Pasquale Elia per corriere.it - Estratti
francesca gobbi francesco de gregori
Figlie di un do minore? Può darsi. Ma non per questo destinate a subire l’onta dell’oblio. E comunque chi le ha create non permetterebbe mai che abbiano meno dignità delle «sorelle» più fortunate. E infatti ha deciso di renderle omaggio lasciando che siano loro le protagoniste di insoliti show. Concerti per soli 200 spettatori a sera, che Francesco De Gregori ha battezzato «Nevergreen (Perfette sconosciute)», ovvero canzoni raramente proposte dal vivo.
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Facciamo un salto nel 1974 quando incise «Niente da capire» e «Bene»...
«Le scrissi a Ponza in un paio d’ore, seduto al tavolino di un bar».
francesca gobbi francesco de gregori
In men che non si dica tirò fuori due brani intramontabili del suo repertorio. Invece per pubblicare il recente «Giusto o sbagliato» sono passati 12 anni dall’ultimo inedito: è la spregiudicatezza letteraria della gioventù che rende più facile la scrittura?
francesca gobbi francesco de gregori
«No, no: è solo ed esclusivamente la gioventù. Io scrivevo con una facilità e con una velocità impressionanti. Se ripenso a com’ero allora come autore mi spavento, scrivevo cose oggettivamente belle, o se non altro ispiratissime, con una rapidità che oggi mi sogno di avere. Quando rileggo certi testi mi dico: ma come facevo? Sì, è vero, la spregiudicatezza aiuta, ma credo che sia un processo legato all’età: più si cresce e più si diventa selettivi e meno creativi.
CHECCO ZALONE E FRANCESCO DE GREGORI
È inevitabilmente così. Non c’è niente di male, l’importante è saperlo e anche confessarlo senza tanti problemi, soprattutto evitare di fare la copia di sé stessi pur di pubblicare qualcosa a tutti i costi. A me affascina l’idea di andare in sala di registrazione per fare un disco, di maneggiare la musica. Però mi manca la materia prima, per ora. Non mi sforzo nemmeno di comporre, semplicemente non ci provo nemmeno. Però, tanto per essere chiari (sorride), non è che ho impiegato 12 anni per scrivere Giusto o sbagliato».
Enel e Fiat hanno scelto «La storia» e «Viva l’Italia» per i loro rispettivi spot pubblicitari: come avrebbe reagito se il permesso di utilizzare queste sue canzoni glielo avessero chiesto anni fa?
«Forse avrei rifiutato, ma per motivi che oggi non condivido più. C’era forse a quei tempi, da parte mia, una certa ritrosia nel concedere un pezzo alla pubblicità. Ma avrei sbagliato, sarebbe stato un atteggiamento un po’ talebano nei confronti di me stesso».
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Per lei esprimere un dolore è ancora un atto di positività?
«Certo. Parlare di una sofferenza vuol dire averla elaborata, perché quando il malessere è ancora presente non riesco a farlo. Alcune mie canzoni raccontano di relazioni amorose finite, interrotte, Rimmel soprattutto. Ecco, non l’avrei mai potuta comporre nel pieno di quella tempesta in cui mi stavo lasciando, stavo per essere lasciato. Dopo un po’ di tempo l’ho scritta, perché avevo metabolizzato tutto l’affare. Il dolore, la sofferenza, il patimento sono sicuramente carburante di un certo tipo di creatività, però non a botta calda. Quando stai soffrendo non ti va tanto di metterti a suonare il pianoforte».
CHECCO ZALONE E FRANCESCO DE GREGORI
Nick Cave, dopo la tragedia della morte del figlio, in «Anthrocene» canta: «Tutte le cose che amiamo le perdiamo».
«Conosco questa storia…».
Nel nuovo album di Cave invece c’è un pezzo dal titolo «Joy» in cui parla di un «ragazzo fiammeggiante» che gli sussurra: «Abbiamo avuto tutti troppo dolore, ora è il momento della gioia». Dopo la scomparsa di sua moglie Chicca, pensa che anche per lei possa arrivare quel momento?
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«Per adesso lo escludo. Mia moglie è stata una presenza continua per 50 anni. Siamo stati padre e madre, sorella e fratello, madre e figlio, amanti, sposi, quindi si può ben capire quanto possa essere grande per me il senso di perdita. Il nostro era un rapporto sostanziale, spirituale, intellettuale, fisico.
Sennò non saremmo durati mezzo secolo insieme. Oggi come oggi la sento comunque presente nella mia vita. È presente nel ricordo, è presente in tutto quello che abbiamo fatto insieme e questo ricordarla mi aiuta a superare la parte lancinante del dolore».
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