilità scritto a più mani tra il 150 a.C. e il 300 d.C.

    Vi si discetta, tra l' altro, di una riforma agraria che concede ai contadini poveri i terreni non coltivati e vi si analizza l' arte di evitare la guerra, sottolineando l' importanza dell' integrità etica degli individui di ogni società.

     

    Max Weber lo definì un Machiavellismo radicale: «In confronto, "il Principe" di Machiavelli è innocuo». Ma il tema è dibattuto. Roger Boesche lo elogiò come grande libro politico, più adatto però a un regime totalitario come l' Ussr o la Cina comunista: «Descrive un welfare state burocratico, in realtà è una forma di monarchia socializzata».

     

    L' etica induista servirà a qualcosa contro il dilagare del malcostume? In America molti accademici sostengono che raggiunta l' età del master è ormai troppo tardi: nello studente valori centrali come moralità e etica si sono già formati.

     

    Il problema vero è l' entità dell' ostacolo da affrontare, ovvero la corruzione in India. I dati sono sconfortanti, ma chiunque abbia fatto impresa in India lo sa. Il business, qui, è difficile.

    La burocrazia è insidiosa, il sistema fiscale arbitrario e bizzarro, il business gestito da regolamenti e leggi spesso datate e bizantine. I tribunali amministrativi frequentemente poco affidabili.

     

    La piaga della corruzione inizia con le istituzioni pubbliche, ma è dilagata nel settore privato. Nel 2016, su 176 nazioni analizzate dall' Indice Internazionale di Corruzione Percepita, l' India si è piazzata al 79° posto. L' anno scorso lo stesso indice si è focalizzato su 16 Paesi dell' Asia-Pacifico.

     

    L' India ha vinto la gara: è il Paese più corrotto. Sette indiani su 10 hanno ammesso di aver dovuto pagare una bustarella affrontando servizi pubblici come polizia, tribunali, anagrafe, scuole, ospedali.

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    A poco è servita la drastica demonetizzazione del 2016 e la ristrutturazione fiscale dell' Iva (Gst) del 2017, che ha generato più scartoffie per ogni transazione.

     

    Nel 2016 il sondaggio del Global Business Ethics ha dato un altro primato a questo Paese.

    Delle 13 grandi economie analizzate, la meno etica era proprio l' India, lasciandosi alle spalle pure Brasile e Cina.

     

    Ma ora, come spiega Ramesh Venkataram, private equity investor ed ex partner della McKinsey, si propaga il contagio nel settore privato. «Un executive di una banca del settore privato ci ha chiesto una "commissione" per concedere un contratto di investimento alle nostre società».

     

    Ora si spera di convincere i giovani che crescono in un Paese dove l' idea di un accordo «in buona fede» è risibile che, se saranno dei bravi induisti e osserveranno le regole dell' etica indù, tutto andrà a posto.

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    Ma, secondo il recente Sondaggio sulle Frodi della Ernst & Young per l' Asia Pacifico, il 78 per cento degli imprenditori indiani ha confessato che la corruzione e le bustarelle dilagano ovunque. Cosa più grave, il 57 per cento del senior management si è dichiarato disposto ad ignorare un comportamento poco etico nei suoi dipendenti pur di raggiungere gli obiettivi dei ricavi.

     

    Come riformare un contesto simile? Studiando i Veda come vuole la logica del partito fondamentalista al potere? Forse.

    Sarebbe forse più utile, e paradossalmente più onesto, aggiungere ai curricula di amministrazione aziendale indiana un bel corso di quella contabilità creativa che tanti in India conoscono così bene.

     

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