Giacomo Amadori per “la Verità”
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Nella sentenza di assoluzione dell’ex collaboratrice di Piercamillo Davigo, la signora Maria Marcella Contrafatto, emerge una storia che, per la sua violenza, è difficile immaginare possa essere accaduta nei corridoi del Csm, che tutti immaginano frequentati da giuristi dai modi felpati. E invece no.
Davigo a un certo punto del 2020 avrebbe allontanato da sé, con rabbia scespiriana, l’ex pupillo Sebastiano Ardita, colpevole non si sa ancora oggi bene di quale peccato. Ufficialmente la rottura tra i due sarebbe da collegare al fatto che l’ex campione di Mani pulite avrebbe trovato il nome del pm catanese nei verbali del faccendiere Piero Amara, in veste di affiliato alla fantomatica loggia Ungheria.
piercamillo davigo in tribunale a brescia per il caso amara 1
Da quel momento l’anziano consigliere avrebbe iniziato a girare di stanza in stanza per mostrare le carte che inchiodavano l’ex amico. Accuse che poi, alla prova dei fatti, si sono rivelate del tutto falso e hanno portato Amara a essere indagato per calunnia. Oggi Davigo è imputato a Brescia per rivelazione di segreto e Ardita è parte civile nel processo.
Ma per il gup di Roma Nicolò Marino la condotta di Davigo a Roma poteva far ipotizzare anche un’altra fattispecie di reato ovvero l’abuso di ufficio «già ricompresa, anche se non nella sua interezza, nelle imputazioni mosse al dottor Davigo». A Brescia, infatti, non è specificato che il più grave reato di rivelazione sarebbe stato finalizzato a recare danno ad Ardita, obiettivo a giudizio di Marino pacifico.
SEBASTIANO ARDITA
Per il giudice le contestazioni mosse alla presunta vittima di essere un massone «anche se assonnato» erano «affermazioni gravissime» a cui erano seguiti «accertamenti sulla credibilità» di Amara che non spettano ai consiglieri del Csm e avevano avuto «la conseguenza (voluta o non voluta, non spetta a questo decidente valutarlo) di avere arrecato al predetto consigliere Ardita un danno ingiusto, consistito nell’isolamento di questi all’interno del Csm». Al punto che sarebbe stato sconsigliato al presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra di «portare avanti una proposta di collaborazione istituzionale» con lo stesso Ardita.
sebastiano ardita al csm con di matteo e davigo
Il gup, nelle motivazioni della sentenza di assoluzione, riassume anche le dichiarazioni rese a Brescia dal consigliere Nino Di Matteo, che si era focalizzato «sui rapporti, prima ottimi, e poi di rottura» tra Davigo e Ardita, una frattura che, apparentemente, sarebbe stata causata dalla decisione del secondo di «non voler appoggiare la candidatura del dottor Prestipino quale Procuratore di Roma al Plenum del Csm del 4 marzo 2020».
Di Matteo ha ricordato che «ci fu un acceso diverbio .... più che un diverbio una aggressione verbale vera e propria» di Davigo, il quale sarebbe esploso: «Se tu non voti Prestipino automaticamente sei fuori dal gruppo ... se tu non voti Prestipino stai con quelli dell’Hotel Champagne ... tu mi nascondi qualcosa!».
piero amara 3
Una frase che per il giudice «fa chiaramente presumere come il dottor Davigo fosse già a conoscenza del contenuto dei verbali di Amara a febbraio del 2020, circa 2 mesi prima di quanto ricostruito sino a oggi. Del resto, ricorda sempre il gup, il 17 febbraio un sodale del faccendiere aveva sventolato una pagina di un verbale di Amara davanti ai magistrati durante un interrogatorio. Insomma le dichiarazioni sulla loggia circolavano e non per colpa della Contrafatto.
piercamillo davigo in tribunale a brescia per il caso amara 2
Rimane senza risposta il motivo per cui Davigo avrebbe dovuto postdatarne la conoscenza. Il giudice cita anche il riferimento fatto da Di Matteo alla «all’evidente “manovra sporca”, che mirava a coinvolgere lo stesso dottor Di Matteo, passando per le accuse, ictu oculi, calunniose di Amara in danno del dottor Ardita», sospettato di essere il braccio destro del presunto capo della loggia Ungheria, il defunto ex capo del Dipartimento degli affari penitenziari Gianni Tinebra.
Di Matteo ha anche ricordato come già nel 2004 Ardita si fosse opposto al progetto di Tinebra e dei vertici del servizi segreti interni, un piano «tristemente noto» come «Protocollo Farfalla» che «avrebbe consentito al personale del Sisde di fare ingresso nelle carceri ed effettuare colloqui investigativi con detenuti di mafia aggirando le prescritte autorizzazioni che per legge dovevano essere concesse dai magistrati competenti».
SEBASTIANO ARDITA
La Contrafatto ha ricordato che «il consigliere Davigo le aveva intimato di non fare avvicinare il consigliere Ardita alla sua stanza»; e ha confermato di «essere a conoscenza di come il rapporto fra i due si fosse incrinato sin dal febbraio 2020, in occasione della nomina del Procuratore Capo di Roma»; quindi ha aggiunto «che, dopo il lockdown, la situazione era precipitata e che il dottor Ardita, forse perché aveva compreso qualcosa, aveva cercato di parlare per ben due volte con il consigliere Davigo avvicinandosi alla sua stanza, ma questi gli aveva chiuso la porta in faccia».
piero amara 6
Quale sia il vero motivo di tanto astio non è dato sapere. Ma è difficile che derivi solamente dall’aver letto il nome di Ardita nei verbali di Amara. Infatti quest’ultimo nelle sue dichiarazioni dell’11 gennaio 2020 aveva inserito, tra gli associati della loggia anche l’ex presidente aggiunto (sino all’aprile del 2021) del Consiglio di Stato Sergio Santoro.
Eppure tra maggio e settembre 2020, ossia quando era già venuto a conoscenza del contenuto dei verbali e nell’imminenza del periodo in cui il Csm (esattamente il 20 ottobre 2020) si sarebbe dovuto pronunciare sulla sua decadenza dal parlamentino dei giudici, Davigo si sarebbe recato a cena proprio a casa di Santoro.
SERGIO SANTORO
In un’intervista alla Stampa l’ex presidente aggiunto di Palazzo Spada ha spiegato che la questione dell’età pensionabile dei magistrati e la possibile esclusione di Davigo da Palazzo dei marescialli era stato «il tema principale» di discussione di quella serata: «Sì il tema era spinoso e noi lo studiavamo dal punto di vista giuridico. Lui era sicuro che anche da pensionato sarebbe rimasto al Csm». Ma si sbagliava. Di certo quelle chiacchiere avvennero nell’abitazione di un presunto appartenente alla loggia Ungheria. Ma in quel caso Davigo non deve aver ritenuto sconveniente condividere il desco con un presunto massone.