Estratto dell’articolo di Alberto Mattioli per “la Stampa”
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[…] «la vera grande tragedia italiana contemporanea», dice al telefono Davide Livermore, regista di […] Fantozzi. Una tragedia che debutta il 30 a Genova, «e poi andrà in tournée per almeno tre anni, perché lo vogliono tutti». Esagerazione? Macché. «[…] il ragioniere è l'eroe tragico per eccellenza perché è incapace di morire. Il mondo si accanisce contro di lui, lo condanna a subire sempre e a non vincere mai, a un'infelicità perenne, e tuttavia lui è lì, nella trincea della vita, dove soffre ma non soccombe. Da vero eroe tragico, è invincibile nella sconfitta».
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Tenore, regista di prosa, d'opera (quattro Sant'Ambroeus della Scala di fila, un record) e prossimamente anche di cinema, direttore del Nazionale di Genova, Livermore racconta da Montecarlo dove sta provando il Giulio Cesare di Händel con la Santa (Cecilia Bartoli per gli agnostici) […]
La parte della saga scelta da Livermore con i suoi drammaturghi, Andrea Porcheddu, Carlo Sciaccaluga e Gianni Fantoni che interpreta anche il ragioniere più famoso del mondo, è quella dei primi tre libri (Fantozzi, Il secondo tragico Fantozzi e Fantozzi contro tutti) e anche dei primi due film, quelli griffati Luciano Salce, […]
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Il problema, visto da fuori, è come raffrontarsi in teatro con un immaginario visivo che tutti conoscono, perché sui film di Fantozzi gli italiani si dividono in due categorie: quelli che ammettono di saperli a memoria e quelli che mentono. «E infatti la scenografia non si vede: si sente. L'ufficio, la casa, la Bianchina, il bus da prendere al volo sono soltanto dei rumori. […] Con l'aggiunta delle musiche di Fabio Frizzi, quelle dei film, e delle mie personalissime scelte che vanno da Monteverdi a Renato Zero passando per Bach: adoro far impazzire l'algoritmo di YouTube», e qui Livermore ride.
Ma ridiventa subito serio: «Anche perché la grandezza di Paolo Villaggio sta nella parola.
Nel XX secolo, è stato uno dei due autori che ha maggiorente cambiato e inventato il lessico e la poetica dell'italiano. L'altro, naturalmente, è D'Annunzio. Le parole dello spettacolo sono quelle di Villaggio e solo le sue. Noi abbiamo aggiunto solo alcuni frammenti tragici, da Sofocle a Shakespeare, perché la scena del Filottete o il monologo del Re Lear, alla fine, ci stanno benissimo. È una tragedia, appunto, e classica. Dunque, prologo, quattro atti, epilogo e cori, con le storie raggruppate per temi: Fantozzi e le donne, Fantozzi e la coscienza di classe, Fantozzi e lo sport e così via».
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Però l'ur-Fantozzi nasce, soprattutto, come satira sociale, benché diventi, come sempre succede con i personaggi satirici quando sono così grandiosi, un archetipo universale. «E qui sarebbe forse il caso di riflettere. Il Ragioniere sarà pure un coglionazzo e una merdaccia. Però aveva una famiglia, un contratto a tempo indeterminato, le ferie pagate e la pensione. Noi oggi viviamo relazioni che finiscono dopo tre settimane, lavoriamo a termine, le vacanze ce le paghiamo e la pensione ce la possiamo sognare. Viene da chiedersi chi siano davvero i coglionazzi».
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Resta, ma è facile, da immaginarsi tutto il coro delle prefiche impegnate ad alzare ditini e distribuire anatemi, ma come?, un teatro "serio" che fa Fantozzi, la cultura è morta, […]«Vabbé. Per me, Paolo Villaggio è uno dei grandi intellettuali e poeti italiani del Novecento. Fantozzi è diventato anche una macchina da soldi. Ma alla base c'è un senso profondo della narrazione tragica e per questo lo spettacolo, piaccia o non piaccia, è una grande operazione culturale, oh, se lo è…». […] Dunque, appuntamento a Genova. […]
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